Mense scolastiche, investire paga

mensa scolastica
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Investire sull’alimentazione dei nostri figli come strategia di tutela della salute e di sviluppo economico. È una delle basi della mozione di maggioranza approvata alla Camera che impegna il governo su numerosi punti che hanno a che fare anche con la relazione biunivoca tra scuola e alimentazione.

“Questa relazione è tanto importante quanto delicata”, spiega l’onorevole Alessandro Fusacchia (FacciamoEco), “giacchè per molti bambini che frequentano la scuola dell’infanzia o la scuola primaria quello consumato nella mensa scolastica rappresenta l’unico pranzo completo della giornata. E lo è ancor di più se consideriamo che non tutti i bambini italiani ne hanno accesso. Non in tutte le scuole d’Italia, infatti, è presente una mensa a prescindere che abbia una cucina interna o esterna. E ciò può pregiudicare sia la possibilità di frequenza del tempo pieno scolastico, sia della qualità e della quantità del cibo consumato a scuola”.

Non è infrequente che i genitori preferiscano mandare i figli a scuola con orario ridotto per la mancanza del servizio mensa o, per comprensibili ragioni di praticità, che i piccoli studenti siano costretti a mangiare solo panini o altri alimenti confezionati riescono a trovare spazio negli zainetti.

Ecco allora l’importanza che il governo sia impegnato dalla Camera su questo argomento, che nello specifico trova spazio al punto 15 della mozione, voluto da FacciamoEco, a “svolgere una ricognizione capillare dell’impatto della chiusura delle mense scolastiche sulla povertà alimentare degli studenti, e a prevedere nuovi e più cospicui investimenti e interventi volti a promuovere l’educazione alimentare e il consumo di cibo di qualità a scuola”.

Investimenti, in realtà, se ne dovrebbero fare molti nel prossimo futuro. I fondi ci sono. “A valere sul Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) è prevista la realizzazione di mille nuove mense scolastiche. Che saranno localizzate prevalentemente negli istituti del Sud e nelle aree interne del Paese, dove la ristorazione scolastica è meno presente. Si tratta di un obiettivo estremamente urgente per favorire la permanenza a scuola, consentire un ampliamento dell’offerta formativa e contrastare la dispersione scolastica”, afferma Fusacchia.

Che aggiunge come questo sia solo il primo tassello di un puzzle che deve portare al riconoscimento delle mense come servizio pubblico universale. La situazione italiana, infatti, si presenta fortemente eterogenea per quanto riguarda l’accesso alle mense scolastiche. Non ultimo per i costi, che variano molto a livello regionale.

Secondo l’ultima indagine di Cittadinanzattiva ad esempio, una famiglia composta da tre persone (due genitori e un minore da scuola dell’infanzia) con un reddito lordo annuo di 44.200 euro a Ragusa spende 288 euro all’anno, mentre a Torino ne deve sborsare 1.188.

Investire sulla refezione scolastica però è anche uno strumento di food policy. “Puntando sulla formazione e sulla consapevolezza del personale di tutta la filiera che porta i piatti sule tavole delle mense dei nostri bambini, si può innescare un circolo economico e sociale virtuoso. Si può generare lo sviluppo delle aziende che forniscono materie prime di qualità e determinare un cambio di mentalità nei responsabili degli appalti destinati alle mense scolastiche, che potrebbero puntare su un discorso di qualità piuttosto che guardare solo al prezzo minimo”, dichiara l’onorevole.

Ma non è tutto. Guardare con occhi nuovi a coloro che ogni giorno cucinano per i nostri figli potrebbe valorizzare anche professioni oggi considerate spesso marginali. Come quelle dei cuochi e del personale che lavora nelle cucine delle scuole e delle altre strutture sociali, come ospedali e residenze per anziani.

“Dobbiamo rivalutare il prestigio di queste professionalità in virtù dell’importanza del proprio ruolo come alfieri che tutelano la salute dei più fragili: bambini, malati e anziani. Essere in grado di fornire pasti appetitosi e al contempo sufficientemente nutrienti, bilanciati e vari, può influenzare positivamente e in modo diretto la salute di queste persone. Senza trascurare l’importanza didattica che può avere un certo tipo di alimentazione quotidiana sulla formazione delle abitudini alimentari, e della salute, degli adulti di domani”, chiosa Fusacchia.

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