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Anfia apre a sfida elettrico ma boccia misure manovra

“Noi, come sempre, siamo pronti a rimetterci in gioco e ad affrontare le nuove sfide della mobilità a zero emissioni, della rivoluzione elettrica. Ma la filiera dell’automotive ha bisogno del tempo necessario per riconvertirsi e di condizioni che garantiscano l’efficacia dei nostri sforzi. Per questo è importante sviluppare la rete infrastrutturale di ricarica e non incentivare oggi l’acquisto di veicoli elettrici, che favorirebbe solo un’elite di cittadini”. Questo l’appello lanciato nel suo discorso di insediamento da Paolo Scudieri, il neo-eletto presidente, all’assemblea di Anfia, l’Associazione nazionale filiera industria automobilistica, a Roma. Ma nonostante la giornata sia stata conclusa dall’intervento del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ha detto di voler “accompagnare i produttori italiani nel mondo, fornendo l’assistenza tecnica necessaria e garantendo l’accesso alle catene globali”, il governo con la manovra sembra aver imboccato la direzione opposta.

Il testo della manovra approvato in queste ore dalla Commissione Bilancio della Camera prevede non solo incentivi piuttosto generosi per chi sceglie l’auto elettrica – fino a 6mila euro – ma anche penali da 150 a 3mila euro per chi acquista veicoli con motorizzazioni tradizionali “inquinanti”. Scudieri aveva chiesto, invece, di puntare a migliorare la qualità del parco circolante italiano, che ha un’età media elevata (circa 11 anni, con 14,7 milioni di veicoli, il 38% dei 38,5 milioni totali, ante Euro 4), sostenendo la sostituzione delle vetture più vecchie e inquinanti, dall’Euro 0 all’Euro 3. Un provvedimento come quello approvato, commenta l’Anfia, “colpisce la filiera industriale italiana che si è impegnata ad investire nell’elettrificazione e mette in difficoltà gli operatori e il mercato, andando esattamente nella direzione opposta rispetto all’attenzione dichiarata ieri nei confronti di un comparto chiave per il Paese”.

La filiera dell’automotive, e in particolare la componentistica, ha avuto un ruolo trainante nella ripresa economica del Paese e anche nel 2017 è cresciuta del 4,4%. Scorriamo i numeri del settore in Italia: oltre 5.000 imprese, un fatturato che supera i 100 miliardi di euro e rappresenta il 6% del pil, 260.000 addetti diretti e indiretti, ovvero più del 75 degli occupati della manifattura. Contribuisce al gettito fiscale per oltre 74 miliardi e con quasi 1,7 miliardi di euro è il settore industriale che investe di più in ricerca e innovazione, con la componentistica che da sola pesa per il 50%. Una componentistica d’eccellenza che ha fronteggiato il ridimensionamento del mercato domestico con la diversificazione del portafoglio e mantenendo alta la competitività grazie all’export: nel 2017 oltre 21 miliardi, con un saldo attivo di 5,7 miliardi; dal 2007 al 2017 l’avanzo commerciale medio annuo è stato di oltre 6,4 miliardi.

Ma nel 3° trimestre di quest’anno il rallentamento dell’economia mondiale ha fatto sentire i suoi effetti: nei primi nove mesi dell’anno la produzione è diminuita dello 0,6%, per effetto della compressione di ordini e fatturato sul mercato interno mente l’export ha tenuto. In termini di volumi produttivi annui di soli autoveicoli, il calo nei primi nove mesi è stato del 3,8%: “Un dato che ci preoccupa”, ha sottolineato Scudieri. Nei primi dieci mesi le immatricolazioni sono calate del 3%, con un -11% di vetture diesel, che in Italia rappresentano ancora oltre il 50% del mercato.

Il ritorno al segno meno si somma così alla sfida posta dalla mobilità a zero emissioni, che l’Europa sembra voler raggiungere a tappe forzate: proprio in questi giorni Commissione, Parlamento e Consiglio europeo stanno discutendo le percentuali di riduzione delle emissioni, che metteranno a dura prova il settore. “Finora la regolazione Ue ha fatto da sprone all’aumento della competitività dell’industria europea ma ora – ha messo in guardia Roberto Vavassori, presidente di Clepa, l’Associazione europea della componentistica automotive – rischia di isolarci al resto del mondo e di consegnarci ai produttori di batterie elettriche cinesi”, che hanno il quasi monopolio.

“Accettiamo la sfida dell’elettrificazione – ha insistito il presidente dell’Anfia – ma questa va gestita in modo intelligente e graduale, senza dimenticare che oggi il 41% della nostra manodopera diretta è impiegata nella produzione di auto a combustione interna e dei loro motori, e va supportato lo shifting tecnologico”. L’industria automobilistica italiana si aspetta poi un impegno concreto alla realizzazione delle infrastrutture di ricarica elettrica, il rapporto tra numero di veicoli e colonnine è fissato dalla direttiva in 10 a 1, e oggi siamo fortemente carenti. Inoltre la decarbonizzazione va affrontata senza trascurare l’apporto immediato che possono dare tutte le motorizzazioni (metano e gpl compresi) e ricordando che elettrificazione non significa solo auto elettrica ma tutte le diverse forme di ibridazione, come il mild e il full hybrid.

La punta di diamante dell’Italia nella sfida elettrica sarà la nuova 500: FCA proprio pochi giorni fa ha annunciato che costruirà la prima piattaforma full BEV a Mirafiori. “Noi puntiamo sulla 500 elettrica – ha confermato Daniele Chiari – Head of product planning and institutional relations di FCA ENMEA Region -, sarà il nostro debutto. Ma ricordiamo che, al momento, il mercato elettrico in Europa vale il 2%, lo 0,3% in Italia, un’auto elettrica ogni 404 immatricolate. I consumatori sono pronti? Come accoglieranno i relativi prezzi?”. Urge anche cambio radicale di abitudini.

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