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Auticon in Italia, la società con i consulenti autistici

Trovare un posto di lavoro è spesso difficile, ma ci sono delle persone per cui lo è molto di più. Se è vero, infatti, che il tasso di disoccupazione dei disabili è 4 volte più alto dei normodotati, nel caso dell’autismo la situazione diventa ancora più critica. L’inserimento sociale e lavorativo delle persone con autismo è ritenuto così complesso che, secondo una indagine Censis, solo una persona su 10 con disturbo dello spettro autistico trova oggi lavoro, e quasi tutti nei settori dell’agricoltura e del giardinaggio.

Eppure, è noto da tempo che alcune persone autistiche presentano capacità cognitive particolarmente sviluppate e uniche che le rendono “speciali” quando si tratta di affrontare problemi complessi, soprattutto negli ambiti tecnologici e scientifici. Allo stesso tempo, le diverse percezioni sensoriali e le difficoltà nel campo relazionale spesso impediscono loro di trovare un impiego adeguato alle proprie competenze o di trovarlo del tutto.

Qualcosa però, piano piano, comincia a muoversi. Ed è dai piccoli passi che cominciano i grandi cambiamenti. A dimostrarlo è l’apertura, dall’inizio del mese di aprile, della prima sede in Italia di Auticon, una società for-profit con finalità sociali che assume come consulenti esclusivamente persone nello spettro dell’autismo e offre consulenza nel settore informatico ad aziende medio-grandi e multinazionali.

La società è nata in Germania nel 2011 ma in pochi anni ha aperto filiali in 7 Paesi (Germania, Regno Unito, Francia, Stati Uniti, Canada, Svizzera e Italia) per un totale di 14 uffici e oltre 200 dipendenti. Tra i propri clienti, vanta multinazionali come Air Liquide, gruppi bancari e assicurativi quali Unicredit e Allianz, lo studio legale internazionale Linklaters e molti altri. In Italia, a guidarla c’è il ceo Alberto Balestrazzi, 57 anni e un’esperienza trentennale nel mondo della consulenza, che racconta: “mi sono avvicinato a questa avventura professionale per interesse personale, mi sono innamorato dell’idea di mettere a disposizione la mia esperienza per fare un’attività di business ma comunque in grado di aiutare delle persone che hanno serie difficoltà a trovare un lavoro adeguato. Spesso solo il 10% trova qualcosa da fare, ma la maggior parte restano talenti sprecati”. Quasi al termine della sua carriera Balestrazzi ha deciso di fare qualcosa che avesse anche un impatto sociale e non solo di business, “avere a che fare con persone neurodiverse arricchisce anche me, mi fa crescere e capire che ci sono modi diversi di pensare e di affrontare la realtà e questo è comunque un beneficio. Certo non possiamo cambiare il mondo e far tutti felici, ma questo è un primo piccolo contributo, un modo per dare in buon esempio”, spiega il manager aggiungendo che in un mondo ideale, magari tra una ventina d’anni, realtà come Auticon non dovrebbero più esistere perché le aziende avranno capito che non è un problema inserire queste persone in un contesto lavorativo.

Auticon si occupa prevalentemente di informatica, lavora per clienti che hanno progetti riguardanti il mondo della digitalizzazione, i big data, l’intelligenza artificiale, lo sviluppo software e il mondo dell’audit. “Tutte le persone nello spettro autistico hanno dei talenti specifici come l’attenzione ai dettagli, la capacità di riconoscere all’interno di grandi gruppi di informazioni dei pattern e dei modelli ricorrenti, capacità logiche – prosegue Balestrazzi – il nostro obiettivo è utilizzare queste caratteristiche innate a supporto della risoluzione di problemi complessi nel mondo informatico”.

Diverse aziende di produzione software hanno già inserito persone autistiche nei loro team, il problema però, fa notare il ceo di Auticon Italia è che spesso non si è tenuto in considerazione che queste persone hanno capacità straordinarie ma anche dei limiti nelle percezioni relazionali (come, più o meno banalmente, il fastidio per rumori o luci particolari, la tendenza all’isolamento o a evitare il contatto fisico): “spesso hanno difficoltà a inserirsi all’interno di team neurotipici perché hanno comportamenti relazionali sicuramente diversi dalla maggior parte delle persone. C’è sempre stata quindi un po’ di paura, da parte delle aziende, di farsi carico di questo tipo di dipendenti”.

C’è però anche un altro aspetto dimostrato dall’esperienza di Auticon. Se all’interno di un team neurotipico si inseriscono persone neurodiverse, “cambia completamente il clima del team stesso, le persone diventano molto più aperte avendo affrontato l’inclusione – spiega Balestrazzi – Ad esempio, sistemare l’ambiente per evitare rumori o altre sensibilità di tipo ambientale fa bene a tutti e adattarsi alle esigenze di queste persone spesso significa semplicemente creare un ambiente di lavoro più piacevole”.

Le persone con disturbi dello spettro autistico inoltre spesso non riescono a capire le metafore o le ambiguità nel linguaggio: “lavorare con loro è difficile all’inizio, ma poi costringe a essere molto più chiari, espliciti e procedurali sui progetti di lavoro. Tutto ciò fa solo bene al progetto, costringe tutti a essere precisi”.

Certo, la presenza di psicologi specializzati sull’autismo è fondamentale. Del team italiano di Auticon attualmente fanno parte due psicologhe, una senior che accompagna nel lavoro e nella vita professionale i consulenti e un’altra più giovane che fa da job coach, occupandosi di recruiting e inserimento aziendale. “Per quanto riguarda i consulenti, al momento ne abbiamo selezionati otto – spiega il ceo italiano – Il nostro processo di recruiting è abbastanza tradizionale. Riceviamo quasi quotidianamente dei curricula perché l’autismo è molto più diffuso di quanto si pensi, incontriamo tutti quelli che ci contattano, e tipicamente quasi tutti vengono chiamati a fare un test cognitivo calibrato e ideato proprio per valutare le skills di attenzione e concentrazione. Sulla base di questo test decidiamo se assumerli o meno”. L’azienda è molto selettiva, vengono prese solo persone con quozienti intellettivi molto elevati.

L’età media dei consulenti della sede milanese di Auticon va dai 25 ai 45 anni, e tre su otto sono delle ragazze. “Riceviamo una percentuale di domande molto alta da parte delle ragazze ed è curioso visto che si è sempre pensato che l’autismo fosse prevalente negli uomini”, continua Balestrazzi aggiungendo che la selezione si concentra prevalentemente sui laureati, oggi infatti ci sono già tre ingegneri, un fisico e una laureata in antropologia ma anche tre diplomati in materie tecniche.

Il modello di governance utilizzato da Auticon “è sempre stato quello di detenere il capitale (70-80%) e di coinvolgere degli investitori più da un punto di vista relazionale che finanziario – ad esempio fra i finanziatori di Auticon Uk c’è Richard Branson, fondatore del Virgin Group, mentre nell’assetto societario di Auticon Germania c’è la famiglia Porsche – persone che possano creare una rete di connessione e offrire una testimonianza sul nostro modo di vedere l’inserimento professionale di persone nello spettro autistico”, spiega il manager che per ora in Italia è socio di minoranza “la maggioranza è di Auticon e siamo in attiva ricerca di investitori. Stiamo valutando diverse proposte, sempre nell’idea di non far entrare un fondo societario ma delle persone che ci aiutino a sviluppare il business anche dal lato delle relazioni e penso proprio che le troveremo”.

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