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Pronto richiamo Ue. Tria, se Pil cresce non serve sforare

di Chiara De Felice – Il giudizio negativo sul debito italiano è scritto e i commissari sono pronti a premere il grilletto contro il Governo. Salvo sorprese dell’ultim’ora, dopo la riunione del Collegio i responsabili europei dei conti pubblici, Dombrovskis e Moscovici, avvieranno l’iter che punta dritto verso l’apertura di quella stessa procedura che l’Italia aveva evitato a dicembre scorso.

Anche stavolta, la possibilità di salvarsi è tutta nelle mani di Roma: per convincere l’Europa a non abbattere la mannaia sui suoi conti pubblici, lasciando pochi margini all’azione di Governo, il ministro dell’economia Giovanni Tria dovrà sedersi al tavolo di Bruxelles e negoziare fin dal giorno dopo. “Più cresce l’economia più non c’è bisogno di sforare niente”, ha assicurato il ministro accennando già alla trattativa che “si aprirà” a breve.

Il rapporto sul debito che la Commissione Ue pubblicherà oggi sarà una copia quasi esatta di quello pubblicato a novembre 2018. Solo che adesso l’analisi sull’andamento dei conti sarà corroborata dai dati definitivi del 2018, pubblicati da Eurostat ad aprile. Le informazioni consolidate certificano una deviazione dagli impegni presi, ovvero un peggioramento del saldo strutturale. Sul 2018 c’è un peggioramento di 0,1%, secondo Eurostat. Sul 2019, secondo le ultime previsioni economiche di Bruxelles, c’è un peggioramento di 0,2%. Sui due anni (base alla quale si guarda per valutare il rispetto dei criteri del Patto) c’è quindi un peggioramento di 0,3% del Pil.

A questo punto la Commissione ricorderà le richieste dello scorso anno (miglioramento del saldo di 0,3%) e quelle dell’anno in corso (miglioramento di 0,6%). Ovvero, uno sforzo di 0,9% sui due anni. Sottraendo la massima deviazione consentita dalle regole (0,5%), l’Italia avrebbe dovuto assicurare almeno lo 0,4%. E invece il saldo strutturale, sempre sui due anni, è peggiorato di 0,3%. Ne deriva un ‘buco’ di 0,7%, ovvero oltre 11 miliardi di euro.

I commissari potrebbero ‘aggiustare’ la cifra definitiva accogliendo alcune flessibilità, ma la conclusione del rapporto sul debito resterà la stessa: c‘è una ‘deviazione significativa’ dagli impegni, e quindi l’apertura di una procedura per debito eccessivo “è giustificata”. Il sostegno alla linea di Dombrovskis e Moscovici è praticamente unanime in Commissione, e riflette anche l’atteggiamento del Consiglio, ovvero degli altri Stati membri. La parola passerà a loro non appena i commissari avranno finito la conferenza stampa in cui annunceranno l’avvio dell’iter formale della procedura.

Gli sherpa dell’Eurogruppo valuteranno subito quando riunirsi per discutere il nuovo ‘caso Italia’: secondo le regole del Patto, hanno 15 giorni di tempo per dire la loro, ovvero fino al 19 giugno. Il 13 giugno è in programma un Eurogruppo a Lussemburgo: i ministri potrebbero quindi aspettare quell’occasione per affrontare la questione, interrogando Tria sulle intenzioni del Governo. Se la risposta non convincerà, potrebbero andare avanti con l’iter, cioè far approvare ai loro sherpa le conclusioni della Commissione, e quindi darle mandato di preparare l’apertura formale della procedura. A quel punto potrebbe essere l’Eurogruppo del 9 luglio a lanciarla, condannando l’Italia a manovre correttive obbligatorie, pena sanzioni pecuniarie dello 0,2% del Pil e perdita dei fondi Ue. Il negoziato di Tria dovrà quindi evitare lo scenario peggiore, cercando di contrattare con la Ue una correzione che, ancorché minima, consenta all’Italia di restare tra i Paesi virtuosi e alla Commissione di difendere il rispetto delle regole di fronte agli altri partner sempre più nervosi per la flessibilità finora dimostrata con l’Italia.

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