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Il peso della Brexit sulla Premier League

Ecco la Brexit. E la Premier League trema. Con l’avvio del periodo di transizione, fino al 31 dicembre 2020, che porterà all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, il torneo inglese (giro d’affari da quasi sette miliardi di euro annui) teme, senza alcuni accordi con il governo, di perdere negli anni il trono del calcio mondiale, confermato dai recenti studi Deloitte sul valore dei marchi, che l’ha portata a essere considerata la Nba del calcio, tra campioni, incassi miliardari dalle tv e stadi pieni. La Premier, prima del referendum sulla Brexit di quattro anni fa, si era schierata per la permanenza nell’Ue. Ora sul tavolo ci sono un paio di questioni: la più spinosa resta il permesso di lavoro che i calciatori dell’Unione Europea (il 40% della Premier) dovrebbero ottenere nel Regno Unito, come avviene per gli extracomunitari, a causa delle restrizioni alla libera circolazione per la Brexit. Sarebbero interessati circa 300 calciatori, con la Premier League che deve anche ostacolare il progetto protezionista della federcalcio inglese di ridurre a 12 (da 17) il tetto per i calciatori europei in rosa, a favore di quelli prodotti nei settori giovanili.

Una situazione che potrebbe tenere lontano i top player del futuro, perché la norma attuale ammette l’ingaggio di atleti extracomunitari che abbiano disputato nelle ultime due stagionialmeno il 30% di gare con la Nazionale nella top ten Fifa. Altrimenti il tesseramento è subordinato all’obbligo di ingaggiare calciatori che abbiano partecipato al 45% dei match se la nazionale è collocata dall’undicesima alla ventesima posizione del ranking Fifa, al 60% dei match se è tra la ventunesima e la trentesima e al 75% per le nazionali più indietro in classifica. E il percorso burocratico è assai più complicato per l’ingaggio di atleti da Paesi che si trovano in classifica oltre la settantesima posizione. In assenza di intese con il governo per una deroga per l’ambito sportivo, la Premier sarebbe chiaramente in posizione di svantaggio rispetto ai competitor.

Altre noie per la Premier arriveranno dai giovani talenti comunitari non ancora maggiorenni, che vanno a formarsi nelle academies dei club inglesi, avanti agli altri per strutture dei centri di formazione e per le risorse finanziarie. L’articolo 19 dello Statuto della Fifa consente di tesserare gli under 18 solo se comunitari. Con la Brexit questa possibilità svanisce e sarà complicato ripetere casi come gli spagnoli, poi campioni del mondo, Fabregas e Piqué ad Arsenal e Manchester United. E il trend del calciomercato, con i costi alle stelle soprattutto per i giovani europei, renderà meno competitiva la Premier League.

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