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Unidata, l’azienda che si è quotata (ed è cresciuta) nella pandemia

Unidata renato brunetti

È stata finora l’unica società quotata su AIM nel 2020. Per la precisione Unidata, che si occupa di telecomunicazioni, fibra e servizi per la connessione nel Lazio, lo ha fatto il 16 marzo 2020, un “lunedì nero” per le borse mondiali, un giorno sull’orlo della deflagrazione dell’epidemia di coronavirus e con tutta l’Italia in lockdown già da una settimana. Per l’azienda basata a Roma, però, è stato l’apice di un percorso di successo che è proseguito anche durante i mesi di chiusura: “Siamo andati in smartworking, ma occupandoci di connettività ed essendo tra le attività strategiche ed essenziali, non abbiamo fatto nemmeno un minuto di chiusura. Avevamo avviato i colloqui con gli investitori settimane prima di quel 16 marzo, quindi non c’era davvero nessun motivo per tirarci indietro. E abbiamo fatto bene, oggi siamo molto soddisfatti” ha detto a Fortune Italia il presidente di Unidata Renato Brunetti.

 

L’azienda, che come tiene a sottolineare Brunetti, è “completamente italiana, tra le pochissime in questo settore”, ha chiuso il 2019 un valore della produzione pari a 13,2 milioni di euro, il 14,5% in più rispetto agli 11,5 milioni del 2018 e un Ebitda di 4,6 milioni di euro, in crescita del 20,9% sull’anno precedente. Il primo trimestre 2020 è stato chiuso con ricavi netti pari a 3,6 milioni di euro, con un aumento del 34,6% rispetto allo stesso periodo del 2019, distribuiti per l’85% su fibra e per il 15% su servizi di cloud a data center.

 

Unidata ha una storia trentennale, che parte negli anni ’80 quando, da pioniera, produceva personal computer: “La nostra storia ha avuto due fasi – racconta Brunetti – quando abbiamo lanciato la società nel 1985 siamo partiti dall’hardware, costruendo i primi personal computer. Poi abbiamo cominciato a metà degli anni ’90 ad occuparci di Rete, man mano dedicandoci sempre più a quello. Nel 1999 l’azienda è stata comprata da una multinazionale, la Cable & Wireless Plc, ma dopo tre anni, passata la bolla delle dot.com, ce la siamo ricomprata e siamo ripartiti da zero, concentrandoci completamente sui servizi internet”.

 

Oggi, proprio grazie al fatto di operare in un settore strategico come quello dell’innovazione e della connettività, la società è riuscita a sfuggire la crisi: “Nel periodo di lockdown ci sono stati incrementi nelle vendite dovuti al fatto che tutti si sono ritrovati in telelavoro, quindi abbiamo avuto richiesta sia dalle aziende per i dipendenti, sia dalle singole persone che avevano necessità di lavorare da casa in modo efficace”. Unidata, inoltre, ha avuto modo di lavorare anche con la Pubblica amministrazione, fornendo le condizioni per lo smartworking degli impiegati su Roma.

 

“Abbiamo lanciato un servizio di videocomunicazione gratuito che si può scaricare sul nostro sito e utilizzare anche attraverso un’app, Unimeeting. Poi abbiamo fatto delle promozioni ai nuovi clienti affinché ci fosse una facilitazione economica per chi si abbona ai nostri servizi”. Brunetti è certamente ottimista sull’esito di questa crisi: “Ci siamo tutti resi conto che una quota del lavoro si può fare anche da remoto, e forse è anche più produttivo lavorare da casa. C’è stata una forte spinta all’uso di strumenti digitali anche da parte di quelle persone non li usavano proprio: in tre mesi abbiamo fatto un passo avanti di tre anni”.

 

Tuttavia il digital divide nel nostro Paese esiste, e la crisi lo ha fatto emergere: “Nel Lazio abbiamo una situazione a macchia di leopardo. Ci sono zone come le grandi città più servite ma poi si registrano grossi problemi nella provincia. Gli investimenti sulle infrastrutture sono cruciali, noi stessi investiamo oltre 10 milioni l’anno nella costruzione delle reti, l’anno prossimo investiremo anche di più. La quotazione, inoltre, ci permetterà di allargare il nostro territorio di riferimento, uscire dal Lazio per espanderci anche in altre regioni”.

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