Obesità e bimbi, numeri da epidemia

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I bambini italiani sono tra i più in sovrappeso e obesi d’Europa. Si tratta di un dato, già noto, che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha confermato anche quest’anno con l’European regional obesity report 2022 pubblicato pochi giorni fa. Secondo Oms ben il 42% dei bimbi italiani tra i 5 e i 9 anni ha un eccesso di peso, contro il 29,5% della media europea.

Oltre all’Italia, a registrare livelli elevati di obesità sono soprattutto i Paesi mediterranei e quelli dell’Est Europa. Ma la dieta mediterranea che tutto il mondo invidia al Belpaese non era il regime alimentare più utile per rimanere in forma? “Certamente è la dieta migliore, però l’adesione alla dieta mediterranea è molto bassa proprio nei Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum”, dice a Fortune Italia la presidente della Società italiana di pediatria (Sip) Annamaria Staiano.

“Molti studi, alcuni condotti oltre 10 anni fa, indicano anche che la capacità di seguire la dieta mediterranea diminuisce con il passare degli anni. In altri termini, l’aderenza a questo regime alimentare è buona nei primi anni di vita dei bambini e via via scema all’aumentare dell’età. In altre nazioni la situazione è anche peggiore rispetto a quella dell’Italia, come Cipro e la Grecia, dove davvero poche persone seguono la dieta mediterranea”.

Il problema dell’obesità infantile è serio. Come ricorda anche Oms infatti esiste una correlazione diretta tra l’essere obesi da bambini e l’essere obesi da adulti. Con tutte le problematiche di salute correlate al sovrappeso, non ultime le patologie cardiovascolari, che accompagneranno la vita di chi ha molti chili in eccesso.

Ma che rapporto esiste tra l’obesità in età pediatrica e il rischio di obesità nell’età adulta? Spiega Staiano: “Il bambino obeso nel 50-60% dei casi diventerà un adulto obeso. In realtà questo processo di predisposizione all’obesità sembra iniziare già dalla gravidanza. Dati scientifici dimostrano che il 20% dei lattanti obesi diventano bambini obesi, che il 50% dei bambini obesi diventano adolescenti obesi, e che ben l’80% degli adolescenti obesi sarà obeso anche da adulto. Tralasciando le forme di obesità genetica, l’ambiente obesogenico comprende elementi relativi sia alla nutrizione, sia all’attività fisica. Un insieme di comportamenti errati che si radicano nella routine quotidiana delle persone rendendo una sfida quasi impossibile quella di prevenire le conseguenze”.

L’Organizzazione mondiale della sanità sottolinea anche la necessità di non sottovalutare l’obesità per la relazione diretta che si esprime tra questa condizione e lo sviluppo di tumori. Ben 13 tipi di cancro vanno a braccetto con l’avere molti chili di troppo. Continua Staiano: “Ciò è dovuto soprattutto alla condizione di infiammazione cronica connessa con l’obesità. Si crea un microambiente predisponente ai meccanismi molecolari disordinati che innescano lo sviluppo dei tumori”.

“I principali tumori collegati all’obesità sono quelli gastro-intestinali – quelli dell’esofago e del pancreas, fegato e colon. Anche il tumore alla mammella, quello all’endometrio e quello a carico della prostata hanno una diretta correlazione con l’obesità. L’alterazione degli ormoni sessuali derivanti dal sovrappeso rende ragione proprio del fatto che lo sviluppo di tumori sia a carico anche di organi tipicamente maschili o femminili”.

Recentemente si è parlato dell’aumento dell’obesità pediatrica a seguito della pandemia, che ci ha costretti non solo a non poter praticare sport e movimento, ma ha anche cambiato le abitudini alimentari aumentando la quantità di cibo assunto. Vien da chiedersi quale sia l’entità del fenomeno a livello pediatrico e come incida sui livelli di sovrappeso e obesità di bambini e ragazzi.

“Come Sip abbiamo lanciato una campagna di sorveglianza che ci parla di un netto aumento dei pazienti pediatrici obesi. Anche presso centro di riferimento regionale di diabetologia dell’ospedale Federico II, dove io lavoro, si è osservato l’incremento notevole di bambini e adolescenti con diabete di tipo 2. Una malattia cronica connessa all’obesità. Abbiamo visto anche bambini con diabete di tipo 2 con chetoacidosi grave. Pandemia e lockdown hanno determinato un consumo di pasti più disordinato, un ricorso a “cibo-spazzatura” come patatine e merendine, e naturalmente una attività fisica pressoché assente. La conseguenza è stata proprio l’aumento dell’obesità”.

Di fronte a uno scenario simile non si può non chiedersi se si tratti di un fenomeno reversibile, o almeno contrastabile. Affinché le nuove generazioni possano adottare stili di vita più sani, a tutela della propria salute di adulti, e di quella i terza e quarta età. Tra le azioni da mettere in atto Oms suggerisce ai Paesi con problemi di obesità ldi limitare le vendita di alimenti non salutari ai bambini.

Così come la tassazione delle bevande zuccherate – in Italia ci avevamo provato, ma la “Sugar tax” è finita in un nulla di fatto – e il miglioramento della risposta del sistema sanitario per la gestione dell’obesità. Chiediamo allora alla presidente Sip quale sia davvero l’intervento prioritario, più realizzabile e più efficace: “Senza dubbio l’educazione a un sano stile di vita che deve iniziare quanto prima possibile, già negli asili e nelle scuole. Ciò non solo per far seguire ai bambini un’alimentazione corretta e anche un adeguato movimento fisico, ma per trasmettere alle famiglie quali sono i valori importanti per prevenire l’obesità”.

“Importante – continua – è fornire degli esempi. Per esempio evitando di istallare nelle scuole i distributori di merendine e incentivando il consumo di frutta, yogurt e cibi non grassi per lo spuntino di metà mattina. Un’educazione sanitaria, che possa essere trasferita a livello domestico, consente di prevenire l’insorgenza di obesità il prima possibile e favorisce anche il cambio culturale all’interno delle famiglie, dove l’educazione alimentare nasce e si radica in tutti i suoi componenti”.

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