Forum Health di Fortune Italia, i pilastri dell’innovazione della salute

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Tra innovazione e futuro con i protagonisti del cambiamento dell’healthcare in Italia. Un confronto tra aziende, uno spazio di discussione tra istituzioni, ricercatori e mondo associativo: è la IV edizione del Forum Health, l’appuntamento annuale organizzato da Fortune Italia sul mondo della salute, del pharma, del biotech.

Margherita Lopes, Caposervizio Salute di Fortune Italia, ha aperto l’evento spiegando che per preparare il mondo aziendale (e non solo) a tutto ciò che ci attende serve un approccio che guarda al futuro, ma concreto: “L’innovazione è davvero la carta vincente per il nostro Paese. Un futuro che per noi deve poggiare su tre pilastri: creatività, eccellenza e collaborazione”.

L’obiettivo dell’evento che si è tenuto a Palazzo Wedekind, in Piazza Colonna a Roma., insomma, è favorire la formazione di un ecosistema fertile offrendo ad aziende, scienziati, rappresentanti delle professioni, organizzazioni civiche e decisori uno spazio di discussione autorevole, indipendente di respiro internazionale nel quale confrontarsi liberamente per rendere il sistema più accogliente nei confronti della innovazione.

Perché la strada è lunga, ma già tracciata. Anche la politica sa che dovrà affrontare una serie di sfide e impegnarsi affinché vengano centrati gli obiettivi di Pnrr e digitalizzazione, certo. Ma vanno affrontati anche quelli relativi alle battaglie scientifiche, tecnologiche, culturali e organizzative del nostro tempo.

Tutti problemi dove il nostro Paese può essere protagonista. Secondo Antonio Parenti, Capo della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, “certamente l’Italia non è vista in Europa con gli occhi dell’Economist e della loro copertina. L’Italia è un Paese di grandissime realtà industriali nel settore farmaceutico, di grandissime capacità creative, di grandi università, di formazione di persone di rilievo che troppo spesso vanno fuori dall’Italia. Siamo visti da fuori con maggior rispetto di quanto noi italiani la vediamo”.

Quando pensiamo alla genesi di un programma come il Next Generation Eu, dice Parenti, siamo i primi beneficiari perché all’Europa l’Italia serve. “Siamo i secondi produttori manifatturieri in Europa e contribuiamo con una forte intelligenza all’industria in Europa. In un momento in cui la globalizzazione non è forte come all’inizio del decennio scorso, l’Europa ha bisogno di assicurarsi una crescita interna perché non si può solo fare affidamento su quella esogena”.

Il Pnrr è la porta per aprire nuove forme di azione comune anche in aree dove finora non c’è stata, dice Parenti. Ma l’Italia “è anche un Paese problematico, con un debito pubblico altissimo. Il nuovo governo democraticamente eletto ha diritto di operare, e la Commissione europea ha il ruolo di guardiano e di prendere misure laddove ci sono dei problemi, ma come ha sempre fatto con qualsiasi tipo di governo”. Con il nuovo esecutivo italiano “l’Europa è disponibilissima ad aprire una discussione, e credo che i primi passi indichino che questa sia una visione condivisa dal nuovo governo. Non c’è un’altra strada” perché c’è bisogno di collaborazione in tanti settori, “soprattutto nella salute, perché stiamo disegnando un nuovo sistema che cambierà il modo in cui lavoriamo produciamo e consumiamo”.

Anche Walter Ricciardi ha parlato dell’importanza dell’azione europea nella riorganizzazione della sanità. “Non c’è dubbio che la pandemia abbia accelerato un processo che lentamente si stava già consolidando nel corso del tempo. Abbiamo capito che è importante una comunità non solo monetaria ma anche sanitaria. Se non si lavora insieme non si va da nessuna parte”.

In questo contesto più ampio come si inquadra la lotta al cancro e quali sono le mission dell’Ue? “La Mission del cancro fa parte delle cinque missioni dell’Ue in ambito sanità”. Perché il cancro e non altre patologie? “Perché l’Ue ha il 10% della popolazione mondiale del carico di malattia mondiale. Abbiamo già impegnato una somma importante nella ricerca e ora abbiamo circa 400 mln da spendere entro l’anno prossimo. In ogni caso, per affrontare questa sfida bisogna affrontarne altre. Ed è per questo che mi piace sottolineare quanto l’approccio dell’Ue sia multidisciplinare. Ovviamente poi, è necessario fare ricerca anche per altre aree terapeutiche. Ma la Mission fornisce un metodo che sarà possibile estendere”.

Tre i pilastri del futuro della salute, quindi (creatività, eccellenza e collaborazione), come tre sono le tavole del IV Forum Health, a rappresentare tre sfide fondamentali per il futuro dell’ecosistema salute.

La prima sfida: la formazione

La prima tavola del IV Forum Health di Fortune Italia

‘Giovani talenti cercasi’ è il titolo della prima tavola, moderata da Felicia Pelagalli, contributor di Fortune Italia: il tema della formazione delle nuove generazioni così come quello dell’adeguamento delle competenze di ricercatori e personale sanitario in un contesto in continua evoluzione ha acquisito una nuova urgenza con l’accelerazione della transizione digitale e le pressanti richieste del mondo del lavoro. Nuove competenze, reskilling e upskilling rappresentano sfide centrali per il Sistema Paese: occorre procedere velocemente e su larga scala facendo leva in modo intelligente, quando possibile, sugli strumenti del digital learning.

Piattaforma di telemedicina, di intelligenza artificiale, dei dati sanitari e il nuovo fascicolo sanitario elettronico. Quattro tecnologie in sviluppo che stiamo adottando: ma abbiamo le competenze? Una domanda che vale per i nuovi medici, per gli operatori sanitari già attivi che dovranno usare le piattaforme, per le figure apicali della sanità. Quali competenze dobbiamo formare?

Secondo Sabina Nuti, Rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, le “competenze non sono solo informatiche, ma anche  relazionali”. Bisogna “lavorare in squadra e rispettarsi, tra le diverse figure professionali. Penso per esempio alla rivoluzione che dovremo fare nella formazione dei profili medici che sono ancora educati con un approccio molto individualista e poco attento al lavoro di squadra con altre figure come quelle infermieristiche”.

Il medico che lavora da solo non ci sarà più, quindi.

Secondo Alessandra Petrucci, Rettrice dell’Università di Firenze, i corsi di laurea di medicina sono molto rigidi. Queste rigidità bisogna “scardinarle, per andare incontro alla possibilità di lavorare in gruppo”.

Inoltre, oggi è fondamentale “acquisire competenze nei dati. I dati, senza dubbio ci aprono una frontiera”.

Renzo Pegoraro, Cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita, racconta: “Io ho studiato medicina un po’ di anni fa e già si parlava del come creare queste competenze. Oggi se parli con uno studente di medicina hai quasi la sensazione che ci sia un ingolfamento, perché il sapere è cresciuto. E allora cosa è fondamentale? La difficoltà è riuscire a coordinare bene conoscenze e competenze. Mi spiace notare come in tutto questo, il ruolo dell’etica e della bioetica sia ancora poco influente”.

Secondo Rossana Ugenti, Direttore Generale del Ministero della Salute, non ci sono solo i medici: “Abbiamo 30 professioni sanitarie, ognuna con un ruolo ben definito. Non deve esistere sovrapposizione, per affrontare la sfida bisogna agire sinergicamente e lavorare in squadra. Noi abbiamo avanzato una proposta per ampliare la formazione. I beneficiari sono le regioni, perché attraverso questo investimento noi immettiamo nel sistema una classe dirigente formata per affrontare questa sfida. Da qui a fine novembre noi vorremmo già definire i contenuti di questi programmi per definire anche quello che saranno i requisiti. Entro giugno 2023 dovremmo avere chiuso le procedure per le iscrizioni ai corsi. Ed entro giugno 2026 dovremmo aver chiuso il corso con un esito positivo”.

Secondo Eugenio Guglielmelli, Prorettore alla Ricerca Università Campus Bio-Medico di Roma, “insieme all’ingegneria, con med tech, abbiamo fatto partire anche un corso di bio ingegneria triennale. L’idea è che ci sia multidisciplinaritá. Bisogna avere uno sguardo ampio per rispondere con concretezza alle sfide del lavoro del futuro”.

La seconda sfida: restituire centralità al territorio

Ripensare il rapporto tra eccellenze specialistiche e medicina generale e restituire centralità al territorio tenendo conto delle nuove esigenze, delle nuove strutture e competenze e delle possibilità offerte dalle tecnologie emergenti. La sanità digitale rappresenta oggi una tendenza incontrovertibile e si riferisce a una molteplicità di strumenti e tecnologie che rendono possibile la fruizione di un sempre maggior numero di servizi sanitari sul territorio.

Telemedicina ma, anche, cartelle cliniche e ricette elettroniche, dati e IA. Fibra ottica e 5G. L’iniquità tecnologica a livello territoriale, la semantica poco chiara, l’incertezza normativa e la resistenza dei professionisti ne condizionano l’omogenea diffusione.

Fortune Italia, in una tavola moderata da Stefano Inglese, ne ha parlato con alcuni rappresentanti delle realtà regionali. Marco Marchetti, Dirigente responsabile della U.O.S HTA AGENAS, ha fornito un quadro sintetico delle principali linee di sviluppo strategico per la costruzione della medicina del territorio. “Durante la prima fase della pandemia abbiamo avuto modo di renderci conto delle carenze del settore sanitario. La dm 67 ha segnato le direttrici dell’assistenza territoriale. Per quanto riguarda la telemedicina si è cercato di immaginare lo sviluppo di un sistema che possa rappresentare un calcio d’inizio della digitalizzazione che prima della pandemia esisteva ma non in maniera organica e sistemica. Circa un anno e mezzo fa siamo riusciti a portare avanti con il ministero della Salute molti progetti. Entro la fine del mese dovrebbe essere aggiudicata la gara per la piattaforma di telemedicina. Dopodiché ci saranno le gare entro la fine dell’anno per le piattaforme regionali. I fondi del Pnrr in questo forniranno un enorme supporto. L’idea è quella di associare ai decreti ministeriali delle linee guida, dei suggerimenti affinché le regioni possano sviluppare i loro atti regionali che dovranno considerare tutta una serie di variabili”.

Giancarlo Ruscitti, DG del Dipartimento salute Provincia autonoma di Trento, ha raccontato come “durante la primissima fase della pandemia, a Padova (dove c’era il paziente zero) ci siamo resi conto di quanto i cittadini siano stati fortemente collaborativi. Le persone sono stati i migliori assistenti sanitari di se stessi. Quindi il nostro maggior investimento deve essere al servizio e al supporto di queste persone. L’obiettivo sarà quello di creare collegamenti con la piattaforma nazionale e continuare a sviluppare competenze e tecnologie”.

Al Sud, in Calabria, le problematiche sono diverse. Per Iole Fantozzi, Direttore Generale Dipartimento tutela della salute Regione Calabria, “la situazione di partenza è assolutamente diversa rispetto a quella di una regione del nord Italia: noi abbiamo una sola facoltà di medicina in tutta la regione, ad esempio. Il Pnrr è arrivato insieme a una nuova fase di programmazione. A parte i fondi del Pnrr la regione ha investito anche fondi suoi. Questo è stato necessario perché abbiamo ereditato una situazione sanitaria disastrata. Che è poi la stessa che interessa i trasporti. Il nostro territorio si è dimostrato molto fragile. Per restituire centralità al territorio abbiamo sperimentato nell’ambito del Pnrr i vantaggi della telemedicina, con l’infermiere che segue il paziente da una sede che non sia quella ospedaliera. Dal momento che le strutture, in Calabria, sono poche rispetto all’utenza”.

Secondo Giorgio Casati, Direttore Generale ASL Roma 2, “abbiamo due grandi sfide. La prima è rappresentata dai professionisti. Che hanno avuto modo di capire come la medicina digitale (e quindi la telemedicina) sia uno strumento importante. La seconda dai pazienti: che devono convincersi di quanto il futuro e l’innovazione siano qui. Ci siamo mossi su diverse linee, innanzitutto sui processi, stiamo lavorando sul percorso individuale integrato. Per il paziente abbiamo realizzato una piattaforma che consente di operare congiuntamente con l’obiettivo di non mandare più il paziente cronico al CUP. Abbiamo sottoscritto accordi con aziende ospedaliere per avere percorsi comuni su tutto il territorio dell’ASL Roma 2 che chiaramente vengono seguiti digitalmente. Non possiamo rimanere fermi, dobbiamo andare in una certa direzione e siamo pronti a farlo”.

La terza sfida: il sistema regolatorio

La modernizzazione della governance di un sistema così complesso è fondamentale per garantire il miglioramento continuo e la tenuta in termini di efficacia, efficienza e sostenibilità sociale ed economica. La ricerca scientifica e tecnologica propone a ritmo incessante nuove molecole sempre più mirate e dispositivi hi-tech per migliorare l’aderenza terapeutica e la qualità della vita.

Secondo Silvio Brusaferro, Presidente ISS, l’Italia è pronta alle sfide dell’innovazione per il sistema regolatorio? “Una volta anche le teleconferenza sembravano lontane. Oggi dobbiamo riuscire a garantire sicurezza negli strumenti di digitalizzazione. L’istituto ha un triplo mandato. Il primo è quello di cercare di comprendere algoritmi. Il secondo è allo stesso tempo supportarli, e il terzo elemento è il monitoraggio. L’altro elemento importante è divulgare (giornate come queste vanno in questo senso). Due temi importanti sono la fiducia e l’informazione. La fiducia è quella che va trasmessa ai cittadini, l’informazione è la corretta divulgazione”.

Secondo Marco Marchetti, Dirigente responsabile della U.O.S HTA AGENAS, “se noi pensiamo alle nuove terapie pensiamo al percorso con cui arrivano sul mercato. I nuovi farmaci arrivano con una dote di evidenza più povera rispetto a quanto avveniva in passato. Questo vuol dire che bisogna ripensare il sistema di valutazione perché la valutazione delle scelte scientifiche e tecnologiche (Technology assessment) è fondamentale. Per permettere un accesso più veloce e allo stesso tempo controllare l’innovazione utilizzando dati reali”.

Per Rosario Rizzuto, Centro nazionale di Ricerca ‘Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA’, “oggi sempre più conosciamo non le malattie ma le cause, quindi possiamo disegnare farmaci che cambiano generalmente un comportamento che è in realtà individuale da persona a persona. La ricerca va velocissima, ma noi dobbiamo portare la ricerca in campo clinico in maniera ancora più rapida. Io credo che il nostro futuro sarà fatto di tanti di questi esempi in cui la ricerca diventa un farmaco. Nel nostro Paese facciamo innovazione, e magari non ne siamo consapevoli. Ma come poi traduciamo sostanzialmente l’innovazione nei nostri sistemi? In questo contesto credo che noi giochiamo un ruolo all’interno dell’Ue e non a caso molti progetti nascono da collaborazioni tra Paesi dell’Ue. In questa prospettiva è utile confrontarci con i bandi europei. E ovviamente investire. Non solo in termini economici ma anche sulle persone, sui giovani. Creando le condizioni affinché le idee brillanti possano essere realizzate”.

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