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Istruzione, formazione e imprese: la Campania che ‘fa scuola’ nel mondo del lavoro

Pensare che il capitale umano sia merce omogenea rende vulnerabili le nostre società. Quando parliamo di modernità, rivoluzione tecnologica, globalizzazione, si affacciano sul nostro percorso opportunità, ma anche l’immissione di molte nuove difficoltà a cui non eravamo abituati a dare risposte. Oggi il capitale umano è sottoposto a pressioni continue di cambiamento e continuare a dare soluzioni sul modello del passato non può funzionare.

L’inarrestabile avanzata delle tecnologie digitali sta modellando il mercato del lavoro sotto molti punti di vista. Secondo un report della Boston Consulting Group, questi continui cambiamenti e trasformazioni del mercato richiedono “un pensiero flessibile, un apprendimento rapido e continuo e mobilità. Invece della standardizzazione di massa, dobbiamo abbracciare l’unicità di massa e la centralità umana”. Una delle problematiche più urgenti da risolvere consiste nel trovare personale preparato che sia in grado di rispondere alle esigenze di competenze richieste dal mercato del lavoro non solo attuale, ma futuro. Lo sa bene Armida Filippelli, Assessore alla Formazione della Regione Campania (nella foto in evidenza): “Abbiamo bisogno in Italia di una strategia politica per dare una scuola all’altezza dei tempi e che sappia formare persone in grado di reggere il cambiamento”, dice a Fortune Italia. Filippelli non parla solo da politica ma da esperta della materia, da professoressa, ex dirigente scolastica per 30 anni a Napoli, da chi la scuola l’ha vissuta in tutte le sue certezze ma anche debolezze. Una vita dedicata ai ragazzi. “Il nostro sistema scolastico – ci dice – andrebbe rivisto, rivisitato. Chi parla pensa che la scuola debba innanzitutto creare persone libere con un forte spirito critico. Abbiamo bisogno di una scuola moderna che metta i ragazzi nelle condizioni di imparare anche cose concrete e che dia gli strumenti per capire e comprendere il proprio talento. La scuola deve collocare le persone nel mondo”.

capitale umano formazione

Il nostro sistema scolastico però sembra avere ancora difficoltà importanti a stabilire un collegamento reale ed efficace tra istruzione, formazione e impresa. E questo è un grande problema quando la carenza dei lavoratori sul mercato, con la difficoltà crescente che le imprese incontrano nel trovare i profili ‘giusti’, sta diventando un’emergenza nazionale. Secondo una ricerca realizzata dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro, a giugno 2022, su quasi 560mila entrate al lavoro previste, 219mila (39,2%) risultavano di difficile reperimento. Nello stesso mese del 2019, il valore si attestava al 25,6%. A crescere, è stata la carenza di candidati (23,7% contro il 12,2% del 2019), mentre la quota di aziende che associa la difficoltà di reperimento alla preparazione inadeguata degli stessi è rimasta simile (11% circa). Secondo la ricerca tra i profili divenuti sempre più difficili da trovare sul mercato del lavoro spiccano i farmacisti, i biologi e gli specialisti nelle scienze della vita e i medici.

Se molto spesso però sentiamo parlare indistintamente dell’importanza delle materie STEM (dall’inglese science, technology, engineering and mathematics), “è anche vero che dovremmo iniziare a parlare di ‘stemanesimo’, quindi un mix di discipline che comprendono anche le materie umanistiche, come la storia e la filosofia, non meno importanti – dice l’Assessore -. Questo perché se vogliamo governare la rivoluzione tecnologica abbiamo bisogno anche di tanto umanesimo, abbiamo bisogno di sapere chi siamo, di sapere le origini della nostra civiltà occidentale”.

Serve una visione che unisca le ambizioni e le capacità individuali alle competenze dei professionisti ricercati dalle aziende. Ma come si fa? “È la vera poi sfida del momento – ci dice l’Assessore Filippelli – perché purtroppo esiste uno ‘skill mismatch’ importante, una forbice paradossale tra le aziende che non trovano personale con le competenze e un esercito di disoccupati, un vero e proprio disallineamento di mercato. Attenzione: non succede solo in Italia, ma nel mondo”. Qualche concreta soluzione la Regione Campania l’ha messa in atto, rappresentando un vero e proprio modello interessante da replicare a livello nazionale. Il Programma GOL, ad esempio, che sta per ‘Garanzia Occupabilità Lavoratori’ e rappresenta il perno dell’azione di riforma delle politiche attive del lavoro previsto nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, Missione 5 “Inclusione e coesione”. Parliamo di risorse assegnate alla Regione per l’anno 2022 pari a € 119.116.000,00 per il raggiungimento dei primi 81.420 beneficiari da inserire , attraverso un sistema di presa in carico unico gestito dai 46 Centri per l’Impiego, in percorsi personalizzati di riqualificazione delle competenze e di accompagnamento al lavoro. Attraverso il Programma GOL la Regione Campania sta introducendo e consolidando politiche attive integrate con la formazione e con l’inserimento lavorativo per migliorare l’occupabilità dei lavoratori, innalzarne il livello delle tutele attraverso la formazione e facilitarne le transizioni occupazionali.

“C’è una premessa da fare – afferma l’Assessore -. Alcuni studi ci indicano che l’85% dei lavori che ci sono oggi, nel 2030 non esisteranno più. La priorità della scuola deve essere quella di attrezzare le persone delle competenze del futuro. Tutto cambia e la rivoluzione tecnologica sta accelerando come quella industriale dell’Ottocento. E poi bisogna colmare il gap tra nord e sud. Tutto parte dalla formazione. Faccio un esempio: esistono genitori, spesso molto giovani e con poca cultura, che vivono in zone deprivate culturalmente e socialmente; se mancano gli asili nido, i loro bambini cresceranno con delle mancanze rispetto ai bambini di un’altra regione del nord, che ha invece avuto più ‘possibilità’. È da qui partono le differenze sociali”.

Il rischio è che da qui ai prossimi quattro anni la situazione possa diventare più critica: il rapporto previsivo di Unioncamere Excelsior sui fabbisogni occupazionali a medio termine (2022-2026) prevede una domanda di circa 4,3 milioni di lavoratori. Già oggi è possibile prevedere che almeno 1 milione 350mila possano andare in fumo per assenza di candidati.

programma SILF Campania

Il Programma GOL prevede dei percorsi di upskilling e reskilling: ad oggi sono state prese in carico 105.731 persone, rispetto alle 81.420 necessarie per il raggiungimento del target, ben 24.111 persone in più. Effetto, questo, anche della presenza dei nuovi operatori nei centri per l’impiego e del piano di potenziamento dei servizi. Non solo GOL. In Campania è stata attivata anche SILF (Sistema Informativo Istruzione Lavoro e Formazione), una piattaforma tecnologicamente avanzata per tracciare le attività formative della regione. “Il nostro scopo principale – dice Filippelli – è quello di usare la tecnologia per connettere, creare percorsi innovativi, mettere a sistema e colmare i gap esistenti. Abbiamo anche un portale dedicato all’apprendistato (apprendistatoregionecampania.it) che permette ai ragazzi di iniziare a sperimentare il lavoro e di essere pagati che è un riconoscimento che li stimola a continuare il loro percorso e, in alcuni casi, a non scegliere altre strade. Il talento va valorizzato, bisogna investire sulle competenze. Abbiamo attivato ad oggi 230 percorsi di formazione Garanzia Giovani dedicato ai Neet (16-25 anni) con una dote procapite di 4mila euro per la qualifica professionale. La lotta alla dispersione scolastica non si fa con le chiacchiere, ma creando orientamento e percorsi di formazione. Bisogna pensare che in situazioni svantaggiate questa è l’unica soluzione per allontanare i ragazzi dalla malavita. Dobbiamo leggere con attenzione questi fenomeni che sono ‘sanguinosi’ per il nostro tessuto sociale. Abbiamo anche implementato un centro sperimentale di sviluppo delle competenze: una vera sfida perché è una risposta alle innovazioni della modernità. I settori sono tanti: parliamo di aerospazio, settore marittimo, edilizia, agroalimentare, innovazione sociale, cyber security, beni culturali. Un sistema di raccordo tra istruzione, formazione e mondo dell’impresa. Questo sistema è una specie di ‘incubatore’ che ci consente di costruire modelli di orientamento, di formazione e certificazione delle competenze”.

Il modello è ibrido perché consente alle persone di approcciarsi alla formazione e al mondo del lavoro con la stessa frequenza: “Le qualificazioni si acquisiscono non solo nei contesti formali, come appunto quelli dell’istruzione, ma anche in quelli informali e quindi dei luoghi di lavoro. Sviluppiamo anche nuovi percorsi in base alle esigenze di mercato, con competenze innovative che vengono richieste. Le faccio un esempio: se servono degli operai con competenze particolari per il lancio della fibra ottica, bisogna partire da quella richiesta per iniziare ad orientarsi nella direzione di determinate skills, per colmare quel vuoto che viene a formarsi quando mancano le persone competenti. Il segreto è la continua dialettica tra formazione e imprese”.

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