Covid, interferoni protagonisti di un nuovo studio

vaccini coronavirus
Aboca banner articolo

Alla scoperta dei meccanismi di difesa dell’organismo umano contro Covid-19. Con l’obiettivo di sviluppare nuove ‘armi’ in grado di potenziarli. La risposta immunitaria innata stimolata degli interferoni, o meglio dall’interferone di tipo I, rilasciato a sua volta dalle cellule dendritiche plasmacitoidi nella fase iniziale dell’infezione da Sars-CoV-2, svolge un ruolo chiave nel prevenire la progressione della malattia da Covid-19.

La conferma arriva da un nuovo studio, che segue i risultati pubblicati qualche settimana fa. Un team di ricercatori (Università San Raffaele di Milano, Policlinico di Tor Vergata, Università di Padova, Metabolic Fitness Association) coordinati dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), ha messo infatti ancora una volt sotto la lente di ingrandimento, in uno studio pubblicato su Plos Pathogens, proprio i meccanismi delle risposte immunitarie innate nella patogenesi della Covid-19.

“Abbiamo studiato l’interazione precoce tra Sars-CoV-2 e le cellule del sistema immunitario in un modello sperimentale in vitro basato sulle cellule del sangue periferico umano – spiega Eliana Coccia dell’Iss, a capo dell’indagine – e abbiamo visto che anche in assenza di una replicazione virale produttiva, il virus promuove un importante rilascio di interferoni di tipo I e III e di citochine e chemochine infiammatorie (ovvero molecole che agiscono come mediatori dell’immunità naturale e della risposta infiammatoria), note per contribuire alla tempesta di citochine osservata nella Covid-19. È stato interessante osservare che l’interferone di tipo I, rilasciato dalle cellule dendritiche plasmacitoidi, è in grado di stimolare la risposta antivirale nelle cellule epiteliali polmonari infette”.

Ma non è tutto qui. A partire da queste evidenze in vitro, i ricercatori hanno caratterizzato il fenotipo delle cellule dendritiche plasmacitoidi e l’equilibrio tra citochine antivirali e citochine pro-infiammatorie dei pazienti Covid-19 in base alla gravità della malattia.

Hanno potuto osservare così che l’espressione del marcatore PD-L1 sulla superficie delle cellule ‘nel mirino’, così come la loro frequenza nel sangue periferico, presenta delle differenze se il paziente è asintomatico o se manifesta una sintomatologia grave.

“I soggetti asintomatici – va avanti Nicola Clementi dell’Università Vita-Salute San Raffaele – hanno in circolo cellule dendritiche plasmacitoidi che rilasciano gli interferoni di tipo I e questo dato si combina perfettamente con livelli sierici molto elevati di questi fattori e con l’induzione di geni anti-virali stimolati dallo stesso interferone. Al contrario, i pazienti ospedalizzati con Covid-19 grave mostrano una frequenza molto bassa di cellule dendritiche plasmacitoidi circolanti con un fenotipo infiammatorio e alti livelli di chemochine e citochine pro-infiammatorie nel siero”.

“Il nostro studio – concludono gli autori – conferma il ruolo cruciale e protettivo nella malattia da Covid-19 dell’asse cellule dendritiche plasmacitoidi/interferone di tipo I, la cui maggiore comprensione può contribuire allo sviluppo di nuove strategie farmacologiche e/o di terapie volte a potenziare la risposta delle pDC fin dalle prime fasi dell’infezione da Sars-CoV-2”.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.