Covid, vecchio antidepressivo scudo per forme gravi

Covid antidepressivo
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Potrebbe essere in arrivo un inedito riposizionamento per la fluvoxamina, un antidepressivo low-cost, che sembra avere l’inaspettata capacità di evitare che un caso lieve di Covid-19 si trasformi in un incubo da rianimazione o peggio. A suggerirlo sono i risultati di uno studio realizzato da ricercatori brasiliani e canadesi della McMaster University, in pubblicazione su Lancet Global Health.

Il farmaco, utilizzato nel trattamento della depressione e del disturbo ossessivo compulsivo, ha un effetto collaterale potenzialmente utile contro le forme gravi di Covid, che consiste nell’attutire le risposte immunitarie e nel mitigare i danni tessutali. Ma perché il farmaco funzioni, è necessario assumerlo all’esordio della malattia.

Alla luce di questi risultati, gli autori dello studio suggeriscono di ricorrere alla somministrazione precoce di fluvoxamina (100 mg due volte al giorno per 10 giorni) nei pazienti ad alto rischio di scivolare verso una forma grave o in quelli non vaccinati o in chi non possa essere trattato con anticorpi monoclonali.

L’idea di riposizionare questo antidepressivo per il trattamento del Covid-19 è balenata alla coautrice dello studio, la psichiatra Angela Reiersen della Washington University di St Louis (Usa), leggendo uno studio del 2019 che dimostrava come la fluvoxamina fosse in grado di ridurre la risposta infiammatoria nei topi con sepsi.

A quel punto, Reiersen e colleghi hanno segnalato l’ipotesi agli organizzatori del trial TOGETHER che studia appunto il riposizionamento di farmaci in commercio per varie patologie, per il trattamento del Covid-19. Per testare l’ipotesi è stato dunque organizzato uno studio che ha arruolato circa 1.500 pazienti brasiliani con Covid-19 ad alto rischio di peggioramento; a metà di loro è stata somministrata fluvoxamina, agli altri placebo. E i risultati parlano da soli. Nei pazienti trattati con fluvoxamina, il rischio di progressione verso una forma clinicamente grave di Covid-19, tale da richiedere il ricovero in terapia intensiva, si è ridotto del 65% e quello di morte del 90%.

La fluvoxamina si va dunque ad aggiungere ad un esiguo numero di farmaci (gli anticorpi monoclonali) che hanno dalla loro forti evidenze scientifiche di efficacia contro le forme più gravi di Covid-19, se somministrati in fase precoce di malattia.

Il bassissimo costo dell’antidepressivo (circa 4 dollari per 10 giorni di trattamento) lo renderebbe accessibile anche nei Paesi a basso reddito ed essendo a brevetto scaduto, potrebbe essere prodotto da qualunque laboratorio farmaceutico.

Altri esperti invitano però alla prudenza, stemperando l’entusiasmo dei ricercatori brasiliani. Si tratta insomma di risultati interessanti, ma che andranno riconfermare attraverso nuovi studi, condotti in altri Paesi. Al momento, una delle possibili ipotesi sul tappeto è quella di associare la somministrazione di fluvoxamina ad un farmaco in grado di interferire con la replicazione del virus, come il nuovissimo molnupiravir, per aumentare le chance di successo dei due trattamenti presi singolarmente.

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