Lavoro, digitale e Big data, 30 proposte per la sanità

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L’innovazione scientifica e tecnologica hanno rimodellato le nostre vite e possono rappresentare una grande opportunità nell’affrontare sfide importanti come l’invecchiamento della popolazione o la lotta ai tumori. Dati, sistemi di Intelligenza Artificiale e robotica possono essere strumenti preziosi per assistere gli operatori sanitari, sostenere l’assistenza agii anziani, monitorare i parametri di salute in tempo reale. Terapie più intelligenti e mirate per curare malattie potenzialmente letali. Medici e ricercatori possono eseguire accurate e dettagliate analisi sui complessi dati sanitari dei pazienti per migliorare la prevenzione, formulare diagnosi più accurate e tempestive, individuare cure personalizzate.

Formare gli operatori sanitari del futuro, fare entrare nei percorsi terapeutici le nuove tecnologie, analizzare con sistematicità i Big Data per rivoluzionare le politiche di prevenzione e cura: è il cuore delle 30 proposte contenute nel “Libro Bianco” della sanità, frutto del progetto di ricerca ideato da Planning e curato da Cergas – Sda Bocconi sotto la direzione scientifica di Francesco Longo, docente di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche presso l’Università Bocconi.

Il documento, redatto assieme a oltre 50 delegati da ministeri, enti, istituzioni e imprese, è stato presentato a Bologna durante il convegno “Area Sanità. Strategie per la salute del Paese” a una platea di 250 ospiti tra policy e decision makers della sanità italiana. Il progetto si avvale della collaborazione del ministero per la Salute, del Miur, del Ministero per l’Innovazione tecnologica e la Transizione Digitale; main partners sono ManpowerGroup, leader mondiale nella creazione di soluzioni integrate per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e lo sviluppo della carriera, che da tempo lavora anche sui profili inerenti al mondo della sanità, e Microsoft Italia, in prima linea nello sviluppo e implementazione di tecnologie per la sanità digitale.

Politiche del personale, Digitalizzazione per l’innovazione dei processi di cura e Utilizzo dei Big data con finalità di analisi e programmazione sanitaria sono le tre macro-aree sulle quali lo studio si è concentrato, rivelando l’urgenza di un profondo ripensamento e rinnovamento del settore: una necessità che si interseca, in questa fase cruciale, con la disponibilità delle risorse messe a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che assegna alla missione 6-Salute 15,63 miliardi che forniscono un’opportunità forse unica per un rilancio del Ssn e dell’intero sistema salute, sia pubblico che privato, del Paese. Ecco alcune delle indicazioni:

Politiche del personale: gli ambiti prioritari di intervento –
Fondamentale la valorizzazione del potenziale di tutti i professionisti, dagli operatori socio sanitari, che dovranno essere incrementati in maniera significativa, a tutti i profili sanitari, incentivandone quanto più possibile l’autonomia; un ruolo importante nella gestione delle fragilità avranno i medici della medicina territoriale, in integrazione con Mmg e personale convenzionato. Importanza centrale assume la formazione, dalle scuole superiori di secondo grado, ai corsi di laurea a indirizzo specialistico-professionale per le professioni sanitarie. Mentre sarà necessario coinvolgere sempre più gli ospedali del Ssn come “strutture di insegnamento” per la formazione dei medici specializzandi. Le competenze digitali saranno fondamentali in vista dell’innovazione dei modelli di servizio prevista dal Pnrr, sia formando i dipendenti del SSN che incoraggiando percorsi formativi in partnership con industria e Ssn.

Flessibilità nelle forme di reclutamento e impiego – Le procedure di reclutamento delle aziende sanitarie devono scuotersi da un’eccessiva lentezza, inadeguata alle esigenze di rapidità del Ssn: per questo si rende necessario riscrivere la normativa concorsuale per la dirigenza – datata 1997 – e per il comparto – datata 2001, e adottare modalità di reclutamento differenziate, introducendo anche il contratto di formazione e lavoro e di apprendistato, così da poter lasciare spazio agli under 30 poco valorizzati dai concorsi tradizionali. La valorizzazione delle professionalità passa anche attraverso adeguate forme di inquadramento e retribuzione e premiando il merito: a tal fine la proposta è quella di permettere alle regioni di definire una percentuale del monte salariale da poter impiegare liberamente per differenziazioni salariali su profili critici, garantendo una reale attrattiva per le migliori professionalità.

Gestione e sviluppo del capitale professionale – Per quel che riguarda il management risorse umane, è fondamentale rafforzare nelle aziende le politiche di attrazione, gestione e sviluppo dei talenti e attivare processi di benchlearning interaziendale. Al contempo, sarà possibile centralizzare l’amministrazione del personale a livello interaziendale, e formalizzare un livello di contrattazione collettiva a livello regionale.

Promuovere l’evidence based management a supporto del digitale – È necessario, tra le altre cose, stratificare la popolazione e analizzare i bisogni dei pazienti organizzati in sottogruppi di malattia. Lo studio della popolazione target associato all’analisi dei fattori ambientali e sociali può contribuire ad un patrimonio informativo di fondamentale importanza per comprendere quali approcci terapeutici adottare, e quali possono essere digitalizzati: un punto fondamentale perché il digitale non diventi mera sostituzione della modalità in presenza, e riflettere ex novo sulle caratteristiche del phygital, combinando reale e virtuale. Il monitoraggio e la misurazione del livello di digitalizzazione delle aziende sono inoltre utili per l’attivazione di forme di apprendimento reciproco e collettivo. Accanto a ciò, sono da promuovere in tutte le aziende progetti pilota che, se funzionanti in un territorio, possono fornire un modello trasferibile su tutto il territorio nazionale, a patto che l’infrastruttura tecnologica sia adeguata, moderna e soprattutto interoperabile.

Sviluppare l’infrastruttura tecnologica – L’analisi della dotazione tecnologica è fondamentale per assicurare una base tecnologica comune e abilitare possibilità di utilizzo e aggiornamento dei dati tra clinici, pazienti e manager anche in strutture diverse, anche tra pubblico e privato, tra consumi derivanti da spesa pubblica e quelli da spesa out of pocket, che riguardano il 26% delle prestazioni sanitarie e il 40% di quelle ambulatoriali. Occorre potenziare l’utilizzo delle cartelle cliniche elettroniche e del Fse, per andare verso un’integrazione di più dati – alcuni dei quali anche raccolti autonomamente dal paziente.

L’interoperabilità – di base, strutturale, semantica, organizzativa – è un altro concetto chiave per la digitalizzazione. L’attivazione di canali solidi di collaborazione tra pubblico e privato consentirebbe inoltre di arrivare alla ricerca di standard condivisi, evitando il moltiplicarsi di modelli e soluzioni. I fornitori di tecnologie mediche, Ict e case farmaceutiche dalla loro prospettiva possono senza dubbio arricchire la comprensione delle esigenze infrastrutturali: per loro natura molte iniziative imprenditoriali sono alla frontiera dell’innovazione, e il pubblico potrebbe valorizzare tali spinte generative, anche promuovendo forme più trasparenti di comunicazione delle sfide affrontate dal Ssn.

Guidare il ridisegno dei modelli organizzativi e dei servizi per attuare e implementare la digitalizzazione – Occorre partire dal presupposto che il digitale non è un add-on o uno strumento alternativo per erogare il medesimo servizio, pertanto la sua progettazione richiede attenzioni diverse rispetto al disegno di un servizio tradizionale. Senza contare che occorre anche valutare quanto i professionisti della sanità siano idonei ad erogare servizi a distanza, e prevedere di conseguenza una sorta di “introduzione al digitale”, sia per i servizi amministrativi (si pensi alla transizione da un Cup tradizionale a uno digitale) che per i processi clinici. Un approccio particolarmente apprezzato può essere quello di favorire forme di co-progettazione, coinvolgendo le comunità dei pazienti tramite le associazioni, professionisti, aziende e management, così come forme di co-produzione individuale, che si realizzano tramite la partecipazione attiva del paziente alla propria cura, ad esempio tramite l’autosomministrazione o il monitoraggio dei propri parametri vitali e trasferendoli al medico.

Rafforzare le competenze digitali – La digital literacy deve essere promossa sia a livello di singolo paziente, guidandolo all’utilizzo del digitale, che a livello generale, con azioni di comunicazione pubblica sulle potenzialità della digital health. L’accompagnamento dei cittadini al digitale potrebbe essere ottenuto anche adibendo spazi pubblici – dalle biblioteche agli spazi comunali o sanitari – per consentire ai cittadini di accedere ai servizi online, adeguatamente supportati.

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