Digital health per una sanità basata sul valore

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Una rivoluzione in corso. La digital health “potrà migliorare l’accesso ai servizi, implementare la medicina personalizzata e supportare la sostenibilità e l’efficienza del sistema sanitario”. Ne è convinto Giorgio Racagni, presidente Società Italiana Farmacologia, che ha illustrato il suo pensiero nell’incontro“Digital Health è il presente – Il sistema è pronto?”.

Fondazione Lilly ha infatti avviato uno studio nell’ambito delle terapie digitali con il supporto di esperti del settore, per fornire un contributo alle istituzioni nazionali su due fronti: sistematizzare la materia da un punto di vista normativo e proporre linee guida per nuovi modelli organizzativi di presa in carico di pazienti cronici. Ebbene, per Racagni il momento è cruciale: “La rivoluzione digitale sta interessando tutta la sanità”.

Ma di che si tratta? Le terapie digitali sono già una realtà, e “forniscono soluzioni evidence based, con l’ausilio di software di alta qualità, per prevenire, gestire o trattare una patologia”, spiega il farmacologo. Qui i device digitali sono utilizzati indipendentemente o anche in combinazione con i classici farmaci. Ma in realtà si tratta di un gruppo di terapie variegato e articolato. “All’interno della Digital health c’è la famiglia delle connected therapies, soluzioni che integrano device, app e farmaci, disegnate per migliorare l’aderenza alla terapia e la personalizzazione anche della posologia. Poi c’è il telemonitoraggio, fondamentale ad esempio per la prevenzione di problematiche nei malati cronici, come ad esempio di ipoglicemia nei pazienti diabetici”.

Ecco allora che per il farmacologo è arrivato il momento di introdurre “il concetto di digital pharmacology: perché se parliamo di terapie digitali, è corretto anche di parlare di digital pharmacology. Laddove il farmaco è abbinato a uno o più device e consente di trasmettere i dati allo specialista e al medico di famiglia – continua Racagni – questo potrà portare a personalizzare le dosi per il singolo paziente, oltre a raccogliere una mole preziosa di dati. Se però le attuali norme non verranno modificate, le terapie digitali faranno fatica a entrare nel mercato italiano”.

Secondo Racagni occorre superare il dualismo tra componente farmacologica e device. E dunque un problema sta nel fatto che “i processi autorizzativi sono ad oggi separati”.

C’è poi il ‘nodo’ della formazione di medici, infermieri e pazienti all’uso delle terapie digitali. Comprendendo che “il ruolo dei pazienti cambia fortemente con l’avvento delle terapie digitali”. Ma l’esperto segnala anche il possibile avvento di nuove figure professionali, dal data manager nei centri medici, all’ingegnere clinico, all’esperto di programmazione sanitaria. Insomma è in corso una vera rivoluzione sul piano farmacologico, “in grado di aiutare a garantire l’aderenza terapeutica ma anche di raccogliere dati real world, che potranno essere utilizzati dalle istituzioni per programmare la spesa sanitaria e creare una nuova sanità value based”, conclude Racagni.

 

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