Covid, come è cambiata l’alimentazione degli adolescenti

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Lockdown, alimentazione e adolescenti: nel 96% dei casi si è avuta una riscoperta dei cibi e dei sapori autentici e dei dettami della dieta mediterranea. Se si tratti di un trend o di una “bolla”, è ancora presto per dirlo. Bisogna attendere i dati osservazionali delle abitudini e dei comportamenti alimentari dei giovani italiani lungo un periodo di tempo maggiore.

Intanto però il progetto “Food Mood” condotto dall’Università Cattolica di Piacenza, Anbi Emilia Romagna, Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria del ministero delle politiche agricole) e Consorzio di bonifica di Piacenza, restituisce informazioni incoraggianti.

La pandemia, infatti, pare aver modificato positivamente le abitudini alimentari dei ragazzi. Su 600 studenti delle scuole superiori intervistati, il 54% dichiara di aver mutato abitudini in quanto a tipo di alimenti e modalità di consumo.

Ma in che modo? Nel 96% dei casi si è ritrovato, anche se costretti dalla clausura forzata, il piacere di pranzare e cenare in famiglia condividendo cibo di qualità superiore rispetto a prima della pandemia. In particolare i ragazzi evidenziano una maggiore attenzione alla sicurezza alimentare legata ai prodotti acquistati e consumati.

Quasi una vera e propria svolta salutista che vede la scelta di cibi meno grassi, a minor contenuto di zuccheri e sale. Ma anche una minor quantità di cibo ingerito. Un quadro che viene ulteriormente migliorato dal fatto che quasi otto ragazzi su dieci hanno imparato ad apprezzare e effettuare l’attività fisica almeno una volta a settimana. Quanto agli alimenti in senso stretto, si sono riscoperti molti dettami della dieta mediterranea.

“Complice il fatto di avere tempi più rilassati sia per consumare che per cucinare i cibi, è aumentato il consumo di legumi, di frutta e verdura e di pesce. Migliora inoltre il livello di idratazione personale conseguente a una maggiore quantità di acqua assunta nel corso della giornata”, spiega a Fortune Italia Laura Rossi nutrizionista del Crea.

C’è da dire che gli adolescenti presi in esame sono stati favoriti in questo cambio di abitudini dal fatto di vivere in prossimità della Food Valley che tutto il mondo ci invidia. Cosa che ha portato alla riscoperta delle innumerevoli eccellenze territoriali, molte delle quali marchiate Dop e Igp, dal Parmigiano reggiano al Grana padano passando per il prosciutto di Parma.

“Si tratta di una riscoperta del gusto più genuino, che è anche riflesso della necessità di trovare consolazione nel cibo, a fronte di una situazione generale ricca di avversità”, commenta la nutrizionista. Che spiega però che talvolta si è registrato anche al ricorso a “comfort food” non propriamente facenti parte della dieta mediterranea, come snack vari e dolciumi.

Ma attenzione, aggiunge Rossi: “Comfort food come hamburger e patatine non devono essere demonizzati. Infatti se mangiati con moderazione possono rappresentare una risorsa che aiuta i nostri adolescenti a reagire alla situazione di stress psicologico che li sta interessando da due anni a questa parte”. Parliamo naturalmente dello stravolgimento della socialità tipica, quanto fondamentale, proprio in una delle età più critiche dello sviluppo individuale. Che, dicono i pediatri, sta portando a un forte aumento dei casi di bambini e adolescenti con disturbi dell’attenzione e dell’alimentazione.

Insomma “consumare patatine, pizza, hamburger e altri cibi molto graditi ai giovani può fungere persino da stimolo per ritrovare la socialità perduta. Naturalmente organizzandone la fruizione in condizioni di sicurezza, magari all’aperto dove è possibile stare insieme in modo più rilassato. Tenendo sempre presente un obiettivo importante: che l’alimentazione torni a essere parte integrante della convivialità”.

Infatti se da un lato il lockdown ha generato gli effetti positivi sopra descritti, dall’altro ha acuito alcune cattive abitudini già radicate nei giovani prima della pandemia. Come il “salto” della prima colazione, che oggi accomuna un ragazzo su quattro.

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