Covid, il sacrificio di 370 medici per curare 12 mln italiani

Giornata medici
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Sono stati 370 i medici italiani morti in pandemia. Operatori che avevano una famiglia, figli, spesso anche nipoti. Che lavoravano in ospedale, ma anche negli ambulatori di medicina generale, o negli studi privati. Oppure che erano appena andati in pensione e avevano scelto di tornare in servizio per dare il loro contributo. Professionisti che, da un giorno all’altro, si sono trovati a combattere un virus completamente nuovo, e specialmente all’inizio in condizioni difficilissime.

I loro nomi figurano nel lungo elenco listato a lutto che, ormai da due anni, campeggia sul sito degli Ordini dei medici. “Un sacrificio che ha consentito di curare ben oltre 12 milioni di cittadini positivi a Covid 19 di cui 10.700.000 sono guariti, nella stragrande maggioranza a domicilio, grazie all’impegno dei “curanti” e al fondamentale contributo di tutti gli operatori della sanità”. Lo ha ricordato il presidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri) Filippo Anelli, nel corso delle celebrazioni della “Giornata nazionale del personale sanitario e sociosanitario”.

Un appuntamento che si celebra nella “casa di tutti i medici e odontoiatri”, a Roma, per il secondo anno, che è però ancora un anno di pandemia. E se Anelli ha ringraziato il Parlamento per aver voluto istituire questa Giornata “quale solennità civile per il nostro Paese”, è voluto tornare sulla questione dei ristori alle famiglie dei colleghi morti per Covid. “Un analogo sentimento, sono certo, vorrà riservare, insieme al Governo, alle famiglie dei medici caduti per contagio da Covid-19 colmando le differenze tra professionisti in termini di ristori e riconoscimenti”, ha detto il presidente.

“Per noi medici ‘ogni vita conta”’, ha poi sottolineato Anelli. Esprimendo la sua gratitudine a Papa Francesco e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per aver sottolineato l’impegno dei medici e degli operatori sanitari. Ma anche al ministro della Salute Roberto Speranza, “per l’impegno posto nel reperimento di consistenti risorse destinate al Sud del nostro Paese; risorse dedicate al contrasto delle disuguaglianze e della povertà sanitaria soprattutto per le fasce di popolazione più vulnerabili”.

Quella di oggi è un po’ la Giornata dell’orgoglio dei professionisti della salute. E non a caso oggi si ricorda l’opera di Gino Strada, a cui il Comitato Centrale della Fnomceo ha voluto dedicare la Giornata. Il fondatore di Emergency ha “incarnato nella sua vita e nella sua attività professionale, proprio il rispetto della dignità di ogni uomo come espressione del riconoscimento dei diritti umani che appartengono ad ogni persona” ha detto Anelli.

“I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, sennò chiamateli privilegi”, è una delle più celebri affermazioni di Gino Strada. “In queste parole – ha affermato Anelli – sono racchiusi i principi cardine del nostro Codice di deontologia medica e della missione stessa dei nostri Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, cui la legge affida la garanzia dei diritti dei cittadini: quello alla tutela della salute, all’uguaglianza, e il meta-diritto a vedersi riconosciuti, in quanto persone, i diritti inviolabili dell’uomo”.

Parole che cozzano con la memoria delle tante, troppe aggressioni di cui sono stati vittime gli operatori sanitari, anche in pandemia. Fra gli ultimi casi, quello dell’infermiera dell’ospedale San Camillo di Roma, presa a calci da un paziente ricoverato per Covid e non vaccinato.

“È assicurando a tutti gli uomini pari diritti che se ne difende la dignità – ha concluso Anelli – È questa la lezione che Gino Strada ci lascia, insieme al monito a non girarci mai dall’altra parte di fronte alle tragedie che, tutti i giorni e in tutti i luoghi, coinvolgono centinaia, migliaia di persone”. Perché “l’indifferenza verso i diritti negati è un virus peggiore” di Covid.

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