Parkinson, come progettare case a misura di pazienti

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Human-centered design e inclusive design. Sono le direttrici lungo le quali si muovono le prime linee-guida italiane per la progettazione dell’ambiente domestico a misura di persone con malattia di Parkinson, presentate a Milano nell’ambito di un progetto promosso dalla Fondazione Zoé – Zambon Open Education e realizzato dal dipartimento di Architettura, laboratorio di Ergonomia e Design dell’Università di Firenze con la collaborazione della confederazione Parkinson Italia e della fondazione Limpe per il Parkinson.

Al di là delle linee-guida in se stesse, la novità riguarda il modus operandi che è stato seguito per la loro messa a punto. Per capire quali siano le caratteristiche migliori per una casa in cui la persona con Parkinson può vivere non solo in modo agevole e privo di pericoli, ma anche “stando bene” nel proprio ambiente domestico, circondato dai propri oggetti e dalle persone care, i ricercatori sono partiti dall’ascolto dei bisogni dei diretti interessati.

“Nell’arco di due anni abbiamo raccolto le testimonianze non solo delle persone che convivono con la malattia, ma anche dei loro caregiver, professionisti della salute e familiari. Grazie a un lavoro di squadra multidisciplinare a cui hanno collaborato psicologi, architetti, clinici e appunto i malati siamo riusciti a definire molti dettagli che altrimenti avremmo rischiato di trascurare”, ha spiegato Francesca Tosi, ordinario di Disegno industriale all’Università di Firenze.

Un minuzioso lavoro di indagine e di analisi che ha partorito un volume piuttosto ricco, di indicazioni ed esemplificazioni di come sarebbe auspicabile fosse l’ambiente domestico per chi deve convivere con il Parkinson. “Una malattia neurodegenerativa e anche progressiva”, ha ricordato Leonardo Lopiano, ordinario di Neurologia all’Università di Torino e direttore di SC Neurologia alla Città della Salute e della Scienza di Torino. Il che significa “che le necessità di chi ha il Parkinson cambiano nel tempo, con il progredire della malattia stessa”.

In questo senso le nuove linee-guida guardano alla progettazione di ambienti domestici che partano con l’essere già a misura di persona con Parkinson, “ma con spazi che possano evolvere insieme alle esigenze del malato e dei caregiver, senza dover per forza stravolgere gli ambienti e soprattutto senza dover affrontare esborsi troppo gravosi”, ha precisato la professoressa Tosi. Che ha voluto anche fare un inciso sul significato di progettare e realizzare ambienti e oggetti che siano inclusivi: “Si deve seguire il principio base del non ospedalizzare la casa e subito dopo l’idea che malati e caregiver possono e devono trovare serenità nell’”ambiente casa”. Finanche a far divenire quest’ultimo una fonte di miglioramento delle proprie condizioni”.

È così gli ambienti e gli oggetti devono essere pensati e realizzati per essere sicuri (ad esempio, considerando il rischio di cadute della persona con Parkinson, si dovranno eliminare quanti più spigoli possibile) e accessibili per chi ha una disabilità. Ma allo stesso tempo “non devono essere discriminanti per i portatori della disabilità. Pensiamo quindi a progettare ambienti belli e privi di caratteristiche che possano essere fonte di stigmatizzazione. No agli oggetti ‘respingenti’ l’uso da parte di chi ne ha bisogno perché li identifica come segno di diversità”, ha chiosato l’architetta.

Ora che le linee-guida sono state presentate non resta che augurarsi che esse siano accolte e prese in considerazione da parte degli studi di architettura e dai designer italiani che devono progettare arredi e complementi d’arredo per la casa. Non si tratta meramente di soddisfare i bisogni di una bella fetta di “mercato” – oggi le persone con Malattia di Parkinson sono 300mila in Italia e di età media tra i 60 e i 65 anni – ma di rendere accoglienti, belle e quasi terapeutiche le case di coloro che, oggi, sono i nostri genitori e i nonni dei nostri figli.

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