L’etica è donna, la visione di Nicoletta Iacobacci

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Si fa tanto parlare di etica, soprattutto in relazione ad un futuro prossimo, che appare sempre più distopico e comincia ad intimorire per la sua imprevedibilità. Nicoletta Iacobacci è una studiosa e scrittrice, autrice di diversi saggi, esperta in etica e tecnologie emergenti, con particolare attenzione agli effetti del progresso tecnologico sulla coscienza collettiva. Già Head of Future Media di European Broadcasting Union, l’organizzazione mondiale delle radiotelevisioni di servizio pubblico, nel 2014 lascia l’Ebu per portare a termine un dottorato in Filosofia e comunicazione. Oggi è consulente globale per la tecnologia e l’etica. Curatrice di numerosi eventi TEDx, Ambasciatrice della Singularity University in Svizzera e promotore delle linee guida etiche di “Hyperloop Transportation Technology”.

Il suo primo libro, “Exponential Ethics”, sostenuto dalla Fondazione Rockefeller, è stato pubblicato nel 2018 in inglese e cinese. Oggi Nicoletta Iacobacci presenta la sua nuova teoria, che ha dato vita al libro ‘l’Etica è Donna‘ edizioni Mondo Nuovo. “Un viaggio attraverso storie di prepotenze, malintesi, conquiste e successi passati e correnti. Un libro che tocca un nervo scoperto nella società, che ha un impatto sulle generazioni attuali e future e che ispira un cambiamento etico necessario. Un libro di una donna per tutte quelle che si identificano come donne, per trasmettere e favorire il coraggio di affrontare nuove sfide.” Ne abbiamo voluto parlare con l’autrice, nei giorni scorsi a Roma per la presentazione del libro, e siamo partite proprio dal titolo.

Perché l’etica è donna?
Il titolo è una provocazione, l’etica dovrebbe semplicemente essere umana. Questo testo affronta la parità di genere in maniera insolita. Vuole dare uno spunto moderno, concreto e al femminile su come affrontare e gestire un futuro governato da tecnologie, destinate a crescere a livello esponenziale.  Questo testo nasce per dare uno spunto, per spingere le nuove generazioni e le ragazze a intraprendere prendere studi scientifici e tecnologici, il mio è stato un viaggio nel tempo fantastico. Alessandro Strumia, ‘guest professor’ del Cern, proprio nel corso di un workshop sulla parità di genere, dichiarò che ‘la fisica è stata inventata e fatta dagli uomini, non si entra su invito’.  Era il 2018. Lui è stato espulso dalle maggiori associazioni di fisica, e il giorno dopo proprio una donna ha vinto il Nobel per la fisica: Donna Strickland. Bisogna rompere il pregiudizio che vorrebbe le donne incapaci di fare riflessioni logiche, di lavorare sui numeri. La soluzione sarebbe quella di dare le stesse opportunità a scuola, fin dalla primaria, con la stessa possibilità di imparare senza essere condizionati, nelle scelte, dai pregiudizi degli adulti. Ada Lovelace, vissuta nei primi anni del 1800 e ‘madre’ del personal computer, è la dimostrazione del fatto che ‘le donne sono diverse’.

Lei fa parte del ‘Women Brain Project’, di che si tratta?
È un progetto affascinante, nato in Svizzera (dove la Iacobacci è residente, ndr): è un’organizzazione non-profit che studia le malattie della mente e ha dimostrato che il cervello delle donne è conformato in maniera diversa, ma  ancora oggi nella scienza queste differenze non vengono considerate rilevanti. Con il ‘Women’s Brain Project’ si prova a raccontare una scomoda verità, che le donne da sempre non sono rappresentate negli studi clinici, per le malattie neurologiche in particolare ma in generale per tutta la medicina.

E questo ha delle ripercussioni anche su altri campi
Certo! Per fare un esempio, parliamo di intelligenza artificiale, creata nel 1959 da gruppo di scienziati Mit, che cominciarono a lavorare a quella che per noi, oggi, è la “learning machine” la macchina pensante.  L’AI oggi viene utilizzata per diverse applicazioni, anche mediche, come per esempio la prevenzione degli infarti. Ma i dati a cui ha accesso per la fase “learning” sono per lo più legati al mondo degli infarti maschili. Mentre l’infarto nelle donne, ed è scientificamente provato, presenta sintomi diversi rispetto agli uomini, e questo rende inefficace la prevenzione nei loro confronti.

Abbiamo esempi evidenti che durante la pandemia i Paesi guidati da donne hanno affrontato la situazione in maniera più sistemica, collaborativa e in media hanno avuto la metà dei decessi rispetto a quelli gestiti da uomini. In che modo si sono distinte la neozelandese Jacinda Ardern, la taiwanese Tsai Ing-wen e la norvegese Erna Solberg? Cosa hanno in comune queste donne leader?
Le donne hanno un atteggiamento diverso, siamo collegate in modo diverso, guidate dal buonsenso, dall’ inclusività, dal rispetto per l’essere umano. Ci sono delle donne al potere che non hanno questo tipo di atteggiamento, ma certamente quando le donne restano donne e vano al potere hanno un modo differente di gestirlo. Non voglio parlare di Elisabetta Franchi e del suo approccio al mondo femminile, però vorrei solo ricordare che lei si definisce ‘un imprenditore’. Io credo molto nella forza salvifica delle nuove generazioni. La generazione Z, che è considerata la più empatica,  non si considera più ‘di genere binario’, e noi dobbiamo imparare a considerare la fluidità come un valore, e concepire un maggior rispetto per l’individuo

Dal concetto giuridico ed economico della diligenza del buon padre di famiglia, si passa al buon senso materno per gestire l’innovazione scientifica orientare, in maniera sensata, l’evoluzione della nostra specie.
Sono i target che ad essere diversi, quelli a livello maschile sono sempre winning, puntano sempre ad una vittoria, ad un risultato economico. Nel mio libro, fra gli altri, intervisto una transgender di 15 anni che racconta il suo percorso, e cito Darwin, raccontando la storia di Caroline Kennard, membro di gruppi femminili impegnate sul tema della riforma dell’istruzione, sul miglioramento della condizione femminile nella società del 1800. La Kennard scrisse a Darwin per chiedergli conferma della teoria della presunta inferiorità della donna, “sostenuta” da risultati scientifici e giustificata dalla selezione sessuale. Darwin le ripose adducendo, fra le motivazioni della superiorità, il fatto che gli uomini fossero “bread winner”, portatori di cibo e sostentamento per la famiglia. Il percorso di affermazione del femminile non si è ancora compiuto, ma ricordiamo alcuni strumenti che l’anno segnato, come I pantaloni e la  stessa bicicletta. Tanto è da sempre radicata l’idea della “superiorità” dell’uomo sulla donna, che lo stesso ‘progressista’ Russeau, nell’Emile, sosteneva che le donne dovessero studiare cose diverse dagli uomini.

Ma nel suo libro lei teorizza un tempo di ‘genere neutro’ 

Noi fra poco non avremo più ‘genere’. Le donne hanno degli obiettivi differenti, perché geneticamente create per dare la vita, hanno nei loro concetti di base, nel Dna, il discorso di proteggere, di mantenere, di espletare le sue necessità materne. Ma il genere umano è in fase di evoluzione, e non so quanto il questo concetto binario funzionerà nel futuro.
mettiamola così: la tecnologia è sexy, e corre veloce, a differenza dell’etica, che è molto più lenta. Questo è il fulcro della mia ricerca, l’invito a considerare sia i pro che i contro della tecnologia che stiamo creando. In un primo momento il progetto del libro si chiamava ‘Exponential etichs’, volevo spingere l’etica ad andare di pari passo con la tecnologia. Ma poi ho appreso la notizia dello scienziato cinese He, che nel corso di una conferenza internazionale aveva raccontato del suo esperimento di ‘editing genetico’ su embrioni umani. E mi sono chiesta ‘perché non ha sentito il vincolo dell’etica? La risposta l’ho ottenuta dalla filosofia su cui si basa la società cinese. Confucio sostiene che ‘il seme non è un albero’, potrebbe diventarlo ma di fatto è solo un seme. E così gli embrioni.

Musk Nel 2015 ha fondato OpenAI, un’organizzazione non-profit che in teoria dovrebbe promuovere e sviluppare sistemi d’intelligenza artificiale
A detta della società, i codici sono open, aperti al pubblico e amichevoli (Friendly AI).  Ciò nonostante l’anno scorso OpenAI, diventata nel frattempo una impresa commerciale, ha rilasciato il suo primo prodotto: un generatore automatico di testi simili a quelli umani.
Open AI nasce per sviluppare l’Intelligenza Artificiale ‘aperta’. Ha poi creato un sistema di editing, usato in Usa da molte agenzie di stampa, Reuters per esempio. Di fatto, ora, Open AI punta a sviluppare e raggiungere il secondo livello di AGI, l’intelligenza artificiale che dovrebbe essere simile all’uomo, che può essere sociale, può agire su una memoria non fatta di dati inseriti, e che può avere delle sensazioni.
Sarà un caso poi che OpenAI, abbia sede nello stesso building della società Neural Link, altra iniziativa di Musk. Si tratta di un dispositivo che si “applica” al cervello e si collega ai neuroni. È stato testato sui maiali, sulle scimmie, ed è dimostrato che possa catturare l’attività celebrarle, codificarla e ricavarne dei dati. Questo potrebbe certamente consentire di potenziare il cervello, a costo di rendere fruibili, e codificabili,  “i dati del cervello”. Qui l’etica però dov’è? Queste tecnologie sono già presenti, oggi, sono state sviluppate, ed i “creatori” sostengono che questa ricerca punti ad aiutare i quadriplegici. Ed io non voglio essere pessimista a tutti i costi, per dire, io stessa faccio meditazione con un ‘brain scanner’ che analizza quello che faccio. L’etica non può essere generalizzata, ma è legata alla cultura.
La mia teoria è quella della differenza fra ‘being human’ and ‘human being’. Se intervieni con la tecnologia sull’essere umano, sulla specie umana, acceleri l’evoluzione e faciliti il progresso.
In America si studia come intervenire sui brutti ricordi dei soldati, delle persone che hanno subito dei traumi.
Ma noi siamo anche la nostra memoria, i nostri ricordi, e quanta parte ce ne possono togliere, lasciandoci però noi stessi?

Lei insegna alla Jinan University di Guangzhou (Cina). Com’è il mondo dell’innovazione, visto da lì?
La mia esperienza è con gli studenti, persone super motivate e coese: non vogliono arrivare primi, vogliono progredire in gruppo, sono molto strutturati dal punto di vista tecnologico, sono molto più avanti di quello che pensiamo.
Loro usano la tecnologia in modo diverso, hanno un concetto democratico differente, e governare un miliardo e mezzo di persone non è facile. Dovremmo provare a non temerli, ma ad apprendere. Hanno già pubblicato delle norme su come sviluppare AI, che in Cina è già usata in modo più orizzontale, tutte le tecnologie ne prevedono l’utilizzo. Ad esempio, alle tre più grandi compagnie tech, Tencent Holding, Baidu e Alibaba il governo cinese ha assegnato degli obiettivi e delle strutture specifiche da sviluppare. La tech viene dall’alto ma è molto organizzata e coesa, noi in occidente siamo più liberi di sviluppare ma senza coesione a livello sistemico, strategico e strutturale.

 

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