Abel, il robot ‘specchio’ per i pazienti con disturbi del neurosviluppo

Abel
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Una ‘scommessa’: sfruttare un robot empatico e altamente tecnologico per aiutare i pazienti con disturbi del neurosviluppo e neurodegenerativi. Lui si chiama Abel ed è dotato di testa, busto con braccia, mani e 42 servomotori di nuova generazione. Ma soprattutto dispone di un sistema di percezione visivo-sociale che esegue il riconoscimento facciale e stima l’espressione emotiva del viso del suo interlocutore.

Abel somiglia a un ragazzo di 12 anni, sa parlare, ragionare e – dicono i suoi creatori – sa capire le emozioni degli esseri umani che ha davanti. Emotiva, la startup deep-tech milanese focalizzata nella misurazione dell’attenzione e del riconoscimento delle emozioni, accelerata e finanziata da LVenture Group, collabora con il Centro di Ricerca “Enrico Piaggio” dell’Università di Pisa per la ricerca su Abel, umanoide in grado di relazionarsi empaticamente con pazienti affetti disturbi del neurosviluppo e neurodegenerativi.

Utilizzando la tecnologia Emotion AI di Emotiva, Abel soddisfa due obiettivi di ricerca sulla comprensione umana: servire da specchio per implementare e testare le teorie della mente e del comportamento, ma anche indurre, elaborare e comprendere le emozioni durante un’interazione sociale uomo-robot.

I neuroni specchio – Si tratta di una classe di neuroni motori che si attiva involontariamente quando un individuo esegue un’azione finalizzata, ma anche quando osserva la medesima azione  compiuta da un altro soggetto. Sono stati osservati direttamente negli esseri umani, nei primati, e negli uccelli. Il nome deriva dal fatto che “rispecchiano” la stessa azione, eseguita da sè o da altri.

Scoperti tra gli anni Ottanta e Novanta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma, guidati da Giacomo Rizzolatti, i neuroni specchio e il cosiddetto “sistema specchio”sono stati chiamati in causa per spiegare funzioni cognitive complesse come l’acquisizione del linguaggio o l’empatia.

La storia e le origini di Abel – Nel caso del robot umanoide, tutto – spiegano dall’Università di Pisa – è nato dalle ricerche di Danilo De Rossi sui materiali e sistemi intelligenti naturali e artificiali svolte al Centro “E. Piaggio” dell’Università di Pisa negli anni Ottanta. De Rossi sognava che un robot potesse sostituirlo nelle riunioni noiose, una sorta di clone digitale che potesse esprimere emozioni appropriate in base agli stimoli ambientali. Da questa avveniristica visione, nel 2007 nacque il primo prototipo di Face (Facial Automation for Conveying Emotions), robot umanoide dalle sembianze femminili. “E’ stato in assoluto il primo studio di questo tipo – racconta la professoressa Arti Ahluwalia direttrice del Centro Piaggio – successivamente molti gruppi hanno iniziato a condurre ricerche simili”.

Sviluppato con la Fondazione Stella Maris e grazie al lavoro di Daniele Mazzei ora al dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa, Face è stato usato soprattutto in ambito medico, in particolare nella terapia dei bambini autistici. Ora però e invecchiato. Avendo ormai più di 10 anni, il silicone di cui è fatta la pelle ha perso la sua elasticità e i 42 motori usati per creare le diverse espressioni sono ormai a fine vita. Senza contare che la tecnologia dei motori e dei materiali superelastici che mimano la pelle hanno avuto degli sviluppi importanti negli ultimi anni.

“Prima di andare in pensione De Rossi ha dedicato molta energia e passione nello sviluppo di un nuovo robot – continua Ahluwalia – insieme a Gustav Hoegen, un artista di Londra, e avvalendosi di studi psicologici, ha progettato Abel: un nuovo robot androide con il viso di un adolescente, capace di suscitare emozioni ed empatia perché giovane, innocente, ma anche ambiguo, né maschio né femmina. A differenza dei robot precedenti, Abel è espressivo non solo nel viso ma anche nel corpo”.

Le applicazioni. Appena arrivato da Londra all’Università di Pisa, Abel è stato al centro di una serie di ricerche condotte da un team di scienziati da diversi dipartimenti e afferenti al Centro Piaggio: Arti Ahluwalia ed Enzo Pasquale Scilingo del Dipartimento dell’Ingegneria dell’Informazione, e Caterina Giannetti del Dipartimento di Economia e Management.

Terapie mediche. Sulla scia di Face, Abel servirà anche nella cura degli adolescenti con disturbi del comportamento e degli anziani affetti da demenza o Alzheimer. Ma rispetto al suo predecessore Abel segna un notevole upgrade tecnologico. “Vogliamo dotarlo di una rete di sensori contactless che permetteranno l’acquisizione di segnali fisiologici e biomeccanici dell’interlocutore in modo totalmente non invasivo – dice Enzo Pasquale Scilingo – questi segnali verranno elaborati da algoritmi avanzati di intelligenza artificiale che consentiranno ad Abel di attuare strategie di comportamento dinamico e adattativo rispetto allo stato psico-fisiologico e comportamentale dell’interlocutore. Abel così imparerà dalla propria esperienza arricchendo e perfezionando i suoi schemi comportamentali”.

Per i pazienti non più in grado di verbalizzare, con problemi di comprensione ed espressione delle emozioni (come, ad esempio, i disturbi comportamentali e disturbi dello spettro autistico), Abel abbatte le barriere della comunicazione attraverso un profondo coinvolgimento socio-emotivo. L’umanoide migliora continuamente le sue capacità empatiche e le interazioni bidirezionali, imparando a leggere ed estrarre le emozioni reagendo in modo appropriato, grazie al sistema di classificazione delle emozioni di Emotiva.

La collaborazione dell’ateneo di Pisa con Emotiva rafforza le capacità di Abel. Unisce infatti due eccellenze, una nell’ambito dell’Emotion AI e l’altra nella robotica.

Emotiva è infatti specializzata in computer vision applicata al riconoscimento e alla misurazione delle attivazioni muscolari facciali, che vengono correlate all’espressione dell’emozione. L’AI proprietaria ha raggiunto livelli di accuratezza “F1 Score” superiori del 60% rispetto al benchmark mondiale.

“Emotiva e il team di ricerca del Centro Enrico Piaggio – spiega Andrea Sempi di Emotiva – condividono una visione comune per migliorare l’interazione uomo-macchina costruendo uno strumento che ci aiuti a comprendere meglio i processi cognitivi ed emotivi umani”. Ma il progetto Abel va oltre il riconoscimento delle emozioni.

Abel può supportare una sfida sanitaria del XXI secolo in rapida crescita: la demenza, appunto. “Utilizzando la sua capacità di apprendere e mostrare empatia, Abel sarà uno strumento efficace per contribuire a migliorare l’assistenza ai malati di demenza, colmando le lacune comunicative e fornendo un’altra forma di sostegno ai caregiver e ai familiari”, afferma Lorenzo Cominelli, ricercatore post-dottorato presso il Centro di ricerca. La collaborazione tra Emotiva e il Centro di Ricerca rimarrà un impegno costante, con l’obiettivo di estendersi ad altre aree di ricerca sulla robotica sociale nel contesto medico, come i robot di servizio, i robot da compagnia e tutti i robot che – in un futuro che ormai si annuncia non più lontanissimo – ci aiuteranno nelle nostre attività quotidiane.

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