Intelligenza artificiale, ecco come il cervello individua i falsi

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“L’essenziale è invisibile agli occhi”, scriveva saggiamente Antoine de Saint-Exupéry nel suo splendido ‘Piccolo principe’, per raccontare in una sola frase quanto il sentimento possa superare la realtà oggettiva. Oggi, la scienza meno prosaicamente dice che gli occhi spesso ingannano, ma il cervello è ben più efficace nel cogliere qualcosa di essenziale nella nostra vita di ogni giorno, ovvero la capacità di discernere con la massima precisione un deepfake.

Insomma, a guidarci quando tentiamo di sapere se un nuovo amico social è in realtà un troll o comunque un profilo potenzialmente pericoloso o fraudolento, più che alla nostra percezione personale legata all’apparato visivo dovremmo affidarci alle competenze cerebrali.

Il motivo? Ce lo spiega una ricerca dell’Università di Sidney pubblicata su Vision Research e coordinata da Thomas Carlson. Basandosi sulle rilevazioni legate all’elettroencefalogramma, gli esperti australiani sono riusciti a comprendere come il cervello delle persone sia in grado di rilevare i visi falsi generati attraverso programmi di intelligenza artificiale in modo ben più efficace di quanto emerga dallo sguardo.

Sia chiaro: non si tratta di un metodo infallibile, altrimenti non avremo l’invasione di visi e video fake che giornalmente compaiono sui social media. Ma si tratta comunque di un’osservazione da non sottovalutare, in un’epoca in cui è facile cadere in vere e proprie “trappole” informatiche opportunamente preparate.

Stando allo studio, condotto proprio su quanto avviene in termini di segnali cerebrali, il cervello sarebbe capace di percepire oltre la metà dei visi e dei video ingannevoli, esattamente il 54%. Invece, la sola percezione oculare si fermerebbe più o meno a poco più di un terzo delle identificazioni di profili “tarocchi”, intorno al 37%.

Non possiamo insomma cantare vittoria nella sfida alle informazioni fasulle che, magari veicolate da volti affidabili, rischiano di influire sulle nostre idee e sulle nostre scelte. Ma forse, dando ascolto ‘ragionato’ al cervello, potremmo essere più efficaci nella gestione delle informazioni che ci giungono per discriminare meglio la loro veridicità.

Anche perché c’è un dato che fa riflettere. Se è vero che il cervello riesce a percepire anche quell’essenziale invisibile agli occhi (Saint-Exupéry ci scuserà per l’improprio parallelo tra letteratura e tecnologia informatica) è altrettanto innegabile, almeno a detta degli autori della ricerca, che gli attuali creatori di profili fake hanno ancora qualche falla da colmare.

E allora? Allora si annuncia una sorta di corsa, su due corsie diverse. Da una parte c’’è la scienza che deve arrivare a svelare come il cervello riesce ad avere una capacità discriminante di cui a volte nemmeno ci accorgiamo, dando frettolosamente ragione all’immagine e all’impatto che questa induce sulle nostre scelte. Dall’altra c’è la tecnologia che deve eliminare eventuali potenziali difetti che quando si crea un falso profilo o comunque un’immagine fasulla potrebbe risultare drammaticamente inefficace sotto l’aspetto della divulgazione.

Nel mezzo ci siamo noi. Ed è proprio a noi che si chiede di essere attenti, segnalando qualcosa che non ci funziona quando ci fermiamo su un video che ci appare stonato o sul profilo di un utente social che magari ci tenta per le sue idee ma potrebbe non essere reale.

Nel frattempo, le osservazioni dell’elettroencefalogramma e la forza del cervello umano vanno rispettati. Magari seguendo la traccia dello studio, che ha previsto due diversi esperimenti: uno comportamentale e uno con neuroimaging.

Nell’esperimento comportamentale, ai partecipanti sono state mostrate 50 immagini di volti falsi reali e generati dal computer. È stato chiesto loro di identificare quali fossero reali e quali falsi. Quindi, a un diverso gruppo di partecipanti sono state mostrate le stesse immagini mentre la loro attività cerebrale veniva registrata usando l’elettroencefalogramma, senza sapere che metà delle immagini erano false.

Confrontando i risultati dei due test, si è visto che i cervelli delle persone appaiono migliori nell’identificare i profili falsi rispetto agli occhi. Per fronteggiare chi progetta frodi, questa possibile difesa va studiata. E in futuro, forse, ci permetterà di essere più “attenti” quando incontriamo un profilo sospetto che veicola disinformazione.

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