Cellule umane ‘nello spazio’ per sviluppare nuove cure

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Un progetto di ricerca che unisce biologia, medicina, ingegneria aerospaziale e astronautica. Protagoniste le cellule umane, che lasceranno ‘virtualmente’ il glono (grazie a speciali apparecchiature) per permettere agli scienziati di indagari sugli effetti dell’assenza di gravità e del vuoto sul corpo umano.

Obiettivo, arrivare alla scoperta di nuove cure per le malattie dell’apparato muscolo scheletrico, dall’osterporosi alla sarcopenia. Ma anche formare giovani talenti, dotandoli di nuove competenze che potrebbero rivelarsi cruciali per il futuro dell’esplorazione spaziale.

L’affascinante progetto di ricerca è nato da un’intuizione di Wanda Lattanzi, associata di Biologia Applicata alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica (che lo coordina), e di Angelo Minotti, ingegnere astronautico e amministratore della startup Miprons Srl, impegnata nello sviluppo di un propulsore spaziale innovativo.

Si tratta di un progetto di dottorato industriale finanziato dalla Regione Lazio e dalla startup, che punta a costruire una competenza di alto livello in un settore ancora poco comune, come quello della biologia spaziale.

Ad aggiudicarsi la borsa di dottorato è stato il giovane biotecnologo Domiziano Dario Tosi, che sta già portando avanti i primi esperimenti sulle cellule presso i laboratori della Sezione di Biologia Applicata della Cattolica, coordinata dalla professoressa Ornella Parolini, nel Dipartimento di Scienze della Vita e di Sanità Pubblica della Facoltà di Medicina e chirurgia.

Domiziano Tosi al lavoro

Tosi sta anche acquisendo, presso la Miprons srl, le competenze necessarie sia per le analisi di fluidodinamica numerica sia per gli esperimenti in condizioni di vuoto e di micro-gravità, per indagare il comportamento cellulare in condizioni estreme, come quelle spaziali.

“Studieremo le cellule umane derivate dalle ossa – spiega Lattanzi – simulando, in sistemi in vitro basati su cellule umane coltivate in 3D, la microarchitettura dei tessuti corporei”. Il progetto consentirà lo sviluppo di nuovi strumenti e strategie per contrastare le alterazioni organiche cui vanno incontro gli astronauti nelle spedizioni spaziali.

La possibilità di studiare la biologia di cellule e tessuti in condizioni ambientali estreme simulate con metodologie e dispositivi tecnologici aerospaziali offre opportunità uniche per comprendere aspetti finora inesplorati della fisiopatologia dei tessuti umani.

“Lo spazio può essere infatti considerato come un acceleratore di processi fisiopatologici che si realizzano anche sulla terra e sono alla base dell’insorgenza di patologie umane”, aggiunge l’ingegner Minotti. “Quindi siamo confidenti – continua Lattanzi – che le conoscenze ottenute avranno ricadute dirette in campo medico, per malattie quali osteoporosi, sarcopenia, patologie da alterata meccanotrasduzione (ad esempio pazienti ‘allettati’ per patologie croniche), patologie degenerative, traumi con perdita di tessuto”.

“Lo spazio sta letteralmente vivendo una nuova era. Le agenzie di tutto il mondo stanno promuovendo ricerche finalizzate a realizzare una permanenza prolungata degli esseri umani in atmosfera non-terrestre, in preparazione delle prime missioni umane sulla Luna e quelle future su Marte. Molti dei limiti attuali sono rappresentati dagli effetti, in gran parte ancora ignoti, sulla biologia del corpo umano e come i suoi tessuti possano adattarsi alle nuove condizioni ambientali”, rileva Minotti.

“La ricerca biomedica di base e traslazionale riveste un ruolo sempre più importante nello sviluppo di ambienti artificiali in cui gli esploratori spaziali potranno trovare risposte alle loro esigenze vitali e operative, realizzando l’ambito di ricerca innovativo e di frontiera identificato nella ‘biologia spaziale’, aggiunge Lattanzi – Inoltre le conoscenze derivanti dagli studi di biologia spaziale possono essere traslate anche nello sviluppo di biotecnologie innovative per applicazioni cliniche in grado di fronteggiare le sfide della medicina moderna”.

Da sinistra Professori Ornella Parolini, Alessandro Arcovito, Wanda Lattanzi; Dottor Domiziano Tosi.

Il progetto Rigesta

Attraverso questo progetto si punta porre le basi per sviluppare nuovi farmaci biologici in grado di agire su bersagli molecolari per sostenere la capacità dei tessuti di rinnovarsi e rigenerarsi anche in condizioni di microgravità a cui sono sottoposti gli astronauti durante le missioni spaziali, o in condizioni di pressione ambientale diverse da quella terrestre, nell’ipotesi di missioni su altri pianeti.

Il progetto prevede una collaborazione con il professor Alessandro Arcovito, Associato di Biochimica alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, per svolgere simulazioni computazionali mirate ad identificare i potenziali bersagli molecolari su cui testare nuovi farmaci in grado di mitigare o annullare gli effetti nocivi dell’assenza di gravità. Ma, come sempre accade per le ricerche spaziali, i risultati potrebbero essere interessanti anche per la salute di chi resta sulla Terra.

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