Medicina di genere: a Salerno un ambulatorio per identità non binarie

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Si parla tanto di ‘medicina di precisione’ e ‘medicina personalizzata’. “E’ chiaro che non si possa applicare la stessa terapia a un giovane di 20 anni e un anziano di 90. Ma se una vera medicina di precisione non può prescindere dai soggetti ai quali viene somministrata, è giusto parlare anche di medicina di genere“. Fiorella Amelia Filippelli, ordinario di Farmacologia presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Salerno, responsabile dell’Uoc di Farmacologia Clinica presso l’AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno, ha un tono deciso. “Per far sì che oggi la medicina sia sempre più inclusiva ed equa” dice, “c’è bisogno di ripensare e poi ristrutturare un sistema socio-sanitario troppo spesso tormentato anche dallo stigma”. Ecco allora che all’Ospedale Ruggi d’Aragona è attivo un centro di riferimento e di prescrizione di farmaci per le persone transessuali, omosessuali e i loro familiari.

La conoscenza delle differenze di genere è fondamentale per una corretta prevenzione, una migliore diagnosi della malattia e per l’identificazione della terapia più appropriata per ciascuno. Numerosi studi hanno dimostrato come uomini e donne siano diversi dal punto di vista della sensibilità alle malattie e del mantenimento della salute. Le donne vivono più a lungo degli uomini (mediamente 84 contro 80 anni), ma si ammalano anche di più. Si prendono cura di figli e genitori e a volte trascurano se stesse.

“Focalizzandoci solo sulla componente genetica però, a rimanere trascurata è un’altra categoria di persone“, ha spiegato Filippelli a Fortune Italia. “E’ fondamentale che esista un ambulatorio di medicina di genere, perché si tratta di un luogo interdisciplinare in cui poter incontrare professionisti diversi, confrontarsi e prendere decisioni terapeutiche alla luce di una visione olistica del soggetto. Ma in un contesto attuale in cui lo stigma è ancora forte, un ambulatorio di medicina di genere vuole essere anche un punto di riferimento per tutti coloro che si riconoscono in un genere non binario e necessitano cure diverse”.

I transgender hanno bisogno di una particolare cura ormonale che non è scevra da effetti avversi, ha ricordato Filippelli. Possono condurre stili di vita che necessitano maggiori controlli (per quanto riguarda malattie infettive e sessualmente trasmissibili) e devono avere la possibilità di accedere alle vaccinazioni gratuite (si pensi al vaiolo delle scimmie).

Dal 1 ottobre 2020 l’Agenzia del farmaco prevede la prescrizione dei farmaci ormonali per i transessuali a carico dello Stato, a patto che la prescrizione venga fatta da un team multidisciplinare. In Italia ci sono altre realtà come il nostro ambulatorio, ma non così strutturate. Mancano tante figure a cui fare riferimento in un unico posto, e spesso i farmaci vengono prescritti da un endocrinologo. L’intera spesa, quindi, risulta alla fine a carico della persona“, ha detto la docente, che da qualche anno è anche responsabile del tavolo tecnico della regione Campania per la medicina di genere.

“Mi sono impegnata in questa missione che ha portato alla creazione dell’ambulatorio proprio per adempire a un compito e rispondere al mio ruolo. In Italia, il 13 giugno 2019, l’ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha approvato formalmente il Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere sul territorio nazionale, firmando il decreto attuativo relativo alla Legge 3/2018. Sebbene l’interesse per la medicina di genere si stia ormai diffondendo in tutto il mondo, con l’approvazione di questa legge l’Italia è stata il primo Paese in Europa a formalizzare l’inserimento del concetto di genere in medicina. Ma una vera organizzazione del sistema manca”, ha affermato ancora Filippelli.

Nell’avviamento delle attività del piano, Filippelli si è resa conto di quanto sia necessario fare ancora tanto nel campo nella formazione e dell’informazione. “Le donne non sono curate in maniera adeguata quando hanno malattie cardiovascolari ad esempio, perché si è sempre pensato che avendo una protezione ormonale estrogenica fossero meno esposte a rischi rispetto agli uomini. Anche quando una donna accusa un dolore viene spesso sottovalutata, dai medici ma anche da se stessa (non è un luogo comune il fatto che una donna con la febbre possa scalare una montagna e un uomo resti a letto). Per cui c’è un gap. Bisogna agire nel pratico, e non partendo dal basso, ma dagli estremi. Ho pensato che per riportare l’attenzione verso quello che dovrebbe essere il ‘normale’ avrei potuto partire da quelle differenze che risultano più evidenti“, ha detto.

Tuttavia, ha precisato la professoressa, non è possibile immaginare il cambiamento se non si attua anche una modifica di tipo socio-sanitario. “Le donne spesso non si curano abbastanza perché hanno una condizione meno favorevole anche sotto il profilo economico. Le persone transessuali e omosessuali perché non ricevono le coperture necessarie. Per me è stato molto importante fare questo passo perché riempie un vuoto che poi può diventare un esempio da seguire”.

“Mi aspetto che ci siano più ambulatori distribuiti su tutto il Paese. Bisogna cominciare dallo strutturare anche la modalità con cui un medico di medicina generale può chiedere una consulenza a questo ambulatorio, dobbiamo richiedere un codice, come quello di una qualsiasi altra visita medica. Parliamo tanto di servizio sanitario nazionale, di welfare, ma se escludiamo alcune categorie non siamo inclusivi. E’ giusto riconoscere la differenza. Ma lo è ancora di più fare in modo che la differenza diventi non un problema, ma un valore”, ha concluso Filippelli.

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