Cervello, questione di (dis)ordine

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Il nostro cervello, ahimè, cambia con il passare degli anni. Fra le altre cose, la ricerca ci dice che il cervello anziano è meno ‘ordinato’ di quello giovane, anche se non sempre. A ‘fotografare’ le differenze del cervello di anziani e giovani è una ricerca del laboratorio di Brain Connectivity dell’Irccs San Raffaele di Roma, pubblicata su ‘GeroScience’.

Studiare come il cervello cambia durante l’invecchiamento è fondamentale per identificare fasi precoci di condizioni patologiche e neurodegenerative, come ad esempio la demenza di Alzheimer.

Lo studio, condotto da Fabrizio Vecchio e Paolo Maria Rossini, ha avuto come principale obiettivo proprio lo studio dell’invecchiamento fisiologico, attraverso l’esplorazione di un parametro chiamato entropia, estratto dai segnali elettrici del cervello umano.

La tendenza al disordine

“Pensiamo all’organizzazione del cristallo, più ordinata, e a quella del gas, più dinamica. L’entropia – ha spiegato a Fortune Italia Rossini, direttore del Dipartimento Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’Irccs San Raffaele – consente di quantificare il livello di informazione, incertezza o ‘graduale tendenza al disordine’ in un segnale per definizione molto irregolare, rappresentando un indice quantitativo della casualità e del disordine del sistema dinamico cerebrale e un potente strumento per analizzare qualsiasi stato mentale”.

“Per spiegarsi meglio – ha detto Fabrizio Vecchio, responsabile del laboratorio – è utile immaginare l’immensa popolazione delle cellule nervose (circa 100 miliardi in un cervello umano adulto) come un sistema che, partendo da uno stato di base, può muoversi in varie direzioni in risposta a uno stimolo, o in presenza di condizioni di invecchiamento fisiologico o patologico. L’organizzazione del cervello devia infatti dal suo stato di base a un diverso stato che può dar luogo a un sistema meno complesso (attività neurale più regolare) o a uno più complesso (attività neurale più irregolare)”.

La ricerca

Nello studio, condotto nel laboratorio di Brain Connectivity, 161 volontari (72 giovani e 89 anziani) sono stati sottoposti a registrazione elettroencefalografica. L’entropia è stata calcolata sull’intero contenuto del tracciato Eeg, ma anche dopo averlo suddiviso nelle sue tipiche bande di oscillazione (delta, theta, alpha 1, alpha 2, beta 1, beta 2, gamma).

“I due gruppi di volontari hanno mostrato valori di entropia differenti, in particolare più alti negli anziani che nei giovani nell’intero contenuto in frequenza del segnale Eeg e nei ritmi lenti (delta, theta). Al contrario nei ritmi veloci (beta2 e gamma) – ha detto Rossini – il cervello giovane ha mostrato valori più alti e, quindi, un maggiore caos cerebrale. Questo cambiamento di entropia con l’avanzare dell’età può essere considerato un biomarcatore di invecchiamento cerebrale anche sul piano cognitivo”.

“Ecco, il fatto che l’attività elettrica del cervello anziano sia globalmente più caotica è un fatto positivo: questo vuol dire – ha spiegato lo scienziato – che il cervello si riorganizza usando le cosiddette sinapsi silenti, che entano in gioco quando serve”.

L’intelligenza artificiale

Non solo. I ricercatori hanno sviluppato un algoritmo di intelligenza artificiale in grado di classificare e distinguere automaticamente, a partire dai parametri di entropia, l’attività elettroencefalografica di un cervello giovane da uno anziano.

L’algoritmo di intelligenza artificiale mostra performance elevatissime in termini di accuratezza, sensibilità e specificità superando il 90% e sfiorando in alcuni casi il 95%.

L’entropia, quindi, si è dimostrata un indice altamente accurato per lo studio di cambiamenti della funzione cerebrale collegati all’età, aprendo la strada a studi futuri per l’identificazione precoce di patologie neurodegenerative tipiche dell’invecchiamento.

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