Primo trapianto di polmone da vivente, la storia da Bergamo

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Da un padre a un figlio. E’ una storia d’amore e di buona sanità quella che ci arriva da Bergamo, dove un bambino di 5 anni è il primo paziente in Italia sottoposto a trapianto di polmone da vivente, ieri all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Il donatore è il padre del piccolo, che dunque gli ha dato la vita due volte.

“Si tratta di un intervento di estrema complessità, eseguito in un centro che ha grande esperienza nel trapianto pediatrico e di polmone, e che dimostra ancora una volta il livello di eccellenza della trapiantologia italiana”, ha commentato il direttore del Centro nazionale trapianti Massimo Cardillo.

La storia

Il bambino, proveniente da un’altra regione, ha ricevuto l’organo dal padre, che già gli aveva donato il midollo per curare una malattia che lo affligge dalla nascita. “Si tratta di un caso molto raro, con pochissimi precedenti in Europa”, sottolineano dall’ospedale.

Il bambino è affetto da talassemia, o anemia mediterranea, patologia del sangue che aveva reso necessario un trapianto di midollo, effettuato in un altro ospedale italiano. La donazione del midollo dal padre ha però generato la cosiddetta malattia da trapianto contro l’ospite. Una grave complicanza che si osserva nei pazienti sottoposti a trapianto allogenico.

In pratica le cellule trapiantate provenienti dal donatore ‘attaccano’ gli organi e i tessuti del ricevente, che il nuovo sistema immunitario non riesce a riconoscere come propri. Una forma di rigetto che aveva causato al bambino un danno irreversibile alla funzionalità polmonare. Di qui la necessità di trapianto.

Padre e figlio restano ricoverati all’Ospedale di Bergamo e la loro prognosi è ancora riservata. I medici si dicono “fiduciosi sul decorso post operatorio”, anche perché in questo caso il rischio di rigetto, particolarmente elevato per il trapianto di polmone da cadavere, è molto basso quando il sistema immunitario ‘riconosce’ il nuovo organo come proprio.

È questo il motivo principale per cui, quando un ospedale da fuori regione ha chiesto la disponibilità del Papa Giovanni XXIII ad accettare il paziente pediatrico per un trapianto di polmone, i chirurghi di Bergamo hanno proposto alla famiglia la donazione da vivente.

Un doppio intervento

Il prelievo e trapianto ha richiesto l’impiego di due sale chirurgiche adiacenti, che hanno lavorato in parallelo. Tutta la procedura in sala operatoria è durata 11 ore. Mentre il donatore veniva sottoposto al prelievo del lobo polmonare, nella sala adiacente iniziava la fase di preparazione del ricevente.

L’intervento è stato guidato e coordinato da Michele Colledan, che ha anche effettuato il trapianto sul bambino. Il prelievo del lobo polmonare destro dal padre donatore è stato eseguito invece da Alessandro Lucianetti, direttore della Chirurgia generale 1 – addominale toracica. Le due équipe sono state assistite dalla Anestesia e Rianimazione e dallo staff tecnico ed infermieristico, per un totale di diverse decine di operatori coinvolti.

Ci piace in questi casi ricordare i nomi degli operatori coinvolti: per il prelievo con Alessandro Lucianetti hanno lavorato i chirurghi Domenico Pinelli e Paolo Pizzini, gli anestesisti Laura Petrò e Carlo Pirola, le strumentiste Chiara Gaspani e Francesca Rota, gli infermieri Sara CampanaAlessandra Limonta e Nora Bonadei e gli OSS Matteo Sala e Myriam Miglietta. In sala operatoria per il trapianto del bambino erano presenti, oltre a Michele Colledan, anche i chirurghi Michela Guizzetti e Francesco Cantore, gli anestesisti Manuela CadeiConsuelo Mario e Lorenzo Grazioli, gli strumentisti Irene Catteneo Andrea Battaglia, le infermiere Denise MagriClaudia Belotti e Paola Pinotti, la OSS Cristina Cantamessa e il coordinatore dei tecnici della perfusione Davide Ghitti con i colleghi Silvia Viscardi e Giulia Gritti.

L’equipe del primo trapianto di polmone da vivente/Foto Asst Papa Giovanni XXIII

Il Centro Nazionale Trapianti ha concesso un’autorizzazione speciale all’ospedale bergamasco per eseguire questo intervento.

Il parere dei medici

“L’estrema rarità di questi casi e i limiti tecnici del trapianto da vivente, nel caso del polmone non lo rendono un’opzione terapeutica di facile applicazione. Per questo, diversamente da quanto succede per altri organi, non viene abitualmente considerata un’opzione alla portata di tutti”, commenta Michele Colledan, direttore del Dipartimento di insufficienza d’organo e trapianti e dell’Unità di Chirurgia generale 3 – trapianti addominali dell’ASST Papa Giovanni XXIII.

I precedenti

La donazione di polmone da vivente è un’opzione finora eseguita solo in rari casi e in pochissimi Paesi del mondo, soprattutto in Giappone e nel Nord America a causa della sua applicazione estremamente complessa. I casi noti in Europa sono pochi. Un trapianto da vivente  risulta in Germania nel 2012. La banca dati EuroTransplant, che mette in rete alcuni Paesi dell’Europa centrale, registra due casi negli ultimi dieci anni. 

L’auspicio del Cnt

“Occorre ancora molta cautela – ha sottolineato Cardillo – in attesa che venga sciolta la prognosi del piccolo e del suo donatore, ma tutto sta andando come era nelle aspettative. L’utilizzo del lobo polmonare del papà del bambino, già donatore del midollo, costituisce un importante vantaggio immunologico: i precedenti in Europa sono rarissimi e sporadici e infatti, nonostante da 10 anni la legge italiana preveda la possibilità di donare in vita il lobo polmonare, per questo primo tentativo è servita un’autorizzazione specifica da parte del Cnt. In ogni caso, trovo altamente simbolico che a realizzarlo sia stato il Centro trapianti della città simbolo della lotta a Covid, un vero e proprio ‘trapianto di respiro’ dopo un lungo periodo di emergenza per il Servizio sanitario e per tutto il Paese”.

Infine dal direttore del Cnt un auspicio, “che la donazione di questo papà a suo figlio porti a un successo completo del trapianto e, pur nella sua eccezionalità, possa convincere ulteriormente i cittadini dell’importanza della donazione degli organi. In Italia ci sono molti pazienti in attesa ed il fabbisogno non è ancora del tutto soddisfatto”.

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