La mummia di Basilea e il cold case svelato dalla ricerca

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Sembra il titolo di un giallo. Ed in effetti, fino a oggi, un giallo lo è stato. La “signora della Barfüsserkirche” è una mummia risalente al XVIII secolo, così chiamata perché fu ritrovata nel 1975 durante i lavori di costruzione dell’omonima chiesa a Basilea, in Svizzera. Nel 2018 era stata identificata in Anna Catharina Bischoff, vedova del parroco. E precedentemente diversi indizi avevano suggerito che la donna fosse morta di sifilide. Ma i ricercatori di Eurac Research di Bolzano e del Museo di storia naturale di Basilea, quarant’otto anni dopo, hanno scoperto un’altra verità.

Nessuna traccia dell’agente patogeno della sifilide, che è il Treponema pallidum. Utilizzando un nuovo metodo, finora raramente applicato al Dna antico, per i ricercatori è stato possibile assemblare il genoma di un micobatterio non tubercolare ancora sconosciuto.

Nello specifico, il batterio che ha colpito Bischoff appartiene a un gruppo di micobatteri non tubercolari, che sono parte della famiglia di batteri che comprendono anche gli agenti che causano lebbra e tubercolosi. I micobatteri non tubercolari sono generalmente considerati batteri ambientali presenti nel suolo e nell’acqua. E sono raramente patogeni, anche se possono causare polmonite e altre infezioni in persone immunocompromesse.

In ogni caso, quel che è certo è che la morte della donna, avvenuta all’età di 68 anni, non ha a che fare con la sifilide. A incidere, piuttosto, spiegano i ricercatori nello studio pubblicato su ‘BMC Biology’, sarebbe stato il trattamento usato frequentemente contro infezioni come la sifilide nell’Europa dell’epoca: quello a base di vapori o unguenti di mercurio.

La concentrazione di mercurio nel cervello della donna è risultata infatti estremamente elevata. Questo, assieme ai cambiamenti nelle ossa del cranio, aveva rafforzato l’ipotesi iniziale che la signora Bischoff avesse un’infezione da sifilide. Molto probabilmente il mercurio avrebbe poi favorito anche il processo di mummificazione.

Insomma: quella che doveva rivelarsi una cura, si è trasformata alla fine in una condanna a morte. Ma il metodo di ricerca utilizzato, ossia il ‘de-novo assembly’, che mette insieme sequenze di basi come in un grande puzzle per formare un intero genoma prima di quel momento sconosciuto, “con la possibilità di scoprire nuovi e rari microrganismi anche in materiale genetico molto antico permette alla scienza di approfondire aspetti importanti dello sviluppo delle malattie infettive umane“, hanno sottolineato dall’Eurac Research.

Con la scoperta dell’agente patogeno, il quadro della vita e della morte di Anna Catharina Bischoff si è completato. Ma soprattutto è stato compiuto un grande passo in avanti verso la ricerca. In particolare quella sul microbioma. 

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