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Dolore cronico, ne soffrono 13 milioni di italiani

Adyen Articolo
Velasco25

C’è la frase di un famoso scrittore italoargentino, Antonio Porchia, che dice: “Ci sono dolori che hanno perduto la memoria e non ricordano perché sono dolori”. È la realtà di chi soffre di dolore cronico, una condizione che può insorgere senza un motivo evidente e influenzare profondamente la vita quotidiana. In Italia, sono 13 milioni le persone che soffrono di dolore cronico. I Centri per la terapia del dolore svolgono un ruolo cruciale nell’affrontare questo problema, cercando di capire l’origine del dolore e come porvi rimedio.

“Se dobbiamo definire cosa si intende per terapia del dolore, è la disciplina della medicina che si occupa della diagnosi e trattamento del paziente affetto da sintomatologia dolorosa acuta/cronica benigna/maligna”, spiega la dottoressa Milena Racagni, esperta in terapia del dolore, che tratterà il tema in occasione del 62esimo Congresso Nazionale della SNO (Scienze Neurologiche Ospedaliere), in programma a Firenze dal 27 al 30 settembre.

“ll dolore cronico è oggi una patologia a cui si riserva poca attenzione in ambito sanitario e sociale, benché ne soffrano circa 150 milioni di cittadini europei“, afferma Racagni. “La popolazione italiana presenta una prevalenza di dolore cronico del 21,7%, con una disparità tra le regioni sia per l’accesso alle cure sia come uso dei trattamenti. È fondamentale che il sintomo del dolore venga approcciato correttamente sia dal punto di vista della diagnosi che della terapia, in quanto premessa fondamentale per contenerne la cronicizzazione”.

I Centri per la terapia del dolore

Un dolore cronico è un dolore persistente, continuo o ricorrente che dura da più di tre mesi. L’obiettivo della terapia del dolore è quello di tenere a bada lo stimolo doloroso, cronico e spesso refrattario, al fine di migliorare la qualità della vita del paziente.

Negli ultimi anni si sono sviluppati diversi Centri specializzati per la terapia del dolore ai quali si accede tramite richiesta del medico di medicina generale o di altro specialista, con la dicitura ‘Prima visita terapia del dolore’. La terapia prevede un approccio multidimensionale e deve essere guidata dagli specialisti, evitando il ‘self-management’ che spesso porta a ritardi nella corretta diagnosi ed inficia sui risultati.

“È importante che i pazienti affetti da dolore cronico si affidino alle cure dei medici terapisti del dolore, che hanno a disposizione un’ampia gamma di farmaci come i FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei), neuro modulatori ed oppioidi. Questi ultimi giocano un ruolo importante nel trattamento del dolore severo sia oncologico che benigno”, precisa la dottoressa.

Tra i diversi specialisti, la collaborazione con uno psicologo clinico è fondamentale per affrontare l’impatto biopsicosociale del dolore. La possibilità di fare psicoeducazione e fare paragoni con altre terapie permette ai pazienti di cominciare a contemplare la possibilità che il dolore sia cronico, ma trattabile. E quindi che ci si possa convivere mantenendo una buona qualità di vita.

La ricerca e le nuove strategie terapeutiche

La ricerca scientifica, come ribadito anche dall’esperta, ha fatto finora grandi passi avanti e continua a progredire: comprendendo i meccanismi del dolore e sviluppando strategie terapeutiche.

“Sappiamo che all’interno dei tessuti ci sono dei recettori nervosi periferici che se stimolati ripetutamente da una noxa innescano meccanismi di tipo infiammatorio. Si tratta di ‘sensibilizzazione periferica’, che si manifesta clinicamente come iperalgesia, ovvero aumentata risposta agli stimoli dolorosi, e allodinia, sensazione dolorosa evocata da uno stimolo che in condizioni normali non provoca dolore”.

Milena Racagni (ASST Santi Paolo Carlo, Presidio San Carlo Milano; Terapia Intensiva Neurochirurgica, Terapia del Dolore)

L’applicazione di PRF (Radiofrequenze Pulsate) o PENS (Percutaneous Electrical Nerve Stimulation) determina un regresso del fenomeno patologico. “Durante la seduta di neuromodulazione viene utilizzata una sonda speciale ad ago, introdotta attraverso sistemi di neuroimaging radiologico a livello dei rami nervosi sensitivi interessati. Successivamente viene trasportata attraverso l’apice della sonda, una determinata quantità di energia, causando un blocco antalgico della branca sensitiva”, sottolinea Racagni.

Il significato di ‘cura’

Dal momento che anche la componente psicologica riveste un determinato ruolo nella percezione e nell’eventuale peggioramento del dolore cronico, in alcuni casi “la classica prescrizione terapeutica non basta”. E possono essere utili degli approcci basati su tecniche psicologiche comportamentali o cognitive.

“Il processo va ampliato cercando di creare empatia e collaborazione con le figure che ruotano attorno al paziente. All’interno del concetto di terapia del dolore, ‘curare’ acquista il suo significato più vero di ‘prendersi cura della persona’ nell’ambito di un’umanizzazione delle cure”, conclude l’esperta.

 

 

 

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