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La morte di Michela Murgia, in Italia 12.600 casi di tumore del rene nel 2022

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Nel suo ultimo libro, “Tre ciotole. Rituali per un anno di crisi”, aveva deciso di raccontare un male infame. La scrittrice Michela Murgia, consacrata al pubblico nel 2009 con il successo di “Accabadora”, romanzo vincitore – tra gli altri – del premio Campiello, è morta il 10 agosto a Roma.

Cinquantun’anni, era affetta da un carcinoma renale al quarto stadio con metastasi al cervello, alle ossa e ai polmoni. Nell’intervista rilasciata a maggio ad Aldo Cazzullo del Corriere della sera, con cui aveva reso noto di avere un tumore che le lasciava pochi mesi di vita, aveva detto: “Il cancro non è una cosa che ho; è una cosa che sono. Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo. Il cancro è uno dei prezzi che puoi pagare per essere speciale. Non lo chiamerei mai il maledetto o l’alieno”.

Michela Murgia sapeva che non ce l’avrebbe fatta. “È terribile, ma questo non deve farci dimenticare che ogni storia è a sé”, dice a Fortune Italia Elisabetta Iannelli, vicepresidente Aimac, associazione italiana malati di cancro, infondendo speranza a tutti coloro che oggi si ritrovano a combattere contro un tumore. “A volte, la paura può far vacillare questa speranza. Ma in campo oncologico sono stati fatti enormi passi in avanti. Sono sempre più numerosi i pazienti al quarto stadio che possono essere curati e vivono molti anni dopo la diagnosi”.

Tumore del rene, 12.600 casi in Italia nel 2022

Piccoli ma così importanti. I reni sono due organi poco più grandi di un pugno, eppure svolgono un ruolo vitale nel nostro corpo, agendo come un sistema di filtraggio indispensabile per la rimozione di sostanze di scarto e tossine.

In Italia, nel 2022 sono stati stimati 12.600 nuovi casi di tumore del rene (fonte Airtum, associazione italiana registri tumori), con un incidenza maggiore negli uomini (7.800 casi negli uomini e 4.800 nelle donne). In proporzione: 1 su 38 negli uomini e 1 su 89 nelle donne. La probabilità di sviluppare questo tumore cresce con l’aumentare dell’età e il picco massimo di insorgenza è intorno ai 70 anni.

Il principale fattore di rischio di sviluppo di un tumore del rene è il fumo di sigaretta. Ma anche l’obesità, l’ipertensione arteriosa e l’esposizione cronica ad alcuni metalli e sostanze particolari (come cadmio, fenacetina e trielina), sebbene gli studi in proposito siano oggi ancora controversi.

Esistono poi delle forme ereditarie e familiari molto rare, come ad esempio la sindrome di von Hippel-Lindau: una malattia genetica che può portare a cisti e ad alcuni tipi di tumore.

Aimac, l’importanza della prevenzione

Parlare di guarigione quando si ha a che fare coi tumori è difficile. Ma negli ultimi anni grazie a strategie sempre più innovative che coinvolgono chirurgia, terapie mirate e immunoterapia, le persone vive dopo la diagnosi di tumore del rene sono aumentate del 15%: erano circa 125mila nel 2018, sono diventate 144.400 nel 2022.

“Oltre il 50% dei pazienti diagnosticati in fase precoce guarisce”, ha spiegato a Fortune Italia Elisabetta Iannelli di Aimac. Se preso in stadio iniziale, la recidiva dopo le cure è poco frequente, inferiore al 10% nei primi 10 anni dalla diagnosi. Al contrario, quando viene diagnosticato tardivamente ed è già localmente avanzato o metastatico ha un andamento molto più aggressivo: la probabilità di avere una ripresa di malattia sale del 50% nei primi cinque anni.

Marina Ripa di Meana aveva un tumore al rene e ci ha convissuto per 16 anni. Aveva scoperto per caso un carcinoma renale in stadio iniziale e le fu asportato il rene malato”, ha ricordato Iannelli. “Questo testimonia quanto sia fondamentale la prevenzione. La ricerca va avanti ed è di assoluta importanza, ma tutti dobbiamo essere consapevoli di quanto incidano anche le nostre azioni, il modo in cui monitoriamo la nostra salute e il nostro stesso stile di vita. È dimostrato che l’attività fisica praticata con costanza è in grado di ridurre fino al 22% il rischio di sviluppare la malattia. Anche nei pazienti che hanno già ricevuto la diagnosi il movimento può migliorare del 15% i risultati dei trattamenti, riducendo ansia e depressione”.

“Michela Murgia è stata una grande donna”, ha continuato Iannelli. “Coraggiosa nel raccontare pubblicamente la sua malattia con i suoi modi, col suo carattere. Tuttavia, fin dal primo momento ci ha detto che non ce l’avrebbe fatta. Questo ha creato allarme e preoccupazione tra i malati che magari avevano avuto una diagnosi proprio in quel momento. Sì, il suo tumore era in stato avanzato. Ma ogni caso è a sé. Dipende dal tumore, da quando viene diagnosticato e da come il paziente risponde alle cure. Ognuno ha la sua storia”.

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