Viaggi in cerca di cure e autonomia, le ragioni di una scelta

Non confondiamo la salute delle persone con l’autonomia. Soprattutto non si può quantizzare economicamente la salute delle persone, che deve essere il primo obiettivo non solo dei medici e degli operatori sanitari ma dell’intera classe politica. L’obiettivo, dunque, deve essere quello di offrire le migliori opportunità di diagnosi e cura.

Quando la Fondazione Gimbe stima che le Regioni del Nord incassino 4,25 miliardi l’anno nel 2021 a discapito di quelle del Sud pensiamo a cosa c’è dietro a questa migrazione. Dietro questi spostamenti ci sono alcune motivazioni che vanno in molti casi condivise in altri rispettate. Premetto che anche nelle Regioni meridionali e insulari ci sono centri di eccellenza e di alta professionalità.

In alcuni casi gli spostamenti sono dovuti al fatto che ci sono persone che hanno parenti, soprattutto figli che lavorano al Nord (lo spopolamento del Sud da parte dei giovani è noto), pertanto un ricovero o una visita viene agevolata dal fatto di avere dei parenti vicino.

In secondo luogo oggi abbiamo una medicina sempre più specializzata, pertanto non ci si deve stupire se gli stessi medici curanti consigliano di spostarsi verso centri di eccellenza che non è scontato che siano tutti al Nord. Basti pensare che l’ospedale Bambino Gesù di Roma attrae molti pazienti e la cosa è giustificata visto l’alto livello di cure che offren il nosocomio.

Pertanto il primo motivo è dettato da un fatto umano e affettivo, il secondo dall’esigenza di trovare le cure e gli specialisti con maggiore esperienza. Due motivi che hanno la finalità di ottenere il miglior livello di cura, perciò non mi pare che siano da contestare o eliminare. Infine ci sono i veri e prori ‘viaggi della speranza’: di fronte a patologie croniche o complesse si fanno tentativi, sperando di ottenere dei risultati.

Anche in questo caso non banalizzerei troppo la cosa, perché talvolta questi viaggi non vengono fatti in modo acritico o tipo “pellegrinaggio a Lourdes”, ma sono dovuti a una scelta del medico curante o dell’Ospedale per valutare eventuali possibilità di cure applicazioni di protocolli diversi. Insomma queste motivazioni hanno una ricaduta sulla salute e sulla qualità della vita dei pazienti. Ecco perché da medico mi rifiuto di condividere una sorta di monetizzazione della salute, della vita e della cura.

Lo stesso vale a proposito del fatto che più del 50% della spesa sanitaria legata alla migrazione vada nelle casse dei privati. Anche in questo caso, l’interesse della salute è quello di garantire la diagnosi più precoce, più appropriata che sia possibile e le cure più efficaci.

L’interesse di tutti deve essere quello di promuovere la salute e di difendere la vita. Poi se ciò viene fatto in strutture pubbliche o nel privato è un fatto ininfluente. La salute e la vita non hanno prezzo.

*Italo Farnetani, ordinario di Pediatria dell’Università Ludes – United Campus of Malta

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