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Se in futuro il concierge sarà un avatar dotato di AI

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Velasco25 Articolo

Per chi è abituato a viaggiare, è una sorta di appuntamento fisso. Si va in un’altra città e si cerca il solito hotel, con il solito addetto che ti riconosce, ti saluta e ti invita a scegliere la camera. Sono tante le occasioni d’incontro con il “concierge”, che ormai ha superato la classica accezione dell’accoglienza in strutture di altissimo livello e diventa una persona che va oltre il servizio che offre, quasi come fosse una presenza rassicurante per chi viaggia o si trova in momenti complessi della propria esistenza. Provate a riavvolgere il nastro e pensate che questo custode in carne ed ossa diventi una sorta di avatar. O magari un robot.

O un sistema alimentato da software di AI capaci di gestire al meglio la situazione. Certo, stiamo parlando di futuro. Ma forse, anche dal punto di vista delle aziende e di chi comunque offre i servizi, ospedali compresi, potrebbe capitare che i servizi di portineria vengano affidati a sistemi di Intelligenza Artificiale. E allora? Allora, quale potrebbe essere l’interazione cliente-struttura?

A fari viaggiare in un mondo che ricorda quello di una fortunata serie cartoon di qualche anche fa (“I pronipoti”, con le avventure di una famiglia che viveva in una casa completamente automatizzata con viaggi altrettanto fantascientifici), è un’originale ricerca che prova a disegnare il futuro dell’accoglienza. E lo fa su una rivista di settore, Journal of Service Management.

Lo studio, condotto dagli esperti dell’Università statale dell’Ohio coordinati da Stephanie Liu, presenta un domani che appare ancora lontano, ma non certo a distanza siderale. Anche perché esistono già evidenze (seppur limitatissime) del potenziale aiuto che può offrire un assistente virtuale, ad esempio nelle residenze per la terza età.

E’ già stato progettato un concierge robotico, che potrebbe assistere le persone che vivono in comunità per anziani aiutandoli a effettuare il check-in oltre che a contribuire ad effettuare misurazioni specifiche sul rischio di cadute o altri eventi e a sostenere il personale scaricandolo da incombenze ripetitive e non mediche.

Ma quali fattezze potrebbe assumere questa sorta di “sostituto virtuale dell’umana capacità di relazione, del sorriso, del piacere di incontrarsi più volte? Ecco, su questo aspetto gli esperti americani rivelano soprattutto le valenze positive della virtualità di questo custode/portiere. E non solo sul fronte economico per chi gestisce le strutture.

Perché vicariare l’interazione umana con la macchina, per quanto evoluta ed antropomorfa, non appare semplice sul fronte psicologico e su quello etico, tralasciando ovviamente la fredda gestione di un servizio. Immaginare il futuro, quindi, è la sfida. Con l’AI a farla da padrona, anche per ottemperare ai bisogni di un’assistenza disponibile nell’intero arco delle 24 ore.

Così, prepariamoci a pensare ad un’assistenza intelligente, magari con volti diversi. Potrebbe trattarsi di un’interfaccia capace di dialogare con il cliente/utente, solamente con il testo, magari sfruttando opportunità già offerte da ChatGPT. O ancora, potrebbe presentarsi come un vero e proprio avatar, per mettere in contatto le emozioni e la vista andando oltre il supporto vocale. O magari un ologramma, proprio per trasferire un’immagine in 3D agli occhi dell’utenza. O un vero e proprio robot.

Solo il futuro dirà quale modello sarà vincente. Certo non sarà la stessa cosa. Perché il classico “buongiorno signore, come si è trovato da noi?” o “buonasera, ben arrivato”, saranno difficili da avvicinare. Grazie alla forza di un sorriso e di uno sguardo che ci accoglie.

 

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