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Come vincere la sfida della prevenzione: la ricetta di Francesco Vaia

Adyen Articolo
Velasco25

Parliamo di prevenzione oncologica, ma anche del fatto che il comportamento di ciascuno di noi può davvero fare la differenza. Parola di Francesco Vaia, che punta su “una comunicazione pop senza rinunciare al rigore scientifico”.

Dai laboratori di tutto il mondo arrivano risultati incoraggianti su nuove soluzioni per intercettare il tumore sempre prima e trattarlo in modo ‘chirurgico’. “Nonostante questi progressi della scienza, abbiamo avuto purtroppo in Italia ancora 395.000 nuove diagnosi nel 2023. Abbiamo quindi davanti una sfida per il nostro sistema sanitario: i tumori sono la seconda causa di morte nel Paese dopo le malattie cardiovascolari”, sottolinea Francesco Vaia, direttore della Prevenzione del ministero della Salute, annunciando novità importanti sul fronte degli screening, anche grazie alle tecnologie.

Direttore Vaia, a che punto è l’Italia sul fronte della lotta ai tumori?
L’Italia si conferma un Paese assolutamente all’avanguardia. Grazie alle straordinarie performance scientifiche degli ultimi decenni abbiamo ottenuto eccellenti risultati nel trattamento di alcuni tumori prima ritenuti incurabili, con lo sviluppo di terapie sempre più personalizzate, in linea con l’approccio della ‘medicina di precisione’. Anche la prevenzione e la diagnosi precoce possono oggi servirsi di fondamentali acquisizioni scientifiche, come quelle nel campo della genomica, che hanno rivoluzionato il mondo oncologico. L’Italia inoltre si è dotata di un Piano oncologico nazionale che ribadisce la centralità del malato e della prevenzione.

Un aspetto fondamentale è, appunto, quello della prevenzione: cosa ci dice la scienza e quali sono i comportamenti da evitare?
I dati diffusi recentemente dall’Aiom parlano chiaro: il 40% dei nuovi casi di tumore è prevenibile attraverso stili di vita salutari. Questo significa, tra l’altro, adottare una dieta sana, fare attività fisica, evitare dipendenze. Ma è importante che ci sia perfetta armonia tra le azioni individuali e quelle di sistema. Un esempio per tutti: oggi 6 scuole su 10 sono prive di palestra. Bisogna fare di più per incentivare l’attività fisica nelle scuole e nei luoghi di lavoro, dove ormai trascorriamo gran parte del nostro tempo. Tra gli stili di vita salutari va annoverato anche l’allattamento al seno: si stima che per le madri il rischio di tumore al seno si abbassi del 4% per ogni anno di allattamento. Un’attenzione particolare va prestata, poi, alle malattie oncologiche provocate da agenti infettivi come l’HPV. In questo caso abbiamo a disposizione un’arma fondamentale: il vaccino. Ed è sempre utile ribadire che non solo le ragazze, ma anche i ragazzi possono giovarsene.

Grazie alla ricerca molte neoplasie sono diventate curabili, ma la diagnosi precoce si scontra con il tema degli screening: come si comportano gli italiani?
Gli italiani sono consapevoli dell’importanza degli screening. Dopo i difficili anni della pandemia, abbiamo ora recuperato i ritardi accumulati e, dagli ultimi dati disponibili, si evince un ritorno ai numeri pre-Covid. Dobbiamo ovviamente fare di più, e stiamo lavorando in questa direzione. In particolare, stiamo elaborando proposte per estendere le fasce di età nelle quali sono offerti gratuitamente gli esami di screening, nel rispetto dell’appropriatezza. Un’altra opzione è quella di superare strumenti obsoleti, come la lettera inviata a casa delle persone, ricorrendo a nuove tecnologie, come la moderna messaggistica attraverso gli smartphone.

La scaramanzia ha un peso nel tenere i cittadini lontano dai controlli?
È possibile che un certo fatalismo allontani qualcuno dal fare prevenzione, magari nell’errata convinzione che una diagnosi precoce possa significare convivere più a lungo con la patologia. Ma quello che bisogna combattere sono la paura che possa accadere qualcosa di irreparabile e lo stigma della malattia grave, ovvero ‘il male incurabile’. Bisogna far percepire in maniera chiara alle persone che scoprire in tempo utile un tumore significa, quasi sempre e per tantissime patologie, la certezza della guarigione e soprattutto la non necessità di terapie invasive.

Quali sono le sue indicazioni?
In questo tempo di -ismi, non possiamo rispondere con l’inevitabilismo, ma dobbiamo rendere centrale per davvero la prevenzione, unico strumento efficace per guardare oltre il ‘cupio dissolvi’ che si respira. Occorre però cambiare il paradigma culturale e comunicativo: fare prevenzione significa, anzitutto, prendersi cura di sé, a partire dagli stili di vita salutari che oggi comprendono, al pari del mangiar bene e dello svolgere attività fisica, anche gli screening e le immunizzazioni. Vorrei sottolineare il ruolo decisivo delle donne, che possono e devono essere protagoniste della propria salute e che hanno dimostrato grande sensibilità verso gli screening oncologici. Si tratta di un segnale esemplare, da diffondere per quel cambiamento di cui tutta la società ha bisogno, che ci porterà dalla ‘società del medicamento’, alla società della prevenzione e della tutela della salute.
Le vicende di Kate Middleton e di Re Carlo hanno suscitato in Gran Bretagna una sorta di corsa agli screening, questo fenomeno ha contagiato il nostro Paese?
Sicuramente l’impatto mediatico è stato grande anche in Italia. Io stesso ne sono stato favorevolmente colpito. Anche se non siamo ancora in possesso di dati certi circa l’aumento dell’accesso agli screening in Italia a seguito degli annunci della casa reale, un segnale concreto della maggiore sensibilizzazione lo si può evincere dall’aumento della domanda di informazioni che possiamo rilevare dai motori di ricerca relativamente alla parola ‘cancro’.

I social possono diventare uno strumento utile per diffondere la cultura della prevenzione?
I social, se ben utilizzati, sono uno strumento formidabile. Soprattutto, ma non solo, per le nuove generazioni. È compito delle Istituzioni lavorare a una prevenzione di prossimità, utilizzando un linguaggio semplice e chiaro, accessibile a tutti e che sappia spiegare con onestà i reali benefici. Una comunicazione pop, che non rinunci al rigore scientifico.

In un’ottica di prevenzione, quali suggerimenti concreti possiamo dare agli italiani?
Mi piace rilanciare un mio vecchio convincimento, secondo il quale se voglio bene a me stesso contribuisco al bene collettivo. Anche il Presidente Mattarella ha più volte sottolineato come sia necessario tenere in equilibrio la tutela dell’individuo in una cornice di tutela della salute collettiva. Volersi bene significa davvero cominciare a fare prevenzione da se stessi. Sto pensando al ‘calendario della salute’: appuntare tutto ciò che richiama gli stili salutari, le pratiche di immunizzazione, l’accesso agli screening, in definitiva la concretizzazione dei principi di prevenzione in una visione che ci accompagni idealmente per tutto il corso della nostra vita.

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