La fermentazione è la più antica pratica di produzione alimentare con microrganismi nella storia umana. Quella del latte, ad esempio, risalirebbe al 6.000-4.000 a.C. in India, mentre le popolazioni mediterranee producevano e consumavano formaggio già dal 7.000 a.C.
Nonostante la lunga storia, si sa però ancora poco sulle origini dell’uso di microrganismi ‘chiave’ per far fermentare gli alimenti. Ebbene, di recente, un gruppo di scienziati cinesi ha effettuato il primo studio metagenomico al mondo su esemplari di kefir dell’Età del bronzo, scoperti nel cimitero di Xiaohe.
Archeologia degli alimenti fermentati
Si tratta dei resti caseari più antichi conosciuti fino ad oggi. Un potente strumento per comprendere l’evoluzione delle interazioni microbiche e la storia di questo alimento facilmente digeribile, in grado di promuovere la salute dell’intestino. Come ricordano gli esperti di Humanits, infatti, il kefir aiuta ad alleviare i sintomi intestinali, favorisce la motilità dell’intestino, riduce la flatulenza e può aiutare la salute della flora intestinale, l’ormai noto microbiota.
In questo studio, gli scienziati hanno estratto genomi di alta qualità di Lactobacillus kefiranofaciens (L. kefiranofaciens) da tre antichi campioni di formaggio rinvenuti nel cimitero di Xiaohe nello Xinjiang, risalenti a circa 3.500 anni fa. Le scoperte del gruppo sono descritte online su Cell e fanno luce sull’origine di questa tecnica. “Abbiamo lavorato a questo progetto per oltre 11 anni”, ha affermato Fu Qiaomei, direttore del Molecular Paleontology Laboratory presso l’Institute of Vertebrate Paleontology and Paleoanthropology (IVPP) dell’Accademia cinese delle scienze.
“Questo è uno studio senza precedenti, che ci consente di osservare come un batterio si è evoluto negli ultimi 3.000 anni. Inoltre, esaminando i prodotti caseari, abbiamo ottenuto un quadro più chiaro della vita umana antica”, afferma Fu. “Questo è solo l’inizio: con questa tecnologia speriamo di esplorare altri artefatti precedentemente sconosciuti”.

Storia del kefir tra le antiche popolazioni dello Xinjiang
Il campione di kefir ritrovato nel cimitero di Xiaohe è il prodotto caseario più antico mai trovato. Era già stato identificato tramite la paleoproteomica come formaggio kefir, prodotto a base di latte fermentato realizzato utilizzando granuli di kefir, che contengono microbi fermentativi.
Ora lo studio conferma che il formaggio è stato prodotto utilizzando batteri dell’acido lattico e lieviti. I ricercatori hanno anche scoperto che il latte utilizzato per produrre il formaggio proveniva da un tipo di capre ampiamente presente in Eurasia nel periodo post-neolitico, distinto dalle capre domestiche contemporanee dell’Asia orientale interna. Questa scoperta suggerisce che gli antichi popoli del Tarim Basim probabilmente hanno appreso le tecniche di produzione del kefir dalle popolazioni della steppa eurasiatica.
Preziosi batteri
La diffusione della tecnologia di fermentazione dei latticini ha accompagnato in gran parte la migrazione e l’interazione umana. Questo studio però ci dice di più: i ricercatori hanno scoperto che il L. kefiranofaciens utilizzato nella fermentazione comprendeva due cladi. Il primo era costituito principalmente da ceppi provenienti dall’Europa (l’area occupata dalla moderna Germania) e dalle aree costiere e dalle isole dell’Asia (l’attuale Guangdong, l’isola di Taiwan, Giappone e Singapore). L’altro clade era costituito principalmente da ceppi distribuiti nell’entroterra dell’Asia orientale (incluso il Tibet).
Gli antichi ceppi ricostruiti suggeriscono un’ulteriore rotta di diffusione della tecnologia di produzione del kefir dallo Xinjiang all’entroterra dell’Asia orientale attraverso degli scambi. “È emozionante vedere quante informazioni si possono recuperare da questi formaggi”, ha affermato Yang Yimin dell’Università dell’Accademia cinese delle scienze. “I residui organici aprono una finestra sui comportamenti e la cultura umana del passato, andati perduti nel corso della storia”.
Questo studio ha anche scoperto che l‘uso prolungato da parte dell’uomo ha influenzato anche l’evoluzione del batterio: rispetto al L. kefiranofaciens dell’età del bronzo, i ceppi moderni hanno caratteristiche associate all’attenuazione della risposta infiammatoria intestinale. Insomma, non solo oggi il L. kefiranofaciens sopravvive meglio nell’intestino umano, ma promuove anche la funzione intestinale.
“L’interazione uomo-microbo è sempre affascinante”, ha affermato Liu Yichen, professore associato presso l’IVPP Molecular Paleontology Laboratory. “I microbi fermentativi hanno svolto un ruolo così importante nella vita quotidiana degli antichi esseri umani, che hanno utilizzato questi microbi per migliaia di anni, senza conoscerne l’esistenza per la maggior parte del tempo”.