Da bambino voleva fare il medico, poi però gli studi economici e quasi trent’anni di esperienza in sanità hanno portato Massimiliano Bindi a diventare Amministratore delegato di Abbott Italia e Regional Director South East Europe di Abbott Diabetes Care. Parliamo di una multinazionale globale da 114mila dipendenti votata all’innovazione nella salute, che festeggia i 75 anni di presenza in Italia con una missione ambiziosa: “Aiutare le persone a vivere appieno”, come spiega il manager a Fortune Italia.
Se una delle sfide maggiori dei prossimi anni è legata all’invecchiamento della popolazione, questo è ancor più vero in uno dei Paesi più longevi al mondo. Per coniugare sostenibilità e salute Bindi pensa che sia “importante creare un sistema in cui veramente si faccia rete con tutti gli stakeholder, dalla politica, ai clinici, ai pazienti: noi – dice – ci mettiamo a disposizione, nel rispetto dei ruoli e delle responsabilità, convinti che se tutti gli attori si muovono in maniera coesa, una sfida come questa si può vincere”.

Abbott Italia compie 75 anni: può raccontarci come è iniziato tutto?
L’azienda nasce negli Stati Uniti, in Illinois, più di 135 anni fa ad opera di un medico e farmacista americano, Wallace C. Abbott. Negli anni successivi un medico italoamericano, Gaspare Villa, primario di un importante centro pediatrico a New York, intuisce che il reperimento dei farmaci in Italia nel dopoguerra era piuttosto complesso, quindi torna in Italia nel 1946 e nel ’49, in accordo con la casa madre, fonda l’affiliata in Italia. Abbott Italia nasce nel 1949 a Roma e un viaggio lunghissimo ci ha portati ad essere una multinazionale che in Italia conta più di 800 dipendenti ed è attiva in tantissime aree terapeutiche. Un’avventura incredibile, nata dall’intuizione di un italoamericano.

Oggi qual è l’impegno di Abbott in Italia?
L’azienda è presente in più di 160 Paesi e l’anno scorso ha sviluppato un fatturato di 40 miliardi di dollari. Quindi è un colosso, ma è anche un’azienda molto diversificata perché lavora su tantissime categorie di prodotti, aree terapeutiche e soluzioni diverse: dall’area nutrizionale, dove abbiamo prodotti per la malnutrizione, la sarcopenia e la gestione dei pazienti oncologici, all’area diagnostica dove abbiamo tantissime soluzioni che consentono ai medici, tramite esami diagnostici e di laboratorio, scelte documentate. Poi c’è la grande area dei medical device e quella del diabete, davvero molto importanti per noi.
Parliamo di un’azienda nota per le sue tecnologie innovative: può farci un paio di esempi delle novità più interessanti?
Abbott fa dell’innovazione tecnologica il suo mantra. Cito un paio di esempi: in area cardiovascolare abbiamo introdotto sul mercato il primo pacemaker bicamerale senza fili che consente una gestibilità del device molto maggiore. Fra l’altro questo dispositivo è dieci volte più piccolo di quelli sul mercato, quindi possiamo dire che è unico e ne siamo molto orgogliosi. Nel diabete, inoltre, dieci anni fa abbiamo introdotto un sensore che misura la glicemia, utilizzato finora da più di 6 milioni di persone nel mondo. Un prodotto divenuto di massa e che, fra l’altro, ha ottenuto il Prix Galien, che è un po’ come il Nobel per i dispositivi medici.
Quali sono i vostri valori e quanto sono importanti per il successo aziendale?
La nostra ambizione è quella di lasciare il segno nell’innovazione e, grazie alle nostre soluzioni tecnologiche, migliorare la qualità di vita delle persone e consentire loro di vivere appieno. ‘Life to the fullest’ è il nostro slogan e mette in luce l’impegno per una vita in salute ma soprattutto per la qualità della vita delle persone. Questo per i nostri colleghi è molto motivante, perchè sentono moltissimo quella che è una vera e propria missione. E proprio il continuo sviluppo di prodotti e tecnologie ci consente di mantenere la rotta.
Cosa vi aspettate nei prossimi 75 anni? E quali sono le sfide maggiori per la sanità in Italia e in Europa?
La vera sfida, molto ambiziosa, è legata all’invecchiamento. Cito qualche dato: si stima che nel 2040 in Europa ci saranno 155 milioni di persone over 65 L’invecchiamento della popolazione porta con sé tutta una serie di patologie, dai problemi cardiovascolari, al disordine metabolico, alle malattie legate all’età. L’invecchiamento è quindi una sfida incredibile. Pensiamo poi al diabete: si stima che nel 2045 in Europa ci sarà una persona su dieci con diabete, numeri da pandemia. Questa è una sfida molto importante e la nostra ambizione è quella di essere in grado di fornire soluzioni tecnologiche sostenibili, che vadano nella direzione di poter gestire questa sfida. È importante creare un sistema in cui si faccia rete con tutti gli stakeholder, dalla politica, ai clinici, ai pazienti: noi ci mettiamo a disposizione, nel rispetto dei ruoli e delle responsabilità, convinti che, se tutti gli attori si muovono in maniera coesa, una sfida come questa si può vincere.
Abbiamo guardato al futuro, ora le chiedo di tornare al passato: da bambino che cosa avrebbe voluto fare da grande?
Le dico la verità: sarei bugiardo se dicessi volevo fare l’amministratore delegato (sorride, ndr). Da bambino io volevo fare il medico, avevo questa ambizione, questo sogno nel cassetto. Poi con gli anni ho capito che non era la mia strada, ho fatto degli studi economici e mi sono trovato da oltre trent’anni in un’azienda che lavora nel settore della salute. Ripensandoci, forse non è stato un caso: il nostro impegno è quello di aiutare le persone a vivere appieno.
Che cosa consiglierebbe a un giovane che sta pensando a come indirizzare la propria carriera? Gli suggerirebbe il settore della salute?
Lo suggerirei sicuramente. Ho un figlio di 22 anni che sta valutando il percorso post-laurea e, pensando alle prospettive per i giovani, dico che è importante avere dei fondamentali molto forti per presentarsi sul mercato del lavoro con strumenti che rendano competitivi, anche perché questo consente di individuare quello che è il lavoro migliore per noi stessi. La vera ambizione per me è alzarsi la mattina andare a lavorare volentieri.
