Forse lo avrete sentito nei giorni scorsi: per quanto riguarda le competenze digitali, le ragazzine di terza media superano i compagni maschi. Gli esiti italiani dell’Indagine Iea Icils (svolta nel 2023) fanno ben sperare. Ma il gender gap è ancora notevole quando parliamo di competenze digitali fra gli adulti.
Solo il 43% delle donne italiane possiede quelle di base, contro una media europea del 52%. Ma se passiamo all’intelligenza artificiale, va ancora peggio. Eppure l’AI sta già plasmando il presente e il futuro. A evidenziarlo nero su bianco è il volume “Donne Controcorrente in AI e Innovazione” del giornalista Claudio Barnini e della professoressa Elita Carmela Schillaci dell’Università di Catania, che esplora il complesso rapporto tra donne, AI e innovazione tecnologica.
Inserito nella collana “Donne Controcorrente”, in formato ebook gratuito su Amazon Kindle, il volume offre una panoramica approfondita sul ruolo delle donne nell’era dell’AI, evidenziando il divario di genere esistente nel settore e le potenziali conseguenze per il futuro di tutti noi.
Idee vaghe
Dall’ultimo Rapporto Italia dell’Eurispes veniamo a conoscenza del fatto che solo un italiano su tre ha una vaga idea di che cosa sia l’AI (33,9%) e una quota simile afferma di non saperne nulla (31,9%). “Fra i più informati, prevalgono quanti affermano di saperne abbastanza (25%), ma solo un italiano su dieci si dichiara molto informato sull’argomento (9,2%)”, sottolinea nella prefazione Gian Maria Fara, presidente Eurispes nella prefazione.
La voce delle protagonisti
“La mancata conoscenza è un elemento su cui intervenire. L’AI è una novità deflagrante che deve essere compresa nei suoi limiti, rischi potenzialità. Questo libro lo fa grazie alle voci delle autorevoli protagoniste: docenti universitarie, manager, ex ministre. Parlare di AI e innovazione – sottolinea Schillaci, autrice e delegata Diversity & Inclusion di Sima (Società Italiana di Management) – potrebbe sembrare una contraddizione. Se nei Paesi in via di sviluppo il digital gender gap si manifesta come mancato accesso alle tecnologie digitali, nelle economie avanzate si traduce in scarsa presenza femminile nelle carriere e nell’imprenditorialità digitali”.
Schillaci sottolinea il rischio che l’AI riproduca stereotipi, diseguaglianze e bias. Perpetuandoli e rafforzandoli. E questo perchè l’intelligenza artificiale apprende dai dati che le forniamo, nutrendosi in particolare di quelli provenienti da Internet, dove gli stereotipi di genere sono ancora presenti.
“Le donne sono sotto rappresentate nei ruoli decisionali nell’ambito dell’AI, sia nella ricerca che nell’industria – evidenzia Barnini – con una presenza di un misero 10%. Inoltre da una recente analisi del Bureau Veritas Italia e del Comitato pari opportunità dell’Università di Genova è emerso come la quantità di donne professioniste dell’Ict sia ferma al 16% da 10 anni”.
I tre scenari
“Sul tema generale del lavoro, penso si stiano delineando tre scenari”, ha illustrato la professoressa Paola Pisano, ex ministro dell’Innovazione. Il primo è uno scenario di sostituzione. L’AI sostituirà alcune funzioni, alcuni compiti che svolgiamo attualmente. Il secondo uno scenario di potenziamento: chi ha difficoltà con una particolare abilità ora può ottenere ‘superpoteri grazie all’AI’ e riuscire meglio. L’ultimo scenario potrebbe essere uno scenario di trasformazione: grazie all’AI nasceranno “nuove regole e nuovi compiti da svolgere e quindi nuove opportunità per tutti noi”.
Tre scenari che mettono in luce, ancora una volta, l’importanza della voce femminile in questo campo. Con tutti i rischi di un’eventuale assenza delle donne. Anche se le più giovani – almeno stando agli ultimi dati Iea (International Association for the Evaluation of Educational Achievement) – sembrano ben equipaggiate per cambiare le cose.