Buone notizie per gli italiani con maculpatia. Prende il via anche nel nostro Paese la sperimentazione della nuova terapia genica destinata a contrastare la forma umida. A guidarla sarà Stanislao Rizzo, direttore del Dipartimento di Oculistica del Policlinico Gemelli e ordinario di Oculistica presso l’Università Cattolica di Roma. Se ne è parlato al Congresso Internazionale FLORetina ICOOR 2024, in corso a Firenze fino all’8 dicembre.
Come funziona
La procedura utilizza un vettore virale per indurre il genoma delle cellule retiniche a produrre sostanze anti-VEGF che bloccano la crescita incontrollata dei vasi sanguigni, alla base della maculopatia umida. Oltre a stabilizzare la vista, il metodo potrebbe ridurre in modo significativo la necessità di iniezioni intravitreali, diminuendo il rischio di infezioni intraoculari. Lo stesso obiettivo si sta perseguendo con farmaci già disponibili a lunga durata d’azione e con impianti intraoculari ricaricabili.
Il lavoro su ABBV-RGX-314 vede l’Italia seconda in Europa, dopo la Francia, all’interno di uno studio clinico di fase 3 già avviato negli Stati Uniti.
La maculopatia in Italia
La degenerazione maculare legata all’età “attualmente interessa oltre un milione di italiani e impedisce una visione distinta e chiara degli oggetti e dei colori. La maculopatia è una patologia che compromette in maniera significativa la qualità della vita dei pazienti ed è molto diffusa: riguarda il 2% degli italiani e aumenta con il crescere dell’età”, stima lo stesso Rizzo, ricordando come rappresenti la causa più frequente di ipovisione e disabilità visiva dopo i 50 anni nel mondo occidentale.
Esistono due forme: quella secca, la più comune che rappresenta l’85% di tutte le forme, e determina una perdita lenta della visione centrale, e quella umida o essudativa, con sintomi che generalmente compaiono all’improvviso e peggiorano rapidamente. Quest’ultima “è causata dalla formazione di nuovi vasi sanguigni anomali negli strati interni o al di sotto della retina, che possono perdere sangue o liquidi, provocando la cicatrizzazione della macula e un danno irreversibile ai fotorecettori”, dice Rizzo.
La terapia della forma umida si avvale da qualche anno degli anti-VEGF, diretti contro un fattore di crescita che facilita la proliferazione dei nuovi vasi nella regione maculare, in grado di ridurre il rischio di perdita della vista centrale. “Tuttavia questi farmaci devono essere iniettati in maniera continuativa, in genere una volta al mese, anche per tutta la vita, con notevole impegno di tempo e risorse da parte del paziente e dei caregiver. Da qui la necessità di trovare terapie innovative come quella genica, soprattutto per ridurre il numero di iniezioni per questi pazienti”, aggiunge lo specialista del Gemelli.
La terapia a vettore virale
La nuova terapia genica sfrutta un vettore virale che porta nelle cellule un gene con le istruzioni per la produzione di specifiche proteine. “Dopo una sola iniezione del farmaco nello spazio sottoretinico, che avviene in sala operatoria con anestesia locale, l’occhio in sostanza inizia a produrre autonomamente le proteine che gli servono per contrastare la proliferazione dei vasi sanguigni, agendo come quegli stessi farmaci che iniettano le sostanze dall’esterno”, precisa Rizzo.
A che punto siamo
Al momento la sperimentazione “è promettente, ma è ai primi passi. Bisognerà aspettare i risultati nel tempo per capire se ciò si tradurrà nella possibilità di una visione stabile nel lungo termine, senza lo sforzo anche logistico ed emotivo di iniezioni intravitreali continue”, conclude Rizzo.