Se è diventato davvero difficile fingere di non vedere il cambiamento climatico, l’impatto di questo fenomeno sulla salute umana è forse ancora sottostimato. Prendiamo, ad esempio, le malattie tropicali: una sfida complessa e stratificata, radicata in un intreccio di povertà, disuguaglianze sociali e condizioni ambientali. Ora un nuovo studio firmato da Francesco Branda e Massimo Ciccozzi (Università Campus Bio-Medico), insieme a Fabio Scarpa (Università di Sassari) e colleghi, pubblicato su ‘Viruses’, offre l’occasione per una riflessione sul legame tra queste malattie, i contesti socioeconomici e, appunto, il cambiamento climatico. Evidenziando, ancora una volta, l’importanza di ragionare in un’ottica One Health.
La rilevanza del tema è tale che lo studio italiano è stato citato nell’ultimo numero di gennaio 2025 di ‘The Lancet Planetary Health‘, confermando l’urgenza di affrontare queste patologie in un’ottica interdisciplinare.
Gli autori, che i lettori di Fortune Italia conoscono bene, questa volta evidenziano come il cambiamento climatico stia emergendo come un fattore cruciale nella diffusione e nell’intensificazione delle malattie tropicali. Un aspetto che, sottolineano, “ci costringe a riconsiderare le radici di queste malattie, troppo spesso relegate a ‘problemi dei poveri’”.
Il riscaldamento globale, con il suo impatto su temperature, precipitazioni ed eventi estremi, sta ridefinendo le mappe della vulnerabilità: le zanzare vettori di malattie come la filariosi linfatica o il virus Zika raggiungono altitudini mai toccate prima, mentre inondazioni e siccità compromettono l’accesso a condizioni igieniche adeguate, alimentando un circolo vizioso di malattia e povertà.
La ricetta
Il paper non è solo una diagnosi delle sfide con le quali stiamo già facendo i conti. Branda, Ciccozzi e colleghi invitano a “ripensare le strategie di intervento” attraverso un approccio multisettoriale. Questo significa affrontare non solo i sintomi, ma anche le cause strutturali: potenziamento delle infrastrutture sanitarie, promozione dell’educazione, miglioramento delle condizioni socioeconomiche e adattamento delle politiche sanitarie alle sfide imposte dai cambiamenti climatici.
Il lavoro mette a nudo una verità difficile da ignorare: le malattie tropicali non sono problemi isolati, ma uno specchio. Riflettono infatti le disuguaglianze globali e le fragilità di un sistema incapace di garantire equità e resilienza. Anche gli interventi più promettenti, come i programmi di somministrazione di massa dei farmaci, rischiano di fallire senza un investimento sostenibile nelle comunità e un impegno globale di lungo termine.
La pubblicazione su ‘The Lancet Planetary Health’ aggiunge un’ulteriore prospettiva: le malattie tropicali non sono più solo questioni locali, ma indicatori globali dello stato di salute del pianeta e delle sue comunità più vulnerabili. Per gli autori, “ignorare queste malattie significa accettare che milioni di vite restino intrappolate in un ciclo di sofferenza evitabile”.
Insomma, in un mondo globalizzato il legame tra salute umana, giustizia sociale e ambiente diventa imprescindibile. Come afferma Branda “non possiamo più trattare le malattie neglette come un problema remoto o limitato a determinati Paesi. Sono una lente attraverso cui leggere le profonde disparità globali e il nostro fallimento nel costruire un futuro equo. Affrontarle significa rispondere a una chiamata etica e collettiva, un impegno verso la sostenibilità umana e planetaria“. Perchè possiamo sognare le stelle, ma non abbiamo un pianeta di riserva.