Il giorno dopo la stangata che potrebbe aver cambiato per sempre i rapporti economici tra Stati Uniti e resto del mondo, c’è chi – almeno per il momento – tira un cauto sospiro di sollievo. Alcune merci non saranno infatti soggette ai “dazi reciproci” annunciati da Donald Trump in quello che ha ribattezzato il “giorno della liberazione”.
È il caso dei prodotti farmaceutici, che insieme agli articoli in rame, ai semiconduttori e al legname, figurano al punto tre di una scheda informativa pubblicata dalla Casa Bianca dopo l’annuncio del 2 aprile.
Le merci escluse (per ora) dai dazi
Tra i prodotti sui quali non si applicano i nuovi dazi, che per l’Europa saranno del 20%:
1) articoli soggetti a 50 USC 1702(b);
2) articoli in acciaio/alluminio e auto/parti di auto già soggetti alle tariffe della Sezione 232;
3) articoli in rame, prodotti farmaceutici, semiconduttori e legname;
4) tutti gli articoli che potrebbero essere soggetti a future tariffe della Sezione 232;
5) lingotti;
6) energia e altri minerali specifici che non sono disponibili negli Stati Uniti.
Le reazioni
“I dazi sui prodotti farmaceutici danneggerebbero sia l’industria statunitense che quella europea, ma soprattutto danneggerebbero i pazienti: l’esenzione per questi prodotti era stata concordata dalle economie avanzate aderenti all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) proprio per garantire il massimo accesso alle cure essenziali a livello planetario. Se l’esenzione fosse confermata sarebbe una bella notizia, perché confermerebbe un principio e un valore etico condiviso da decenni dai Paesi del mondo avanzato”, commenta a caldo Stefano Collatina, presidente di Egualia (associazione italiana delle aziende produttrici di farmaci equivalenti, biosimilari e Value Added Medicines).
“Il reale impatto delle misure per i comparto farmaceutico – puntualizza però Collatina – potrà essere valutato appieno solo nei prossimi giorni”.
La precisazione
L’Ordine esecutivo sui dazi pubblicato subito dopo l’annuncio dalla Casa Bianca ha un Allegato II che elenca prodotti – anche farmaceutici – che “non saranno soggetti alle aliquote di dazio ad valorem ai sensi del presente ordine”, anche se si legge che “le descrizioni dei prodotti contenute nell’Allegato sono fornite solo a scopo informativo e non intendono in alcun modo delimitare l’ambito dell’azione” del provvedimento.
La peculiarità di equivalenti e biosimilari
Collatina ricorda poi le peculiarità di equivalenti e biosimilari, caratterizzati da un mercato altamente competitivo, con volumi elevati e margini molto bassi. “Negli Usa i generici rappresentano circa il 90% dei farmaci distribuiti e il valore complessivo delle vendite è diminuito di 6,4 miliardi di dollari in cinque anni, nonostante una crescita in volumi. In una situazione del genere, l’introduzione di dazi sui medicinali e sui princìpi attivi in ingresso negli Stati Uniti va ad incidere su una catena di fornitura già stressata e può tramutarsi in un boomerang”.
La complessità di un settore chiave
C’è da dire poi che gli Usa importano 70% dei princìpi attivi in volumi (15% da Cina, 25% da Ue e 30% da India) “e per circa 700 molecole di larghissimo utilizzo per le malattie croniche l’Europa (e l’Italia è tra i principali attori europei) è l’unico fornitore, il resto proviene da India e Cina”, ricorda ancora il presidente di Egualia.
Dunque se non si confermasse l’esenzione per i prodotti farmaceutici, gli eventuali dazi rischiano di lasciare gli Stati Uniti scoperti, altro che Golden Age.
Una questione ribadita anche nelle scorse ore anche da Marcello Cattani, presidente di Farmindustria: “È il momento di negoziare – ha detto ieri a Roma – ma possiamo farlo da una posizione di forza. Abbiamo scambi industriali di farmaci e vaccini con gli Usa per 11 mld nel 2024: ci sono medicinali che vanno e vengono dall’Atlantico durante le varie fasi di produzione. Il nostro interesse è che non ci siano dazi e controdazi. Ma la reazione deve essere politica, dell’Italia e dell’Europa”.
Tutti i rischi della guerra dei dazi
Oggi poi Cattani, intervenendo a 24 Mattino su Radio 24 ha ribadito il suo pensiero: “Non bisogna reagire con contro-dazi perché vi sono, nell’ambito del ciclo produttivo dei farmaci made in Italy (siamo il primo paese in Europa e di fatto al mondo) diversi passaggi che spostano farmaci, semilavorati, ingredienti attivi da una sponda all’altra dell’Atlantico nell’ambito del processo. Crediamo che parallelamente si debba insistere con l’espansione su altri mercati, ma gli Usa restano un Paese alleato e fondamentale del Patto Atlantico con cui dialogare, negoziare e preservare un concetto di sicurezza globale”.
Insomma, il pharma del Made in Italy tira un cauto sospiro di sollievo, aspetta e punta sul dialogo. Ben sapendo – come segnalano da Egualia – che riportare le produzioni in America (come ha chiaramente dichiarato il presidente Trump) nel caso dei farmaci richiede molti anni e non sempre è praticabile.
Il pharma è un settore complesso, con implicazioni importanti per la salute e la sicurezza degli Stati, e le produzioni di eccellenza non si improvvisano dall’oggi al domani. La politica dei balzelli rischia, dunque, di rivelarsi un boomerang.