Piccoli giudici dallo sguardo attento al comportamento altrui. Lo sapevate? Mai sottovalutare i bambini: la morale c’è anche nei più piccoli, ed è potente. Ma prende forme diverse a seconda della cultura. Soprattutto, entra in gioco anche se il ‘colpevole’ è un robot. A dircelo è un interessante studio dell’Università Cattolica, campus di Milano, frutto di una collaborazione internazionale con colleghi nipponici e britannici.
I crimini più gravi
Per un bimbo della scuola dell’infanzia rubare o non condividere è sempre sbagliato, sia che a farlo sia un coetaneo, sia una macchina. Non avete letto male: i bambini di questa età attribuiscono emozioni negative anche ai robot, come se fossero capaci di sentire.
La ricerca ha coinvolto bambini italiani e giapponesi per capire come e quando si formano i primi giudizi morali, ma anche quanto conti il fatto che il protagonista della trasgressione sia un umano o un robot, come si legge su ‘Behaviour & Information Technology’.
A coordinare il lavoro è Antonella Marchetti, direttrice del Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano e del CERITOM (Centro di Ricerca sulla Teoria della Mente e le competenze sociali nel ciclo di vita), che ha lavorato in collaborazione con studiosi di Kyoto, Osaka, Warwick e con i colleghi Davide Massaro, Cinzia Di Dio, Federico Manzi e Giulia Peretti della Cattolica.
Il test e i bambini giudici
La prova consisteva nel far vedere ai piccoli un personaggio – a volte un coetaneo, altre un robot – che prendeva un oggetto altrui o si rifiutava di condividere un gioco. Poi i ricercatori hanno chiesto: “È giusto o sbagliato?” E: “Secondo te, come si sente chi ha fatto questa cosa? E tu, se fossi stato tu al suo posto, come ti sentiresti?”.
Risultato? “I bambini non fanno quasi alcuna differenza tra esseri umani e robot quando si tratta di giudicare un’azione morale. Per loro – dice Marchetti – rubare è sbagliato, non condividere è sempre sbagliato. Il giudizio non cambia se a farlo è una persona o un robot”. Ma se i bambini italiani formulano giudizi morali più severi, i giapponesi tendono ad attribuire più emozioni negative ai trasgressori. E questo in particolare nei casi in cui non si condivide.
Insomma, per i baby connazionali è quasi come se la colpa fosse legata più alla regola infranta che al sentire interno. In Giappone, dove il valore della condivisione e dell’armonia sociale è insegnato molto, ad essere stigmatizzata maggiormente è la mancata condivisione.
La trappola dell’AI
Stando a una precedente ricerca, condotta da una giovane studiosa dell’Università di Cambridge – Nomisha Kurian – i bambini sono particolarmente inclini a trattare i chatbot come confidenti quasi umani. Ma le loro interazioni con la tecnologia possono finire male, se l’AI non rispetta i bisogni e le vulnerabilità dei più piccoli.
Lo studio collegava questo gap a episodi in cui le interazioni con l’AI hanno portato a situazioni potenzialmente pericolose per i giovanissimi utenti. È il caso di un incidente avvenuto nel 2021, quando l’assistente vocale di Amazon, Alexa, ha incaricato un bambino di 10 anni di toccare una presa elettrica sotto tensione con una moneta. L’anno scorso, invece, My AI di Snapchat ha dato ad alcuni ricercatori adulti che si fingevano una 13enne consigli su come perdere la verginità con un 31enne.
Entrambe le società hanno reagito implementando misure di sicurezza, ma secondo il lavoro pubblicato su ‘Learning, Media and Technology’, occorre intervenire per far sì che l’intelligenza artificiale sia davvero sicura per i bambini.
Nei panni del trasgressore
Ma torniamo alla ricerca italiana: quando ai bambini viene chiesto di mettersi nei panni del ‘cattivo’, le differenze culturali tra italiani e giapponesi si attenuano. Tutti iniziano a provare disagio, senso di colpa, empatia. Ma anche qui, i bambini giapponesi sembrano sentire tutto più intensamente. Per loro, insomma, anche un robot può diventare qualcuno verso cui provare empatia o colpa.
“Questa ricerca ci invita a guardare i bambini con occhi nuovi: non come piccoli adulti, ma come giudici morali già attivi, con una bussola interiore”, dice Marchetti. In un’epoca di innovazione, AI e robotica sempre più avanzata, anche le reazioni dei piccoli umani rispetto agli androidi sono da considerare: un paradosso che potrebbe avere un peso, con il moltiplicarsi di robot dal volto umano.