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Liste d’attesa: strappo fra Regioni e Governo, cosa succederà

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Adyen Articolo
Velasco25
Alla fine lo strappo sulle liste d’attesa fra Regioni e Governo c’è stato. Che il clima non fosse dei migliori si percepiva da giorni, ma in ballo c’è ben più del pacchetto di misure per sanare uno dei mali della sanità italiana: le liste d’attesa troppo lunge. Il nodo è legato infatti ai poteri sostitutivi che permetterebbero allo Stato di intervenire in caso di gravi inadempienze regionali. Erodendo l’autonomia delle Regioni.
Così ieri i due litiganti, ministero della Salute e Regioni (anche quelle guidate da esponenti del Centro-Destra), non hanno raggiunto l’accordo. E adesso? Per tentare una mediazione c’è una ‘finestra’ di 30 giorni. Ma il ministero guidato da Schillaci sembra intenzionato ad andare avanti. E questo pur “esprimendo rammarico” per lo strappo.
Intanto i medici prendono carta e penna e scrivono a Orazio Schillaci, chiedendo un tavolo ad hoc. Nella lettera il segretario nazionale di Anaao Assomed Pierino Di Silverio denuncia come, “nonostante l’impegno, le liste di attesa non si riducono, bensì aumentano, come del resto avevamo previsto”. Ma vediamo meglio cosa sta succedendo.

La posizione delle Regioni sul decreto liste d’attesa

“Noi lottiamo per la nostra autonomia e per avere, come Regioni, la possibilità di scegliere e fare il nostro lavoro. Fatta questa affermazione di principio, però, credo sia anche doveroso sottolineare che, se non abbiamo il coraggio di vedere la situazione della sanità in Italia, affrontandone i nodi reali al di là delle polemiche politiche, questa non cambierà mai”.
A illustrare la posizione delle Regioni è il presidente della Lombardia Attilio Fontana a ‘La Repubblica’, convinto che “attaccare la nostra autonomia non è la soluzione”. Insomma, le Regioni temono una sorta di commissariamento legato, appunto, ai poteri sostitutivi. Per questo respingo il pacchetto al mittente, e non escludono azioni legali.

E quella del ministero

La decisione di negare l’intesa in Conferenza Stato-Regioni sul decreto attuativo relativo ai poteri sostitutivi sulle liste d’attesa non mette fine alla questione. Oltretutto “la norma, in origine già contestata dalle Regioni, era stata modificata in sede di approvazione del decreto legge”, puntualizza il ministero.
E il decreto contestato “è stato trasmesso alle Regioni il 6 novembre scorso: in questi cinque mesi c’è stata una interlocuzione costante e le Regioni hanno trasmesso al ministero osservazioni che sono state recepite con leale spirito di confronto e collaborazione”, rivendicano da Lungotevere Ripa. Nella visione del ministro, i tanto contestati poteri sostitutivi “rappresentano una soluzione estrema in caso di gravi inadempienze, fermo restando l’auspicio di tutti che a prevalere siano le buone pratiche. Diverse Regioni come Liguria, Basilicata, Lombardia, Lazio, Piemonte, Marche, Veneto, Toscana, che attuano la legge in vigore, stanno ottenendo risultati positivi. Ciò non significa che non esistano ancora sacche di inefficienza, ma il più delle volte vengono effettuati i controlli soltanto dopo l’intervento dei Nas o delle troupe televisive”, sottolinea il ministero.
Insomma, i poteri sostitutivi “sono una garanzia in più a tutela del diritto alla salute dei cittadini, non un’ingerenza nelle competenze delle Regioni. Negare a priori questa possibilità rischia di apparire più come volontà di sottrarsi a qualsiasi forma di controllo che di difendere l’autonomia regionale”. Insomma, Schillaci tiene duro e va avanti.

Intanto i medici chiedono di fare di più contro le liste d’attesa

Tra i due litiganti, si inseriscono i medici di Anaao Assomed. “I maggiori sforzi che Regioni e Aziende stanno chiedendo ai professionisti, che non vedono rispettati neppure i diritti elementari stabiliti dal contratto di lavoro, nei rari casi in cui viene applicato, dimostrano ‘disprezzo’ nei confronti della categoria. Che quotidianamente deve fare i conti con la carenza di organici e con le carenze organizzative”, scrive Di Silverio.Il decreto non basta. “Occorrono altre misure urgenti, che vanno concordate con gli operatori. Non si può pensare di risolvere un’emergenza sanitaria di questa portata con imposizioni o a costo zero. Né tanto meno serve demonizzare l’attività intramuraria, parcellare e residuale”. Cosa chiedono i medici? L’obiettivo, non da oggi, è “un tavolo insieme a Regioni e parti sociali per trovare una soluzione condivisa e realmente utile, una strategia sinergica per il bene dei professionisti e dei cittadini”, chiosa Di Silverio.

Mentre la spesa sanitaria…

E, magari, più fondi per la sanità. Nel frattempo il documento di finanza pubblica 2025 prevede timidi segnali di crescita, ma il rapporto con il Pil resta  al 6,4% sino al 2028, come rileva un’analisi di Fondazione Gimbe.

“Si intravede una lieve crescita della spesa sanitaria, ma – precisa il numero uno di Gimbe, Nino Cartabellotta – si tratta di stime previsionali che non modificano la sostanza: la quota di ricchezza nazionale destinata alla sanità, già insufficiente, resta invariata nei prossimi anni, confermando il cronico sottofinanziamento del Servizio Sanitario Nazionale”.

Insomma, mentre chi deve prenotare una visita o un esame tocca con mano la situazione, la sensazione è che, sulle liste d’attesa, siamo solo all’inizio.

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