Smettiamo di funzionare bene quando c’è un disequilibrio da qualche parte. Parola della coach di Marcell Jacobs Nicoletta Romanazzi, che illustra la sua ricetta per arrivare al successo, nello sport e non solo.
È la gioia straripante di Marcell Jacobs ad accogliere il navigatore del web che atterra sulla pagina di Nicoletta Romanazzi, celebre mental coach. E c’è un motivo. Jacobs è un po’ il suo biglietto da visita: è lei infatti che lo ha portato a centrare i suoi obiettivi olimpici a Tokyo. La sua ricetta? Far pace con le emozioni, non ‘camminare’ solo con la mente chiudendo a chiave il cuore, evitare che i disequilibri emotivi ci sbilancino verso la negatività e utilizzare invece le emozioni positive come leva per arrivare al successo. Nicoletta, con il suo sorriso accogliente e rassicurante, è la mental coach di tanti campioni, con quelli in ‘incognito’ decisamente più numerosi di quelli ‘in chiaro’ (tra questi ultimi Gianluigi Donnarumma, Mattia Perin, Davide Zappacosta, Matias Vecino, il campione di karate Luigi Busà; ma anche Andrea Mari, fantino del Palio di Siena e il violinista Lorenzo Gentili Tedeschi).
Chi è il mental coach
Chi è esattamente il mental coach, una figura che sta diventando decisamente di moda, grazie anche al grande hype scatenato dalle performance di Fedez all’ultimo Festival di Sanremo?
“Il mental coach – spiega Romanazzi – è un vero e proprio allenatore mentale, che aiuta le persone a scoprire e raggiungere i propri obiettivi e a superare eventuali ostacoli e difficoltà. Fa emergere il potenziale delle persone perché possano usarlo nel miglior modo possibile, gestendo stati d’animo ed emozioni. Aiuta le persone ad entrare nel miglior stato di concentrazione e le porta a far pace con le loro parti più fragili e le loro paure. Facciamo emergere le potenzialità di una persona e le portiamo a una concretezza, a compimento. Una delle cose più importanti del coaching è che rende indipendenti. Noi spieghiamo alle persone qual è il funzionamento della mente, quali sono i meccanismi mentali che ci fanno muovere in un determinato modo. Già comprendere questo permette di imparare a gestire determinate situazioni”.
L’errore, un ‘professore’ di vita
Molto importante nel coaching è la gestione dell’errore e del fallimento, di fronte ai quali molto spesso le persone si bloccano, non riuscendo ad andare oltre.
“In questo caso – spiega l’esperta – si fa comprendere quanto in realtà l’errore sia un alleato, anziché un ostacolo. Negli atleti, lavoriamo anche sulla gestione degli infortuni, insegniamo come non sentire troppo la pesantezza della pressione esterna, del giudizio altrui che può portare anche a non provare più piacere per quello che si fa, rendendo tutto molto pesante. Assai importante è anche riuscire a vincere la paura e a gestire il successo”.
Attenzione al critico interiore
Un altro grande classico degli interventi del coach è il controllo dell’ansia da prestazione e della tempesta emotiva che si scatena, di fronte a sfide più o meno importanti, come una gara, una riunione, un esame o altro.
“In questo caso – spiega Romanazzi – bisogna prima capire da dove nasce l’ansia. Di solito, quando si alza di fronte a una prestazione da fare, è perché una nostra parte interna, che chiamiamo il ‘critico interiore’, comincia ad attaccarci, perché ha paura di un possibile insuccesso e quindi di deludere delle persone. Ma a volte esagera e ci fa sentire inadeguati. Il primo esercizio che insegno è di prendere le distanze dal critico interiore, vederlo fuori di noi e lasciarlo a casa, o nello spogliatoio, o nell’anticamera della sala riunioni per non portarcelo dietro durante la performance. Le donne poi hanno un critico interiore sviluppatissimo”.
Potere del respiro
E sempre per la gestione dell’ansia prestazionale è importante capire come funzioniamo: perché ci attiviamo con il batticuore, l’aumento della sudorazione, la respirazione sempre più frequente e superficiale, ecc.
“Un tempo se dovevo affrontare un nemico, una belva feroce, il mio corpo doveva essere pronto all’attacco e alla fuga. Il cuore deve dunque pompare più sangue in circolo e i muscoli si riscaldano per essere pronti ad agire. Si tratta di una serie di reazioni che rendono il corpo pronto ad affrontare i pericoli. Che però non sono più quelli di un tempo. Oggi il pericolo col quale confrontarsi è ad esempio parlare davanti al pubblico, senza ricevere un giudizio negativo. Ma le nostre reazioni sono le stesse dell’uomo preistorico davanti alla belva feroce. Questa scarica ormonale ci rende pronti, quindi in assoluto non è una cosa negativa. Ma non vogliamo che succeda troppo tempo prima, altrimenti ci stanca. Tra le tecniche che utilizzo molto sia per calmare che per attivare, ci sono gli esercizi con il respiro”.
Quello che ci danneggia
“Quello che paga sempre è l’equilibrio. Smettiamo di funzionare bene quando c’è un disequilibrio da qualche parte. A volte non ci rendiamo conto che alcune nostre parti, che sono magari bellissime, se portate all’eccesso, diventano disfunzionali. Ad esempio, essere gentili è una cosa bella, ma quando quella parte è spinta all’eccesso, escludo dalla mia vita tutte le parti aggressive e un po’ più prepotenti. Che però, se riportate in piccole dosi, mi danno la possibilità di fare cose che altrimenti non riuscirei a fare. Se devo essere solo e sempre gentile, avrò difficoltà in un conflitto, a dire di no, a mettere dei paletti, a far valere la mia posizione. Tutte cose che nella vita di una persona sono essenziali. E se sono ‘squilibrata’ verso l’ipergentilezza, quando proverò a mettere un paletto o a dire no, mi sentirò in colpa”.
L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia dell’aprile 2025 (numero 3, anno 8)