È importante che la burocrazia italiana non intralci l’utilizzo di risorse essenziali per combattere l’antibiotico resistenza.
Nel 2024 in Italia è stato istituito un fondo di 100 milioni di euro per gli antibiotici innovativi, intervenendo contro i superbug – i batteri resistenti ai farmaci – che colpiscono molti pazienti italiani e causano oggi 30-40mila morti ogni anno, dentro e fuori dagli ospedali del nostro Paese.
Un passo è stato fatto: ora è importante che questi soldi vengano spesi e che le lungaggini burocratiche del sistema italico non intralcino l’utilizzo di risorse essenziali per combattere una sfida urgente come quella dell’antibiotico resistenza. È già accaduto in passato e si deve evitare che riaccada ancora.
Nell’ambito degli investimenti in Sanità ci vorrebbe infatti una Bassanini del 2025 per la sburocratizzazione degli acquisti. Il nostro Paese deve fare un grandissimo sforzo perché al momento il sistema pubblico non riesce ad essere competitivo con il privato e con l’estero, tanto che stiamo affrontando i problemi di salute dei nostri cittadini con le stesse regole che avevamo quando non c’erano i computer: per questo, la semplificazione delle procedure di investimento sulle nuove tecnologie è fondamentale.
A questo proposito, come sistema Italia, dovremmo cercare di porci con un atteggiamento orientato a un’idea di complementarietà – e non di chiusura – rispetto all’intelligenza artificiale e al ‘machine learning’.
Dagli esami radiologici ai sistemi di diagnosi, fino all’estrazione dei dati, l’AI – se governata da professionisti esperti – può essere uno strumento straordinario e aiutarci anche ad affrontare la carenza di personale sanitario. E poi c’è il tema della collaborazione tra pubblico e privato. Dobbiamo uscire dalla visione ideologica, tipica del nostro Paese, di un privato interessato solo al profitto contro un pubblico che invece sta dalla parte della gente. Al contrario, la ricerca condotta in partnership tra università e aziende andrebbe incentivata perché non può che fare il bene del paziente.
Ma c’è anche un’altra cosa di cui il nostro sistema ha estremo bisogno per essere competitivo: capire quali siano le sue reali necessità a livello specialistico. Al momento sappiamo di aver esigenza di un certo numero di medici – ce lo dice la conferenza Stato-Regioni – ma non nello specifico di quali. Molti posti delle nostre scuole di specializzazione purtroppo non sono stati coperti, quando in realtà specialità come la Geriatria (con una popolazione che continua a invecchiare), le Malattie infettive o la Medicina d’urgenza, sono essenziali.
Manca una programmazione seria a livello delle scuole di specializzazione e il rischio è quello di svegliarci troppo tardi, pensando magari di aver formato un certo numero di specialisti ma avendone in realtà a disposizione molti di meno. Ampliando ulteriormente la prospettiva, al nostro Sistema Sanitario Nazionale servirebbe una riforma epocale che innanzitutto individui fonti alternative di finanziamento – magari guardando anche all’esempio di sistemi misti come quelli di Francia, Germania e Spagna – in modo da rendere la rete delle cure più funzionale e, soprattutto, più sostenibile.
Matteo Bassetti è Direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova.
L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia del maggio 2025 (numero 4, anno 8)