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Istat: se in Italia stanno scomparendo i giovani

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Velasco25 Articolo
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Siamo sempre meno, ma a mancare ormai in Italia sono soprattutto bambini e ragazzi. A certificarlo è il rapporto annuale dell’Istat, che calcola in 58 milioni 934mila unità la popolazione residente al 1 gennaio 2025: -0,6 per mille rispetto all’anno precendente. Un calo “ormai strutturale”, dicono dall’Istituto di statistica, legato al fatto che da anni il numero di decessi (651mila nel 2024) è superiore a quello delle nascite (370mila).

Ma a peggiorare le cose contribuisce anche la ‘fuga dei cervelli‘:  insomma, a mancare ormai sono i giovani. Anche perchè in 10 anni sono stati 97mila quelli che hanno scelto di andarsene. E moltissimi non sono tornati.

Gli ultimi dati Istat: l’Italia senza bambini (e giovani)

Fecondità al minimo storico

Non è la prima volta che parliamo di crisi della natalità: la fecondità è scesa nel 2024 al minimo storico di 1,18 figli per donna, e ormai gli arrivi dall’estero non bastano più a compensare l’inferno demografico. 

Così le famiglie diventano sempre più piccole: cresce il numero di persone che vivono da sole, aumentano le libere unioni, le famiglie monogenitore e quelle ricostituite, mentre si riduce la presenza dei nuclei familiari con figli. 

Chi esce e chi entra

Stando al report dell’Istat nel 2024 le immigrazioni dall’estero (435mila) sono state più del doppio delle emigrazioni (191mila) e il saldo migratorio è pari a +244mila unità. Ma a colpire è il dato degli espatri e quello dei giovani laureati. 

Gli espatri dei cittadini italiani (156mila unità) segnano infatti +36,5% sul 2023.

Giovani in fuga

Ma, soprattutto, nel 2023 il fenomeno dei cervelli in fuga registra un “nuovo slancio”, dicono dall’Istat: 21mila ragazzi tra 25 e 34 anni (+21,2 per cento sul 2022) hanno fatto la valigia.

I rientri in patria di giovani laureati sono contenuti, pari a 6mila unità e in calo come trend  (-4,1 per cento sul 2022). Risultato? L’Italia si trova a fare i conti con una perdita netta di 16mila giovani risorse qualificate (97mila in 10 anni).

Non è un Paese per giovani

“I vincoli alla crescita e gli squilibri che inibiscono uno sviluppo più sostenibile e inclusivo” sono ostacoli che “appaiono particolarmente gravosi per le giovani generazioni”, ha detto il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, illustrando il rapporto annuale 2025.

Ci troviamo con giovani generazioni “ridotte nel numero ma più istruite, spesso condizionate da divari territoriali e sociali che influenzano negativamente le possibilità di ingresso e crescita nel mondo del lavoro”.

Un quadro non del tutto negativo. “Le trasformazioni in atto nella qualità dell’occupazione, e in particolare la crescita molto rapida del capitale umano nelle generazioni più giovani, rappresentano una grande opportunità per accelerare la trasformazione del nostro Paese”, secondo Chelli.

Giovani: per loro sempre meno risorse. L’analisi

La sfida e le previsioni dell’Istat

Certo, occorre fare di più. Magari trovando il modo di riportare in patria i giovani talenti, come si propone il bando di 50 milioni di euro annunciato dal ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini “per far ritornare i nostri ricercatori”. O intervenendo sulla giustizia generazionale, come suggerito dal team del professor Vincenzo Galasso, direttore del Dipartimento di scienze sociali e politiche all’Università Bocconi (che sta portando avanti uno studio all’interno del programma Age-it).

Come ha suggerito il presidente Istat, è arrivato il momento di mitigare le disparità ancora pronunciate nell’accesso ai livelli più alti di istruzione, sostenendo l’inserimento professionale e i percorsi di carriera e la formazione tecnica e specialistica. E “promuovendo comportamenti proattivi da parte delle imprese in particolare sul versante dell’innovazione”.

Anche perché le previsioni indicano che l’Italia continuerà ad affrontare un calo delle nascite e un aumento della mortalità, con un saldo naturale sempre più negativo. Mentre l’incertezza sulle dinamiche migratorie, che potrebbero contribuire a contrastare la crisi demografica, rimane alta per via dei fattori economici e geopolitici in gioco.

Insomma, senza interventi mirati, rischiamo di avvitarci su noi stessi. Una cosa appare certa: in futuro saremo sempre meno. La popolazione italiana è infatti destinata a diminuire ancora, passando da circa 59 milioni al 1° gennaio 2023 a 58,6 milioni nel 2030 e a 54,8 milioni nel 2050. 

Natalità: le economie globali e l’impatto del crollo demografico

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