Salute del cuore sotto i riflettori, controlli e strategie/VIDEO

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La pandemia da Covid-19 ha messo in ombra la salute del cuore. Screening, visite ed esami sono saltati nei mesi del lockdown, e contemporaneamente è cambiato anche lo stile di vita degli italiani. Gli effetti di tutto questo sono pesanti, secondo le stime degli esperti. Ma, soprattutto, sono destinati a farsi sentire ancora a lungo.

Si è assistito a una riduzione tra il 50 e l’85% dell’attività chirurgica, del 55% degli interventi di cardiochirurgia, del 75% degli ecocardiogrammi trans esofagei e delle diagnostiche per cardiopatia ischemica, del 10% di nuove diagnosi di scompenso cardiaco e del 30% di invio allo specialista. Ma anche, cosa ancor peggiore, a un aumento del 20% della mortalità cardiovascolare e di quella generale.

Le malattie cardiovascolari, lo ricordiamo, restano la principale causa di morte in tutto il mondo, con 230mila vittime l’anno solo in Italia. Ma che cosa è accaduto davvero in pandemia, quali sono le priorità per gli operatori sanitari e cosa possono fare i cittadini per tutelare la salute del loro cuore? Ne abbiamo parlato con Marcello Arca, presidente della Società italiana per lo studio dell’aterosclerosi e Paolo Magni, dell’Università degli Studi di Milano, coordinatore del comitato scientifico della Fondazione italiana per il cuore, in un focus in occasione della Giornata mondiale del cuore realizzato in collaborazione con Novartis Italia.

“C’è stato, soprattutto nella fase più dura del lockdown, un incremento di mortalità cardiovascolare, che potrebbe essere aumentata di circa il 10%. Inoltre – spiega Arca – è notevolmente peggiorato il controllo dei fattori di rischio, perché gli accessi agli ambulatori si sono ridotti, l’aderenza alla terapia è peggiorata, e l’accesso ad alcuni farmaci è diventato più faticoso. Tutto questo nel lungo periodo potrebbe tradursi in un ulteriore aumento della mortalità e morbilità”.

La situazione ora sta migliorando, “ma esiste un’onda lunga di questo fenomeno: molti pazienti tendono a non rispondere agli appuntamenti per i controlli, anche se ormai le attività sono tornate a regime”. Assenze che l’esperto, per la sua struttura, stima intorno al 20% di quanti avevano prenotato un controllo. Fondamentale, ricorda Arca, resta l’intervento sui fattori di rischio, come “il fumo, l’ipercolesterolemia, il diabete, l’ipertensione. Ma ci sono anche sovrappeso, inattività fisica e dieta poco salutare” da tener presenti.

“Il cuore degli italiani è un po’ provato, dalla pandemia e dal fatto che le malattie del cuore sono state trascurate. Abbiamo dati di mortalità per infarto del miocardio drammatici”, sottolinea dal canto suo Magni. “Occorre un cambio di passo, introducendo una variabile alla volta e migliorando gli stili di vita. Pensiamo all’alimentazione: una buona prima colazione fatta volendosi bene e senza correre, con calma. Il pranzo, che deve essere un pasto discreto, mentre la cena deve essere leggera. E dopo cena la cucina chiude”.

Quanto all’attività fisica, Magni invita ad abbinare quella “non strutturata, come ad esempio fare le scale al posto dell’ascensore”, all’esercizio fisico strutturato, “che fa bene anche alla mente. Ciò che conta è la regolarità”.

Poi ci sono le ‘spie’ da tenere d’occhio per la salute del cuore. “Il peso, la circonferenza dell’addome, sono aspetti da monitorare con regolarità. Poi ci sono i biomarcatori circolanti: non possiamo arrivare a 50 anni senza conoscere i valori di colesterolo e glicemia”, sottolinea Magni.

Quando iniziare? “Il colesterolo andrebbe misurato almeno una volta anche in età evolutiva: esiste una malattia subdola, l’ipercolesterolemia familiare, che colpisce persone magre, che fanno sport, non fumano, ma poi sviluppano un infarto a 40-45 anni. Una malattia che non dà segni, tranne il colesterolo elevato, che nel tempo fa danni. Un giro di misurazione di pressione, glicemia e colesterolemia bisognerebbe farlo anche da adolescenti. Poi l’approccio va personalizzato. Sarà il medico a indicarci con che regolarità fare questi controlli. Non lasciamo che una malattia silente arrivi a fare danni veri”, conclude l’esperto.

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