Sembravano aver vinto la sfida della longevità, ma nel tempo le tanto invidiate Blue Zone – aree del mondo in cui la speranza di vita è notevolmente più alta rispetto alla media – stanno cambiando. Con alcune new entry. Se ne è parlato a Welfair 2024, la Fiera del fare Sanità (organizzata da Fiera Roma ed Experience – Fare Sanità in collaborazione con LTM&Partners e IdeaGroup) in corso a Roma.
Si fa presto a dire Zona blu
Nell’elenco delle terre della longevità figura anche un’area del nostro Paese: l’isola di Okinawa (Giappone); l’Ogliastra (Sardegna, Italia); Nicoya (Costa Rica), Icaria (Grecia) e la comunità di avventisti di Loma Linda, in California. Ma “una certa modernità, con abitudini alimentari sbagliate, vite sempre più stressanti e la riduzione del movimento quotidiano stanno mettendo a repentaglio le tradizionali zone blu”, ha spiegato Jorge Eduardo Vindas Lopez, fondatore e direttore della Asociación Peninsula de Nicoya, zona blu della Costa Rica.
Se alcune zone blu si stanno restringendo, stanno però comparendo nuove zone blu: da alcune aree di Martinica e Guadalupe alla Galizia.
Come ha sottolineato il neuroscienziato Giovanni Scapagnini, “la grande opportunità che ci offrono gli studi su quei laboratori a cielo aperto che sono le zone blu è trasferire elementi di biologia positiva al maggior numero di persone possibile”. In pratica, gli scienziati possono individuare e trasmettere a tutti “i ‘segreti di benessere’ dei super sani. Un’operazione di enorme valore in un contesto come quello italiano, in cui l’aspettativa di vita media è di 85 anni, ma quella di vita in salute si ferma a 60”. Insomma, viviamo più a lungo ma pieni di accicchi. E l’esempio delle terre dei centenari può aiutarci a cambiare le cose. Un importante margine di miglioramento, che potrebbe incidere positivamente anche sulla sostenibilità del sistema salute.
Il peso dello stile di vita
Se ormai sappiamo che la longevità è legata alla genetica, ma anche alle abitudini di vita, interventi come restrizione calorica, esercizio fisico, smettere di fumare e ridurre l’esposizione agli inquinanti possono modulare l’espressione dei geni.
“Le ultime ricerche –ha detto David Brenner, professore di Cancer Metabolism negli Stati Uniti – ci dicono che la differenza tra età cronologica ed età biologica non è genetica, ma epigenetica. Dovuta, cioè, all’espressione dei geni che provocano l’invecchiamento cellulare e che è guidata da fattori come l’infiammazione. Fattori, a loro volta, legati in maniera particolarmente forte all’alimentazione”.
Città amiche della salute
In quest’ottica non stupisce che gli esperti accendano i riflettori sulle caratteristiche dell’ambiente urbano. “Entro il 2030 il 70% della popolazione vivrà nelle città e questo porterà ad un sovraffollamento dei centri urbani. Bisogna voltare lo sguardo ai contesti Nord europei che adottano modelli di vita più sostenibili”, ha detto Fabio Mosca, professore ordinario di Pediatria dell’Università degli Studi di Milano e delegato del Rettore sui temi della Salute Urbana.
Se non possiamo trasferirci tutte nelle Zone blu, possiamo però migliorare l’ambiente in cui passiamo le nostre giornate. E questo, in un’ottica One Health, fa bene alla salute umana ma anche a quella del pianeta. “Incentivare la mobilità dolce, aumentare le aree verdi riducono il rischio di malattie non trasmissibili e migliorano la salute mentale. Occorre adottare una pianificazione urbana orientata alla tutela della salute, che possa ridurre gli effetti negativi del cambiamento climatico”, ha concluso lo specialista intervenuto al Welfair 2024.