Tornare a camminare dopo una lesione o un trauma al midollo può sembrare un sogno, ma è la promessa di un protocollo innovativo, sperimentato con successo da un team di ricercatori italiani. I risultati, ottenuti sui primi pazienti al mondo – un uomo e una donna – cui è stato impiantato un neurostimolatore midollare e sottoposti a un programma di riabilitazione studiato ad hoc, sono incredibili e davvero emozionanti. Tanto da alimentare nuove speranze per il recupero motorio di pazienti vittime di incidenti o malattie.
A firmare la ricerca in prima mondiale, pubblicata su ‘Science Translational Medicine’, è un gruppo di scienziati e medici di Irccs Ospedale San Raffaele di Milano e Università Vita-Salute San Raffaele, che hanno lavorato insieme ai bioingegneri della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, coordinati da un nome noto ai lettori di Fortune Italia: Silvestro Micera, professore presso l’EPFL e la Sant’Anna. Protagonisti del lavoro, due pazienti con una lesione traumatica del midollo spinale: una donna di 34 anni e un uomo di 57 anni (ma il gruppo che ha sperimentato questo approccio nel frattempo si è ampliato).
Lo studio
Nel corso del 2023 entrambi i pazienti sono stati sottoposti all’impianto di un elettrostimolatore midollare, dopodichè hanno seguito un lungo percorso riabilitativo presso l’unità diretta dal dottor Sandro Iannaccone. In questo modo, grazie alla stimolazione elettrica ad alta frequenza, i pazienti hanno potuto ottenere costanti miglioramenti e, alla fine, sono tornati a camminare. In particolare, al termine del percorso uno dei due pazienti ha percorso 175 metri senza stimolazione attiva.
La tecnica, sottolineano i ricercatori, “riduce significativamente la spasticità muscolare e migliora le capacità motorie nei pazienti con lesioni del midollo spinale”.
Il dispositivo
Ma di che si tratta? Il neurostimolatore midollare è un dispositivo già in uso nella terapia del dolore. In questo caso però gli scienziati hanno applicato stimolazioni mirate ad alta frequenza combinandole con la riabilitazione per migliorare forza muscolare, deambulazione e controllo motorio. Il protocollo ha anche ridotto i riflessi patologici e le contrazioni involontarie alla base della spasticità muscolare, favorendo movimenti più fluidi e naturali.
Non solo traumi
Incidenti, traumi ma anche malattie come la sclerosi multipla posso causare difficoltà a camminare, paralisi degli arti e spasticità muscolare, riducendo la mobilità delle persone affette. La spasticità muscolare in particolare colpisce quasi il 70% dei pazienti con lesioni al midollo, ma alcuni recenti studi hanno dimostrato che la stimolazione elettrica rappresenta una strategia promettente per ripristinare la capacità di camminare. Attualmente protocolli di stimolazione a bassa frequenza vengono usati per ridurre la spasticità, ma hanno un effetto limitato nei pazienti che soffrono di spasmi muscolari.
Nel caso del protocollo made in Italy i due pazienti hanno partecipato a un programma intensivo che ha integrato stimolazioni a bassa e alta frequenza con esercizi motori. Il team ha osservato che in particolare la stimolazione ad alta frequenza è un approccio sicuro per inibire l’iperreattività patologica dei circuiti spinali, senza generare disagio nei pazienti.
Il fatto è che il midollo spinale è naturalmente iperreattivo agli stimoli, e questo accade per favorire la rapidità di riflessi. “Questa iperreattività è solitamente bilanciata dal cervello, ma nel caso di lesione al midollo spinale il paziente perde i messaggi inibitori provenienti dal cervello che regolano l’iperreattività spinale”, dice Simone Romeni, primo autore dello studio e ricercatore presso Ecole Polytechnique Federale di Losanna (EPFL) e l’Irccs San Raffaele. “Crediamo che la stimolazione a frequenze dell’ordine dei kiloHertz (ben maggiore di quelle utilizzate in precedenti studi), applicata nel nostro protocollo, interferisca con questa iperattività spinale patologica, inibendone la trasmissione ai muscoli e riducendo di conseguenza gli spasmi”.
Le prospettive
Come sottolinea Silvestro Micera “il protocollo di stimolazione spinale sviluppato e testato in questo studio rappresenta un significativo esempio delle straordinarie potenzialità della neuroingegneria applicata alla neuroriabilitazione. Questo primo risultato, frutto della preziosa collaborazione con i colleghi del San Raffaele, pone le basi per lo sviluppo futuro di nuove soluzioni tecnologiche, mirate a migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità motorie e a potenziare le opportunità terapeutiche disponibili”.
Lo studio è andato avanti e oggi i pazienti trattati con il neurostimolatore sono saliti a otto. “Questa è una procedura chirurgica sicura ed efficace – assicura Pietro Mortini, ordinario di Neurochirurgia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele (UniSR), primario al San Raffaele e anche lui coordinatore dello studio – che offre una nuova prospettiva nel trattamento dei pazienti con gravi danni al midollo spinale”, rivoluzionando il trattamento delle lesioni spinali e “riducendo gli effetti collaterali associati alle terapie farmacologiche e chirurgiche attualmente disponibili”.
E adesso? “I prossimi passi includeranno ulteriori studi clinici su un numero maggiore di pazienti per confermare questi risultati preliminari. Stiamo pianificando di estendere le indicazioni a diverse condizioni cliniche, che definiremo nei prossimi mesi. Siamo all’inizio di una nuova era per la neuroriabilitazione motoria”, conclude Mortini.
Articolo aggiornato con video (Courtesy Irccs San Raffaele e Sant’Anna Pisa)