Ospedali come voli aerei su tratte richiestissime. Il 58% dei reparti di Medicina interna italiani è in overbooking. Un fenomeno legato all’età della popolazione italiana, che avanza. Questi reparti, infatti, assistono spesso anziani e malati cronici con comorbilità, che necessitano di cure sempre più complesse. E invece l’85,6% denuncia carenze di personale. Insomma, il collo di bottiglia è assicurato. Ma non è tutto qui.
La fotografia del malassere di questa strutture (e degli operatori che vi lavorano) arriva da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, che ha realizzato un’indagine su 216 unità operative sparse in tutte le regioni italiane. Risultato? Quasi sei reparti su 10 hanno un tasso di occupazione dei posti letto oltre il 100%.
Appena lo 0,46% delle unità operative ha un tasso di utilizzo inferiore al 50% e lo 0,93% tra il 51 e il 71%. Mentre il 40,28% dei reparti occupa tra il 70 e il 100% dei letti a disposizione. La maggioranza è dunque in overbooking, con pazienti assistiti perfino su una lettiga in corridoio e solo un separé a garantire la privacy.
“La situazione sempre più critica nella quale si trovano ad operare i reparti di medicina interna dipende non da ultimo dalla errata classificazione dei nostri reparti come a bassa, anziché medio-alta intensità di cura”, sottolinea il presidente di Fadoi, Francesco Dentali. “Questo si traduce in una minore dotazione di personale e strumentazioni diagnostiche che mandano sempre più in affanno le medicine interne, dove vengono ricoverati pazienti anziani e sempre più complessi, che in alcuni casi richiedono un livello di assistenza pre-intensiva, che facciamo miracoli ad assicurare in queste condizioni”.
Troppi ricoveri impropri
La situazione potrebbe essere un po’ più gestibile, secondo gli specialisti Fadoi, se si potessero evitare i ricoveri impropri, frutto di una difficoltà di presa in carico dei servizi territoriali.
Ma quanti sono? Mediamente un ricovero su quattro potrebbe essere evitato con una rete di assistenza territoriale più adeguata. “Nel 32,87% dei reparti i letti che si sarebbero potuti liberare sono tra il 10 e il 20% del totale, nel 37% dei casi tra il 21 e il 30%, mentre nel 18,98% dei reparti si sarebbero potuti evitare tra il 31 e il 40% dei ricoveri con una migliore presa in carico del territorio. Percentuale che sale a oltre il 40% nel 6,02% delle unità operative, collocate soprattutto al Sud”, si legge nel report.
L’antidoto all’ovebooking negli ospedali? La prevenzione
Non è solo colpa dell’età, che comunque si allunga. Gli esperti puntano il dito contro stili di vita scorretti, ma anche bassa aderenza agli screening e scarse coperture vaccinali. Unite al più basso finanziamento pubblico d’Europa per la prevenzione. Nel 35,19% dei reparti tra l’11 e il 20% dei ricoveri è dovuto alla poca prevenzione; percentuale che sale tra il 21 e il 30% nel 30% delle unità operative, mentre si sta tra il 31 e il 40% nel 19,44% dei casi e oltre il 40% nell’8,80% dei reparti.
Le nuove case e ospedali di comunità
Mentre la riforma della sanità territoriale stenta a decollare, rispetto all’operatività delle nuove strutture – che dovranno aprire i battenti entro il giugno 2026 per non perdere i due miliardi del Pnrr – c’è grande attesa e un pizzico di scetticismo. Parliamo delle Case di Comunità, maxi-ambulatori dove dovrebbero lavorare in team medici di famiglia, specialisti ambulatoriali delle Asl e altri professionisti della salute. Strutture dove, oltre ad essere visitati, gli assistiti dovrebbero poter eseguire anche accertamenti diagnostici di primo livello, come ECG o ecografie.
Ebbene, per il 72,22% dei medici le nuove Case di Comunità potranno effettivamente ridurre il numero dei ricoveri, “ma bisognerà vedere come verranno realizzate”. Stessa risposta fornita dal 72,69% dei medici rispetto agli ospedali di comunità a gestione infermieristica. Per il 20,37% degli interpellati, invece, nessun beneficio arriverà dalle Case di Comunità, così come non vede miglioramenti all’orizzonte derivanti dagli Ospedali di Comunità il 12,04% dei medici.
Fermo restando che per il 32,87% tra l’11 e il 20% dei ricoveri potrebbe essere dimesso più rapidamente con queste nuove strutture intermedie ben funzionanti. Percentuale che sale tra il 21 e il 30% per il 33,33% degli interpellati, mentre per il 24,54% potrebbero lasciare più rapidamente il reparto oltre il 30% dei pazienti. Per il presidente della Fondazione Fadoi, Dario Manfellotto, “le perplessità non nascono tanto dalla conformazione di Case e Ospedali di Comunità, ma soprattutto dalle difficoltà di reperire personale medico e infermieristico. E purtroppo sembra ancora mancare del tutto una regia tra le nuove strutture e l’ospedale, che non può essere realizzata con fantomatiche strutture o centrali territoriali, che rischiano di creare ulteriore burocrazia”.
Intanto la ricerca…
Tra sovraffollamento nei reparti e carenze di organico, il 48,61% degli internisti dichiara di non trovare più tempo per fare ricerca, mentre il 43,06% ne fa meno di quanto vorrebbe.
“Dispiace osservare come quasi la metà degli internisti non riesca a dedicare neanche un minuto all’attività di ricerca, mentre la quasi totalità degli altri riesce a dedicarvi meno tempo di quanto vorrebbe. Questo significa penalizzare la crescita professionale dei nostri medic,i ma anche e soprattutto l’attività di ricerca, che proprio per la varietà e complessità dei pazienti trattati ha sempre trovato terreno fertile di sviluppo nei reparti di Medicina interna”, conclude il presidente eletto di Fadoi, Andrea Montagnani. Convinto che alla fine a risentirne saranno i pazienti “perché dove si fa sperimentazione clinica, più rapido è anche l’accesso alle nuove terapie”.