A volte una spesa fa la differenza fra la vita e la morte. C’è infatti un forte legame tra la spesa sanitaria nazionale e la sopravvivenza dei pazienti con tumori del sangue. A metterlo in luce è il progetto di ricerca EUROCARE-6, condotto in 27 Paesi europei con il contributo della Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e pubblicato su Lancet Oncology e sull’European Journal of Cancer. E l’Italia? Il dato è linea o di poco superiore alla media europea.
“Il nostro studio dimostra inequivocabilmente che gli investimenti in sanità, soprattutto in ricerca ed innovazione terapeutica, hanno un impatto diretto sulla sopravvivenza dei pazienti affetti da tumore ematologico”, commenta Claudia Vener, medico, ricercatrice presso la Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e coordinatrice dello studio. Ma vediamo meglio i risultati.
Chi più spende…
Il lavoro, che ha coinvolto oltre un milione e 150 mila pazienti affetti da tumori del sangue, fornisce un’analisi approfondita della sopravvivenza a lungo termine per malattie come linfomi, leucemie e mielomi. Nei Paesi che investono risorse elevate in sanità, la probabilità di sopravvivenza per i pazienti affetti da un tumore ematologico è significativamente superiore rispetto a quella dei malati in Paesi che spendono meno.
Colpisce il caso dell’Est Europa: qui i Paesi investono meno rispetto ad esempio a Danimarca, Norvegia e Svizzera. Risultato? La sopravvivenza a 10 anni dalla diagnosi nel caso di linfoma non-Hodgkin è quasi dimezzata: 33% contro 62%. Un risultato che si verifica anche per il linfoma diffuso a grandi cellule B (34% contro 58%), il linfoma mantellare (21% a 61%), il linfoma follicolare (40% contro 81%), la leucemia mieloide acuta (6% rispetto a 21%) e la leucemia mieloide cronica (31% contro 65%).
Tumori del sangue: cosa succede in Italia
E in Italia? A 10 anni dalla diagnosi sopravvive il 58% dei pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin, contro una media del 55% in Europa, e il 52% dei pazienti con leucemia mieloide cronica, sia da noi che nel Vecchio Continente.
Bene? Come ricorda Claudia Vener “per alcune patologie come la leucemia mieloide acuta, la sopravvivenza a 10 anni è ancora troppo bassa, evidenziando l’urgenza di un maggiore impegno nell’incrementare i fondi per la ricerca e per le cure innovative”.
“Le grandi differenze di sopravvivenza riscontrate tra i Paesi europei sono molto probabilmente legate ad un diverso grado di accesso alle cure e ad una diversa disponibilità ed utilizzo di trattamenti efficaci – ha aggiunto Silvia Rossi, ricercatrice presso l’Istituto Superiore di Sanità e co-autrice dello studio – L’Italia, anche se allineata alla media europea, non raggiunge i livelli di sopravvivenza ottenuti dai Paesi con maggiori investimenti. È quindi necessario aumentare i finanziamenti in sanità affinché migliorino ulteriormente le possibilità di cura per i pazienti onco-ematologici”.
Insomma, finanziare la sanità e la ricerca funziona. “Investire in sanità significa garantire un futuro migliore per milioni di pazienti”, ha concluso Vener. Una spesa che si traduce in anni di vita.
Tumori: priorità al benessere emotivo dei pazienti ematologici/VIDEO