Un reparto ‘modulare’ contro il coronavirus: la proposta di Shellbe

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Rispondere all’emergenza sanitaria provocata dal coronavirus con strutture modulari, trasportabili e, soprattutto, convertibili per altri usi, una volta terminata la necessità di postazioni extra di terapia intensiva. La proposta l’ha fatta un’azienda marchigiana, la Shellbe, che ha offerto alla Regione Marche e alla Protezione civile due dei suoi sofisticati container, la cui applicazione più frequente finora è stata nel settore industriale e agroalimentare, ma anche nel settore aeronautico-spaziale e nella manifattura.

Con una rapida riconversione, queste strutture modulari mobili sarebbero pronte per ospitare la terapia subintensiva di un massimo di sei posti letto. Dovrebbero essere pronti in 40 giorni, una volta avuto il via dalle istituzioni, dice Giuseppe Galimberti, imprenditore azionista di maggioranza di Shellbe. In un secondo tempo, se necessario, i moduli potranno diventare sale chirurgiche o laboratori di ricerca; intanto, per finanziare le due strutture, Shellbe ha lanciato una raccolta fondi da 400mila euro su Gofundme: secondo Galimberti, con la realizzazione dell’iniziativa, la sanità marchigiana si ritroverebbe un reparto aggiuntivo (fino a 12 posti letto) per affrontare l’emergenza Coronavirus.

“La Shellbe è nata recentemente, si occupa di progettazione e realizzazione di ambienti modulari controllati, ovvero clean room, un progetto nato da una tecnologia brevettata che consente la realizzazione in tempi veloci di queste strutture modulari e ha diverse applicazioni, tra cui quella più importante in questo momento, quella medico sanitaria”, dice Galimberti. In queste “camere bianche” si ottengono “ambienti asettici o comunque controllati; a seconda della qualità richiesta si ottengono certificazioni più o meno elevate”, a coprire varie applicazioni, “dal laboratorio alla prima diagnostica a strutture di sala operatoria”. Senza contare le applicazioni industriali (“produzione di materiali o componentistica, magari per l’aerospazio”) o agricole, come il vertical farming.

La modularità caratteristica della proposta di Shellbe è “un evidente vantaggio”, secondo l’imprenditore: “Quella che oggi è terapia intensiva un domani può diventare un laboratorio, o essere spostata da un’altra parte. Abbiamo interagito sia con la Regione Marche sia con la Protezione civile proponendo questa tipologia di intervento in una struttura sanitaria di loro scelta quindi l’idea era quella di fornire queste unità di terapia sub-intensiva”. La Regione non ha ancora dato indicazioni precise, racconta Galimberti, ma il “territorio ha una delle più alte concentrazioni di casi di coronavirus per popolazione, e quindi anche per numero di pazienti che richiedono ospedalizzazione. Le strutture marchigiane sono discrete ma chiaramente il numero è in salita e hanno necessità di avere ulteriori posti”.

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