Medicina territoriale, le 14 proposte di Cittadinanzattiva

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Quattordici proposte per ridisegnare la medicina territoriale. È il contributo che arriva da Cittadinanzattiva, questa mattina in audizione alla Commissione Igiene e Sanità del Senato, nell’ambito dell’indagine conoscitiva in materia di potenziamento e riqualificazione della medicina territoriale nell’epoca post covid. Una lista di proposte che parte da un’esigenza concreta. Dal recentissimo Rapporto PIT Salute presentato lo scorso 1 dicembre da Cittadinanzattiva, l’ambito dell’assistenza territoriale risulta essere al secondo posto per numero di segnalazioni dei cittadini raccogliendo quasi il 20% del totale dei contatti nel 2019 e confermandosi uno dei settori più critici nel periodo dell’emergenza Covid.

 

“Appare evidente l’urgenza di migliorare l’accesso alle cure per i pazienti sul territorio passando da una visione ospedale-centrica ad un approccio domiciliare dell’assistenza a favore dei cittadini con un approccio di sistema ed integrato. Occorre ripensare il ruolo di tutti gli attori coinvolti nell’assistenza sanitaria sul territorio affinché alcuni di essi (medici di medicina generali, pediatri di libera scelta, infermieri di comunità, farmacisti, ecc.) possano assumere nuovi e maggiori compiti in modo da offrire risposte più adeguate ai bisogni dei cittadini e delle comunità. In questo modo, peraltro, si raggiungerebbe anche l’obiettivo di rendere più leggero il carico delle strutture ospedaliere e del personale medico in esse operante che potrà dedicarsi alla gestione dei casi più complessi soprattutto in situazioni di emergenza”, ha spiegato Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva.

 

Da qui le 14 proposte contenute nel documento presentato da Cittadinanzattiva. Dalla necessità di Definire “il DM 70 del territorio” individuando gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici che consentono di assicurare a tutti i cittadini in tutto il Paese parametri uniformi dell’assistenza territoriale, alla stabilizzazione di esperienze e procedure messe in campo durante l’emergenza dalle quali non si deve tornare indietro, come la somministrazione di farmaci (ad esempio per pazienti oncologici) al di fuori degli ospedali, utilizzando le diramazioni territoriali delle ASL/ASST o il domicilio del paziente; il passaggio, laddove possibile e opportuno, a vie di somministrazione delle terapie farmacologiche presso le diramazioni territoriali o a domicilio; la consegna al domicilio del paziente, nei casi di particolari difficoltà di spostamento, di quelle terapie farmacologiche normalmente distribuite in modalità diretta (PHT), previa autorizzazione del medico referente; l’espletamento delle vaccinazioni in luoghi alternativi ai centri vaccinali e più prossimi ai cittadini come presso i MMG e i PLS, i luoghi di lavoro, le farmacie, le scuole ecc.

 

“Come drammaticamente evidenziato, da ultimo, dalla crisi COVID-19, un investimento strategico sulla sanità territoriale è oggi più che mai necessario ma se si vuole dare effettiva attuazione agli indirizzi del Patto per la Salute, adattandoli alle specificità dei diversi contesti territoriali, lungo le linee di seguito tracciate, è necessario un impulso deciso e forte, anche e molto dalla società civile”, chiarisce Gaudioso. “Per disegnare un’offerta di servizi socio/sanitari calibrata sui bisogni specifici dei diversi territori, è infatti necessario sviluppare percorsi partecipativi, in grado di assicurare la mobilitazione delle comunità, estendendo e rendendo sistemico l’approccio utilizzato in questo ambito dalla Strategia Nazionale delle Aree Interne. Questo, partendo dal presupposto che il valore della sussidiarietà è quello “valorizzare le specificità” in un quadro di esigibilità dei diritti chiaro e trasparente e nella consapevolezza che l’opportunità di fare un lavoro di “rendicontazione partecipata” delle tante risorse a disposizione fornisce l’occasione per rinsaldare quel rapporto di fiducia tra cittadini ed istituzioni, progressivamente venuto meno in questi anni”, conclude.

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