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L’emergenza Covid-19 sta avendo un impatto significativo sulla gestione dei pazienti con malattie rare in Italia. Un fenomeno rimasto fino ad ora sottotraccia. Le analisi nell’anno della pandemia rilevano una contrazione di diagnosi e accesso alle cure. Il dato arriva da Iqvia, che in occasione della Giornata mondiale delle patologie rare ha realizzato – con il contributo non condizionante di Farmindustria – uno studio per monitorare l’impatto della pandemia sull’accesso alle diagnosi e alle cure, con un focus sulle patologie rare.

Per realizzare lo studio sono state selezionate alcune malattie rare rappresentative delle principali aree (oncologica, metabolica, neurologica, oftalmica ed ematologica): leucemia mieloide acuta, atrofia muscolare spinale, malattia di Fabry, neuropatia ottica di Leber, morbo di Gaucher, glicogenosi, mucopolisaccaridosi e, infine, emofilia A e B.

Lo studio si basa sull’analisi delle tendenze dei volumi dei trattamenti e dell’analisi dei dati di real world estratti dai panel Iqvia di medici di medicina generale e specialisti.
Per quanto riguarda la leucemia mieloide acuta, nel 2020 si è osservato un calo significativo rispetto all’anno precedente delle nuove diagnosi (-9%) dei nuovi trattamenti (-6%), e dei trapianti (-16%): la forte contrazione di diagnosi e cure osservata durante i primi mesi dell’anno non è stata recuperata nella seconda parte dell’anno.

Anche nell’area delle malattie rare di natura metabolica, neurologica e oftalmica si è rilevata una contrazione delle cure particolarmente significativa nei mesi del lockdown primaverile (-12%), in assoluta controtendenza rispetto ai trend di crescita osservati nei mesi precedenti. Il parziale recupero nel secondo semestre dell’anno (+ 6%) non ha compensato le perdite dell’anno.

Ancora più significativa la contrazione dei trattamenti in area emofilia, dove si registra un -14% rispetto all’anno precedente.

Complessivamente le analisi mostrano come il timore dei pazienti di accedere ai centri ospedalieri, la chiusura temporanea di ambulatori e laboratori per le analisi genetiche, la sospensione temporanea delle campagne di screening abbiano determinato, nei primi mesi della pandemia, un ritardo delle diagnosi e dell’accesso dei pazienti alle visite.
Nella seconda parte dell’anno questi ritardi sono stati parzialmente recuperati. Infatti, i centri per le malattie rare hanno ripreso il contatto con i pazienti soprattutto a distanza e, in molti casi, trasferito i trattamenti dall’ospedale al domicilio del paziente.

In questo contesto le aziende farmaceutiche si sono adoperate per supportare i Centri con servizi e iniziative per garantire la continuità della cura attraverso le terapie a domicilio e il follow-up a distanza. “Covid-19 ha avuto un impatto drammatico sull’accesso alle cure per i pazienti, anche quelli affetti da malattie rare – sottolinea Sergio Liberatore, amministratore delegato di Iqvia – E’ fondamentale evitare il ritardo diagnostico e favorire la continuità di cura a tutti i pazienti, con particolare attenzione ai pazienti più fragili. La speranza è che si possa continuare sulla strada intrapresa della telemedicina e dell’assistenza domiciliare, anche con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita di pazienti con patologie così gravi e complesse”.

Per Massimo Scaccabarozzi, presidente Farmindustria, “la collaborazione durante la pandemia tra imprese del farmaco, Istituzioni e altri attori della salute ha permesso alle aziende di mettere in campo alcune misure, come il Patient Support Program e l’home therapy. Misure rivolte ai pazienti con malattie rare per favorire l’aderenza alla terapia e l’accesso al farmaco. E rendendo anche più semplice, con un supporto concreto, le attività dei caregiver. Una partnership – conclude – che rappresenta un modello virtuoso e che ci auguriamo possa diventare strutturale”.

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