Ex Ilva, Consiglio Stato: stop spegnimento impianti fino al 13 maggio

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Resterà sospesa fino al prossimo 13 maggio l’ordinanza del sindaco di Taranto – validata dal Tar di Lecce – che aveva ordinato ad Arcelor Mittal di spegnere gli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva entro 60 giorni perché pericolosi per la salute umana. Lo ha stabilito la Quarta sezione del Consiglio di Stato, accogliendo i ricorsi presentati dalla multinazionale e dall’amministrazione straordinaria di Ilva. Il termine per lo spegnimento sarebbe scaduto il prossimo 13 aprile.

In udienza i legali di Arcelor Mittal avevano chiesto ai giudici del Consiglio di Stato di sospendere la decisione del Tar che lo scorso 13 febbraio aveva concesso alla multinazionale 60 giorni di tempo dalla pubblicazione della sentenza per spegnere l’area a caldo per tre principali ordini di motivi: il fatto che lo spegnimento degli impianti in un lasso di tempo così breve li avrebbe irrimediabilmente danneggiati, impedendone poi l’eventuale riavvio; il problema occupazionale (secondo alcune stime l’eventuale chiusura dell’impianto avrebbe messo a rischio 20mila posti di lavoro, tra i lavoratori di ArcelorMittal e quelli dell’indotto); le ripercussioni sulla filiera rifornita dall’impianto in Italia, dalle ferrovie alla cantieristica navale.

“Dalla delibazione degli scritti e degli atti processuali – osserva il Consiglio di Stato nell’ordinanza con cui hanno accolto le richieste di ArcelorMittal – emergono evidenti profili di danno per gli impianti dello stabilimento siderurgico, in caso di mancata emanazione della misura cautelare domandata, derivanti dallo spegnimento della c.d. “area a caldo”, probabilmente irreversibile, una volta effettuato”. Secondo i giudici, “nel complessivo confronto fra gli allegati pregiudizi, quello dedotto dalle appellanti (ArcerlorMittal e Ilva in amministrazione straordinaria, ndr), consistente nell’irrimediabile deperimento degli impianti, si profila come attuale ed irreparabile, mentre quello degli appellati (sindaco di Taranto e associazioni dei consumatori, ndr), consistente nell’eventuale ripetizione di eventi emissivi provenienti dall’’area a caldo’ di cui si è ordinato lo spegnimento, risulta meramente ipotetico”.

La vicenda nasce dall’ordinanza del 27 febbraio 2020 con la quale il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci aveva intimato ad ArcelorMittal Italia e all’Ilva in amministrazione straordinaria di individuare entro 30 giorni le fonti inquinanti del siderurgico, rimuovendole, e, nel caso in cui questo non fosse stato fatto, di spegnere gli impianti entro ulteriori 30 giorni. Lo scorso 13 febbraio il Tar di Lecce, a quasi un anno di distanza, ha dato ragione al sindaco, rigettando i ricorsi di Arcelor, del ministero dell’Ambiente e della Prefettura di Taranto, ritenendo “pienamente sussistente la situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini, connessa dal probabile rischio di ripetizione di fenomeni emissivi in qualche modo fuori controllo e sempre più frequenti, forse anche in ragione della vetustà degli impianti tecnologici di produzione”.

Nella sentenza il Tar aveva dato alla multinazionale dell’acciaio che gestisce lo stabilimento siderurgico ionico 60 giorni di tempo “per il completamento delle operazioni di spegnimento dell’area a caldo”. Con l’ordinanza pubblicata oggi, il Consiglio di Stato ha sospeso questo termine almeno fino al 13 maggio, data in cui i ricorsi presentati da ArcelorMittal e dall’Ilva in amministrazione straordinaria saranno discussi nel merito.

In base alla decisione di oggi, ha commentato in una nota la multinazionale che gestisce l’impianto di Taranto, “ArcelorMittal Italia non ha l’obbligo di avviare la fermata dell’area a caldo dello stabilimento di Taranto e degli impianti connessi. L’attività produttiva dello stabilimento può dunque proseguire regolarmente”.

“Accogliamo con rispetto la decisione sull’ex Ilva anche se non crediamo che la soluzione della crisi possa passare dalle aule di tribunale”, ha commentato il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti: “Questa pronuncia dà comunque la possibilità e il tempo alla politica e al Mise in particolare di cercare la soluzione per gli operai, l’azienda e la produzione siderurgica italiana che rappresenta un asset strategico oltre che un’eccellenza e va tutelata”.

“Nessuna sorpresa, nessuna variazione sul percorso che abbiamo impostato con l’intera comunità. E quand’anche gli esiti dell’udienza di maggio del Consiglio di Stato dovessero prevaricare l’aspirazione di mezzo milione di cittadini e i diritti fondamentali sanciti dal Tar di Lecce, noi andremo avanti in ogni grado di giudizio, anche in sede europea”, ribadisce il sindaco di Taranto Melucci.

 

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