Cani ‘annusa Covid’ dal sudore, test a Roma

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Fiutano sostanze stupefacenti, esplosivi e tracce di persone scomparse, con risultati degni di essere raccontati in film e serie tv. Ma allora perché non addestrare i cani a riconoscere un soggetto positivo a Covid-19, usando esclusivamente il loro olfatto? È la domanda a cui vuole rispondere il primo studio sviluppato all’interno di una struttura ospedaliera universitaria, a Roma, con l’addestramento di cani destinati allo screening rapido degli individui potenzialmente affetti da Covid-19, sintomatici e asintomatici.

L’impiego di questi animali, oltretutto, comporterebbe un notevole risparmio di tempo (e costi): basti pensare che un animale addestrato può impiegare circa 10 secondi per riconoscere un caso di positività, contro i 20-30 minuti del test rapido.

Il singolare progetto di ricerca è stato avviato a Roma presso il Drive-in Campus test del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, e verrà realizzato per la prima volta al mondo su un campione statistico rilevante di oltre 1000 pazienti del Campus Bio-Medico di Roma.
L’efficienza dell’olfatto del cane ‘annusa Covid’ verrà messa alla prova con i test molecolari per la diagnosi della positività. Le procedure permetteranno la tracciabilità del lavoro e saranno svolte “in piena sicurezza per l’operatore, per il cane e dal punto di vista scientifico”, assicurano gli organizzatori.

Grazie alla collaborazione con Ngs Srl, impegnata nell’impiego di cani addestrati per la sicurezza anti esplosivo in emergenze e grandi eventi, da aprile a giugno le unità cinofile saranno appositamente addestrate, da professionisti attivi negli ambiti della safety & security, nel riconoscere la presenza di Covid-19 nel sudore dei pazienti che ogni giorno si recano al Drive-in Campus test del Campus Bio-Medico per effettuare il tampone.

Dopo una prima fase di sperimentazione della durata di 6-8 settimane, nella quale i cani saranno preparati al riconoscimento di Covid-19 attraverso specifiche tecniche mutuate dall’addestramento per gli esplosivi, il progetto vedrà altre quattro-sei settimane di sperimentazione su volontari grazie alla collaborazione dei pazienti che effettuano i tamponi al Drive-in Campus test.

Ma come funziona il test? All’interno di un container di circa 40 metri quadrati dedicato al progetto, il cane (“in pieno comfort e sicurezza”), annuserà i campioni contenenti il sudore dei pazienti.

L’animale non entrerà mai in contatto diretto con la sostanza biologica. Il paziente effettuerà un autoprelievo del sudore con una garza che verrà poi inserita in un contenitore anonimo dotato di numero identificativo corrispondente al paziente stesso. Gli operatori cinofili sottoporranno il campione al cane che, grazie all’addestramento ricevuto e al suo straordinario fiuto, darà in pochi secondi il suo responso sulla presenza (o meno) di Covid-19. L’operatore annoterà il risultato del test come positivo o negativo su un apposito registro.

Parallelamente il Laboratorio analisi del Policlinico eseguirà il test molecolare del tampone nasofaringeo dello stesso paziente e registrerà i risultati su un database in cui i pazienti verranno resi anonimi. Lo stesso campione verrà analizzato da un sensore elettronico realizzato dalla Facoltà di Ingegneria dell’Università Campus Bio-Medico, sviluppato dall’Unità di Elettronica per sistemi sensoriali (e già sperimentato in altri progetti scientifici).

“Il nostro studio – spiega la coordinatrice del progetto Silvia Angeletti, direttore dell’Unità Laboratorio analisi del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico – rappresenta il primo esempio di una collaborazione tra ricerca in laboratorio e sperimentazione sul campo. Grazie alle possibilità offerte contemporaneamente dall’attività del Drive-in Campus test e del Laboratorio Analisi possiamo lavorare in presa diretta con i cani e verificare scientificamente le nostre ipotesi”.

Stiamo addestrando i nostri cani a riconoscere la presenza di Covid-19 nei campioni raccolti presso il Covid Center – racconta Massimiliano Macera, amministratore delegato di Ngs – All’interno del container verranno sottoposte al cane alcune scatole appositamente studiate per il progetto del Campus Bio-Medico, all’interno delle quali ci saranno i campioni da processare. Tutto verrà dopo una prima fase di condizionamento studiata per garantire la massima sicurezza per operatori e cani a lavoro con materiale biologico. Per esercitarsi a sviluppare la sensibilità al virus il cane passa in rassegna le scatole metalliche e quando rileverà la presenza di Covid-19 lo segnalerà precisamente ma con discrezione, e riceverà un premio”.

“L’esperimento che stiamo conducendo è molto importante dal punto di vista dell’epidemiologia e della salute pubblica – aggiunge Massimo Ciccozzi, epidemiologo molecolare dell’Università Campus Bio-Medico di Roma e promotore del progetto – Basti pensare all’utilizzo che si potrà fare di questi cani in grandi eventi, concerti e partite di calcio evitando dispendiosi test di screening e soprattutto sui tempi di rilevazione. Tutto questo, unito alla sperimentazione delle tecnologie di sensoristica sviluppate presso la facoltà di Ingegneria, rappresenterà una grande risorsa per il futuro verso il ritorno alla normalità”.

Se infatti il progetto avrà successo, sarà possibile utilizzare i cani addestrati in contesti urbani per attività di screening anti Covid-19 all’interno di grandi eventi, all’ingresso di cinema, stadi e ai varchi di imbarco degli aeroporti, con l’obiettivo di far ripartire la vita associata anche in quegli ambiti dove si incontra una moltitudine di persone. L’impiego dei cani comporterà diversi vantaggi: la velocizzazione delle operazioni di accesso ai luoghi di aggregazione, l’abbassamento delle spese derivanti dall’utilizzo dei tamponi e una migliore organizzazione ed efficacia dei controlli.

Un cane addestrato può impiegare circa 10 secondi per riconoscere un caso di positività, un tampone rapido richiede 20-30 minuti per fornire un risultato e almeno 24 ore il tampone molecolare. Quanto ai costi, un tampone molecolare varia dai 60 ai 150 euro, uno rapido da 20 a 60 euro circa, mentre un cane addestrato ha un costo che si abbatte progressivamente all’aumentare dei soggetti esaminati. Ogni cane può lavorare con turnazioni di 1-2 ore al giorno. Nel progetto saranno impiegati fino a 6 cani. Ad oggi non risulta che i cani possano essere coinvolti nella trasmissione o diffusione del virus Sars-Cov-2.

I cani per rilevamento – protagonisti della sperimentazione – sono oggi impiegati in numerosi campi. In ambito sanitario per esempio viene effettuato il rilevamento delle infezioni virali o batteriche: il tasso di segnalazioni esatte è compreso tra il 77 e il 92,6%. L’Organizzazione Mondiale della Sanità fissa al 75% la soglia di affidabilità dei test diagnostici per il rilevamento del batterio Clostridium.

Finora in Europa sono stati effettuati due studi di laboratorio per la rilelazione del Covid-19 con cani addestrati: il primo, realizzato della Ecole Nationale Vétérinaire d’Alfort e dell’Université Paris Est ha ottenuto un tasso di rilevazione esatta tra l’83 e il 100% con l’utilizzo di campioni di sudore. Il secondo, delle Università di Hannover e Amburgo e del Central institute of medical service delle Forze armate della Germania, ha ottenuto un tasso medio di rilevazione esatta del 94%, utilizzando campioni di saliva.

Insomma, le premesse sono positive: ora la ‘palla’ (o, meglio, la scatola da annusare) passa ai cani e ai loro addestratori.

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